martedì 23 febbraio 2016

Che splendido funerale laico quello di Umberto Eco! Tralasciando gli interventi ufficiali, prevedibilmente scontati, mi ha colpito quella sottile aria di festa, quell'arrivederci, non un addio, ad amici e familiari ... 
Sommerso sotto manciate di margherite, con il giusto sottofondo musicale, si sarà "vissuto" - ne sono sicura - questo ultimo incontro, tutto giocato sul filo sottile dell'ironia intelligente e della cultura,lasciando intravedere quella dimensione di sé privata, accuratamente celata in vita al grande pubblico. Mai come in questa occasione l'ironia mi è sembrata scelta di pudore di fronte al dolore che si vuole contenere, filtrare, rifiutandosi di darlo e darsi in pasto all'occhio invadente delle telecamere.
Ha strizzato l'occhio a tutti, Umberto Eco, e per l'ultima volta, accomiatandosi da noi con quella frase (messa in bocca a Moni Ovadia) su un Dio che mal sopporta i credenti e strizza l'occhio, a sua volta, ai non credenti... 
Mi mancherai, ci mancherai ...

domenica 14 febbraio 2016

Se la smettessero di crocifiggerci con quegli sguardi prima curiosi, poi malevoli, infine impazienti...
Se la smettessimo di dare tanto peso a quegli sguardi ...

venerdì 12 febbraio 2016

La Vita è diversità


Ieri è stata una bella giornata... be', diciamo una giornata delle solite con alcuni momenti molto belli. Su Fb ho scoperto quell'uomo incredibile  - di cui nulla sapevo - dalla cui bocca digrignata, ma non rassegnata al silenzio, sono scaturite parole bellissime sulll'umanità, sulla musica, sulla solidarietà e la bellezza del vivere...
Ho visto la gente, quella "normale" alzarsi in piedi e applaudirlo. Ho osservato, stupita e ammirata ma soprattutto commossa, quella lotta all'ultimo sangue con la malattia, restando basita di fronte a quelle mani che volavano come farfalle sui tasti del pianoforte... Poi ho letto la testimonianza di Giulio, malato di Parkinson, e di nuovo commozione e ammirazione mi hanno stretto la gola
Anche se il mondo che mi circonda si ostina  a ricercare una ripetitiva e rassicurante uniformità , la Vita lo sconfigge, sparigliando le carte e rimettendo tutto in gioco: niente e nessuno possono impedire a un bucaneve di sbocciare nel ghiaccio, a un bambino di nascere su un barcone da una madre illividita dalla paura e dal terrore, all'arte e alla bellezza, se non di salvare il mondo, perlomeno di regalarci momenti di profonda serenità...

martedì 9 febbraio 2016

Il grande assente?

Ebbene sì, confesso: sono diffidente, profondamente - anche se forse ingiustificatamente - diffidente nei confronti di questo LIBRO: bianco, giallo o azzurro che sia. Nomi prestigiosi presenziano al convegno indetto per pubblicizzare il progetto, obiettivi da Libro dei sogni vengono snocciolati con convinzione...
Sembra che  "chi conta" si sia accorto di questa sorta di mondo parallelo abitato dai parkinsoniani, delle sue dimensioni, destinate a crescere, delle implicazioni che comporta la sua, anche se ancora silenziosa, presenza nella società. La malattia di Parkinson colpisce non solo il malato, infetta e attacca anche la sua famiglia e la società nel suo complesso. Grandi problemi se uniti a grandi numeri sono una bella iattura. Ma anche una grande opportunità. Di cosa? Di guadagno che, in questi tempi grami in cui il denaro risulta essere il re incontrastato del pollaio (leggi mercato), non mi rassicura per nulla. 
Il primo obiettivo che ci si propone è la conoscenza: della malattia, del malato, dell'impatto sulla famiglia che lo cura e sulla società di cui è membro. Per conoscere è necessario non solo guardare, ma anche vedere, fare domande.Tante e a tanti. Riassumo la mia esperienza: è solo la mia, ma arriva direttamente dal fronte, dalla prima linea... Indipendentemente dal neurologo che mi ha curata ( ne ho cambiati parecchi e diversi sono stati quelli incontrati nei miei ricoveri ospedalieri ) ho fatto - se non di fronte a problematiche impreviste e gravi, pagate di tasca mia -  non più di una visita ogni 6 mesi. Si possono riassumere in 15/20 minuti di colloquio le problematiche legate a una patologia progressiva e degenerativa, complessa, incurabile e variabile come sintomatologia e intensità da soggetto a soggetto? A volte trovo medici diversi ai quali devo "riepilogare" la mia storia personale di malattia, a volte sono stanchi - e posso capirli  -, ma non giustificare la loro scarsa disponibilità, soprattutto umana. 
Quasi mai fanno domande, aggiustano la terapia e concludono con quel formale: "Se ha problemi, mi telefoni... " che già so non avrà seguito perché rintracciarli è possibile solo ricorrendo a "Chi l'ha visto". Per quanto riguarda la fisioterapia te la devi pagare ed è costosa  e se non hai un familiare che ti possa accompagnare paghi qualcuno o ci rinunci. Quando le patologie da cui  sei affetta aumentano e si intrecciano vieni scaricata da Ponzio a Pilato, da un medico all'altro, non esiste lavoro d'équipe... Non parlo della malinconia - inevitabile come i momenti di tristezza, almeno in chi ancora ragiona - subito etichettata come depressione e deputata alle cure dello psicologo e agli psicofarmaci (dannosi per il Parkinson), invece che a qualche parola di conforto e incoraggiamento.
Per concludere: quando vedremo riservare al malato lo scranno più alto e la dovuta attenzione? Non vorrei che il malato fosse il "grande assente"...

domenica 7 febbraio 2016

TANTI CARI AUGURI, JACOPO ...

martedì 2 febbraio 2016

Sono tranquilla... come dice Brecht

Sono sempre più educata, dottoressa. ci sguazzo nell'educazione. Ci tengo ad apparire tranquilla, si signora gli indigeni sono calmi signora, non si sentono quasi più. La rivolta è sedata, signora, la folla è placata: non strepita, non urla, non alza il pugno, né la voce, al massimo applaude Zalone e ride.lasciandosi deridere.
Dottoressa, non rispondi alle mie domande, insisti puntigliosa a rettificarle, a renderle adeguate a te, al tuo sapere, ma io voglio risposte e tu non ne hai, mentre ci guardiamo con "odio cortese" (è di Brecht, letto questa mattina, non mio).  Uno sguardo vale più di mille parole - così dicono. Cosa voglio? Che tu mi dica la verità, tutto qui, che tu mi dica che non potete, tu e i tuoi colleghi, fare altro, per me. Sarebbero apprezzati anche una pacca sulla spalla e un sorriso, ma di quelli veri che increspano gli occhi come capita a chi piange. Con pochi sguardi ci siamo dette tutto. Tutto? Migliaia di parole sono volate tra noi., a oscurare questo cielo pallido di gennaio. Se il silenzio non le avesse private della loro forza ci avrebbero uccise. Sei stanca anche tu - ti vedo sai. Ti ho conosciuta all'ospedale, dove ti stavi specializzando in neurologia. Sapevi poco, di Parkinson pochissimo, ma eri allegra; le tette che debordavano dal camice e rendevano ghiotti gli occhi dei tuoi colleghi... Gli uomini, si sa, quando si tratta di sesso, perdono il loro "aplomb". Sei giovane, per questo non lo sai. Sei giovane, dottoressa, teneramente giovane: tu guardi e vedi, quando vedi, ciò che io ho già guardato e visto. Déjà vu, lo chiamano i francesi. 
Su queste basi potremmo farci una chiacchierata, ma tu non ci stai e, forse, non ci starei nemmeno io. La verità, a differenza delle bugie, non rassicura. Ci vogliono spalle forti per reggerla e le mie non lo sono più.
Quindi scrivi puntigliosa la nuova terapia:: togli un farmaco, aumenti un'altro - se cambia l'ordine dei fattori il prodotto non varia - e poi mi dai la mano. 
Una stretta virile, quasi maschile.
Ti lascio fingere di credere che la parità (con i maschi) sia questa e ti consento di fingere di credere tante altre cose... in nome della tranquillità.

DOLORE

Avido
il dolore
morde
il mio corpo

Ghigno
con le ultime forze
risate
sprezzanti

lunedì 1 febbraio 2016

Paura e curiosità nel Parkinson

Ho scritto, e detto, tante volte che il Parkinson cambia il carattere, quindi fino qua nulla di nuovo, ma non avevo forse analizzato il problema più a fondo. Sono sempre stata coraggiosa, forse addirittura un po' temeraria. Mia madre mi diceva: "Tra il dire e il fare non hai mai messo di mezzo il mare, tutt'al più un rigagnolo...". Ero impulsiva, decisionista, sempre pronta  a vivere un'esperienza nuova,  a esaminare un problema da un'altro punto di vista, a modificare un atteggiamento. I cambiamenti mi spaventavano-  come succede a tutti - , ma contemporaneamente mi eccitavano perché la curiosità era più forte della paura.
E ora, ora cosa mi succede?
Ho una voglia matta di tornare a Venezia, di vedere quella città ancora una volta, ma poi mi si concretizzano davanti agli occhi quelle stradine strette, quei bar senza seggiole, la mancanza di panchine, la folla che ti sospinge in avanti come una foglia nel vento e i crampi alle gambe , l'instabilità, l'assoluta mancanza di forze ... La prudenza la vince sull'entusiasmo, spegnendolo come una pioggia d'agosto il calore estivo. Mi si parano davanti agli occhi tutte le difficoltà dell'andare e, volete ridere, più l'invalidità segna il corpo, più la mente - unica oasi di libertà che mi rimane - accarezza progetti grandi, anzi grandiosi.
E' giustificata questa paura o è frutto di una percezione errata della realtà? Ho qualche problema di equilibrio: in casa mi è capitato di cadere, ma mai per la strada, Poi, se dovessi cadere sarei soccorsa dai passanti. L'idea di ruzzolare a terra, di sopportare sguardi curiosi e... malevoli mi blocca. Raccolgo spesso, e filtro, sguardi che mi umiliano, che mi etichettano senza pietà e senza ironia, confinandomi a forza in un universo di diversi. Ho scoperto che i diversi non piacciono e io sono "diversamente sana". Ora i pensieri sono diventati velocissimi, ma nel momento in cui li traduco in parole si sfaldano come neve al sole, perdono pezzi facendo apparire il mio eloquio  povero, impacciato. Sulla voce stendiamo un pietoso silenzio: monotona, priva di enfasi... Una litania da rosario recitato in chiesa nel mese di maggio. Poi, a condire il tutto, un'emotività dilagante, devastante: mani sudaticce, saliva azzerata, rossore che monta e tremazzo che mi scuote, come se fossi davanti a un collegio di emeriti esaminatori. anche quando mi confronto con la cassiera del supermercato. L'ironia che si perde nel cielo e la paura  - di tutto, anche della mia ombra - che monta come un temporale estivo. Ingiustificata assolutamente ingiustificata. Questo è un altro devastante effetto della malattia di Parkinson ...