martedì 9 febbraio 2016

Il grande assente?

Ebbene sì, confesso: sono diffidente, profondamente - anche se forse ingiustificatamente - diffidente nei confronti di questo LIBRO: bianco, giallo o azzurro che sia. Nomi prestigiosi presenziano al convegno indetto per pubblicizzare il progetto, obiettivi da Libro dei sogni vengono snocciolati con convinzione...
Sembra che  "chi conta" si sia accorto di questa sorta di mondo parallelo abitato dai parkinsoniani, delle sue dimensioni, destinate a crescere, delle implicazioni che comporta la sua, anche se ancora silenziosa, presenza nella società. La malattia di Parkinson colpisce non solo il malato, infetta e attacca anche la sua famiglia e la società nel suo complesso. Grandi problemi se uniti a grandi numeri sono una bella iattura. Ma anche una grande opportunità. Di cosa? Di guadagno che, in questi tempi grami in cui il denaro risulta essere il re incontrastato del pollaio (leggi mercato), non mi rassicura per nulla. 
Il primo obiettivo che ci si propone è la conoscenza: della malattia, del malato, dell'impatto sulla famiglia che lo cura e sulla società di cui è membro. Per conoscere è necessario non solo guardare, ma anche vedere, fare domande.Tante e a tanti. Riassumo la mia esperienza: è solo la mia, ma arriva direttamente dal fronte, dalla prima linea... Indipendentemente dal neurologo che mi ha curata ( ne ho cambiati parecchi e diversi sono stati quelli incontrati nei miei ricoveri ospedalieri ) ho fatto - se non di fronte a problematiche impreviste e gravi, pagate di tasca mia -  non più di una visita ogni 6 mesi. Si possono riassumere in 15/20 minuti di colloquio le problematiche legate a una patologia progressiva e degenerativa, complessa, incurabile e variabile come sintomatologia e intensità da soggetto a soggetto? A volte trovo medici diversi ai quali devo "riepilogare" la mia storia personale di malattia, a volte sono stanchi - e posso capirli  -, ma non giustificare la loro scarsa disponibilità, soprattutto umana. 
Quasi mai fanno domande, aggiustano la terapia e concludono con quel formale: "Se ha problemi, mi telefoni... " che già so non avrà seguito perché rintracciarli è possibile solo ricorrendo a "Chi l'ha visto". Per quanto riguarda la fisioterapia te la devi pagare ed è costosa  e se non hai un familiare che ti possa accompagnare paghi qualcuno o ci rinunci. Quando le patologie da cui  sei affetta aumentano e si intrecciano vieni scaricata da Ponzio a Pilato, da un medico all'altro, non esiste lavoro d'équipe... Non parlo della malinconia - inevitabile come i momenti di tristezza, almeno in chi ancora ragiona - subito etichettata come depressione e deputata alle cure dello psicologo e agli psicofarmaci (dannosi per il Parkinson), invece che a qualche parola di conforto e incoraggiamento.
Per concludere: quando vedremo riservare al malato lo scranno più alto e la dovuta attenzione? Non vorrei che il malato fosse il "grande assente"...