lunedì 25 gennaio 2016

MORTE STELLE




Sazi d'amore
Restavamo

dopo

a guardare
quel cielo
zeppo di stelle

Qualcuna già morta
come noi

ancora splendeva
come noi

martedì 19 gennaio 2016

La neve danza.


Si era alzata presto e aveva, per prima cosa, sbirciato oltre il vetro della finestra. Il bianco assoluto del paesaggio, coperto dalla neve, le aveva rimandato una sensazione di estraneità. Non una macchina aveva osato avventurarsi sulla strada e anche sul marciapiede non doveva essere passato ancora nessuno. I fiocchi continuavano, incessanti, a scendere, in uno sfarfallio lieve.
Odiava la neve: la faceva sentire in trappola, segregata tra le quattro pareti del suo appartamento. Roteando le braccia a mulinello per riscaldarsi, andò in cucina, accese il riscaldamento e mise sul fuoco la moka. Qualcuno si muoveva nell'appartamento sopra al suo, ma la neve ottundeva i rumori, impadronendosi non soltanto delle cose che riserrava nel proprio abbraccio gelato, ma anche dei rumori. Comandava, spadroneggiava e, se fosse scesa la temperatura, avrebbe cristallizzato il paesaggio in un'istantanea di gelo. Allora sì, sarebbe stato un bel problema.
Il caffè borbottò, schiumando. Il calore dalla tazza si propagò allo stomaco, ma la sensazione di ottundimento mattutino permaneva. Ebbe la sensazione di essere osservata. Con la coda dell'occhio avvertì un movimento, quasi un guizzo, oltre il vetro della finestra.
Si voltò; sui vetri scivolava solo la neve, placida.
Si avvicinò alla finestra che il cortile del palazzo separava dalla strada. Piccole orme scure indicavano un passaggio: qualcuno aveva attraversato il cortile, giungendo fino sotto alla sua finestra, ma chi? Le orme erano minuscole, anche se sagomate in modo da non lasciare dubbi. Sembravano orme di bambino. Di nuovo ebbe la sensazione che qualcuno la guardasse e, per la seconda volta, il cortile sembrò animarsi, quasi un mormorio salisse dai tronchi, propagandosi alle siepi e ai roseti genuflessi sotto il peso della neve.
Aprì la finestra e si sporse, sospettosa. Tutto taceva, mentre la neve che continuava, incessante, a cadere già ricopriva le piccolissime impronte.
Tintinnò, o fu soltanto una sua impressione?, un suono di campanelli.
" Manca soltanto che mi suonino Jngle bells..." pensò, richiudendo la finestra, mentre lo sguardo le cadeva sul davanzale dove un pettirosso intirizzito la fissava, apparentemente senza temerla. Immobile. Quando lo raccolse si rese conto che il gelo l'aveva ucciso. Era bellissimo, perfetto nella sua immobilità. Il vetro le rimandò la sua immagine: biondi capelli di grano incorniciavano il volto piccolo, dagli zigomi pronunciati. Negli occhi, chiarissimi, il gelo dell'inverno.
Rimase immobile, impietrita.
Si infilò il pettirosso sotto il maglione, vicino al cuore, e rimase in attesa.
Il frullo d'ali fu più lieve di un sospiro, ma lo gnomo lo percepì.
Lei sobbalzò e i campanelli tintinnarono festosi nella sua testa. Guardò fuori dalla finestra e sentì sussurrare la neve, perché, voi bambini ben lo sapete, la neve sussurra. E canta. Canta.
E, sempre - è inutile che ve lo ripeta - scendendo, danza.
Sussurra, canta e danza per la felicità dei bambini e di chi conserva, nell'anima, una traccia d'infanzia.

lunedì 18 gennaio 2016

Checco Zalone

Ieri sera ho visto Sole a catinelle. Come l'ho trovato? Divertente, direi. Tratta temi importanti, a partire dal rapporto padre/figlio, fino a toccare - meglio sarebbe dire sfiorare - la crisi, la grande Crisi: politica, morale, economica e sociale che sta triturando il Paese. Al centro della crisi l'uomo, l'italiano medio che, come tutto ciò che è medio, è un po' mediocre, ma, facendo tesoro di tutte le italiche virtù e soprattutto di ogni italico vizio,... sta a galla. Se si  accetta di farsi prendere in giro, se si accetta che di noi si rida e non si derida, il divertimento è assicurato. Anche se, alla fine, a furia d ridere il sorriso si trasforma in ghigno e il cervello si mette in moto. Forse non per tutti, ma per qualcuno senza dubbio e qualche domanda si fa o dovrebbe farsi strada. 
E' una comicità nuova, un po' surreale, aggraziata ma dolorosa come la zampata d un gatto. Copia un po' da tutti - Sordi in testa - ma imprime la sua impronta Luca Medici, il mastro Geppetto di Checco Zalone, imponendo allo spettatore la sua visuale, e meritandosi, a mio modesto avviso, uno spazio nella galleria degli artisti, perché riuscire a proporre qualcosa di nuovo, che non sia dejà vu a livello di spettacolo, non solo non è facile, ma è difficilissimo. Mi ha colpito il suo sguardo sull'infanzia: quel figlio che gli fa da padre e che sembra essere passato indenne  - già adulto prima di diventarlo anagraficamente - attraverso quella stagione magica che è il tempo dell'infanzia senza esserne stato nemmeno sfiorato e che quell'infanzia la scopre nel padre, lui sì bambino... Insomma i confini tra generazioni appaiono dove non dovrebbero, scompaiono dove dovrebbero segnare un territorio... Il caos la fa da padrone, le certezze sono morte, si svendono valori e non si vendono aspirapolveri, ma se si ha la fortuna o la sfortuna di essere italiani medi, e quindi furbi, si sta a galla. Goffamente, ma si sta a galla.

martedì 12 gennaio 2016

Colpe dei padri?

Eh no, non esageriamo. Noi, i vecchi, avremmo vissuto sopra  le nostre possibilità, danneggiando voi, i giovani. Così, non paghi di fomentare guerre tra coloro che sono comunque, per un qualsiasi motivo, "diversi", apriamo un nuovo fronte per dichiarare una guerra generazionale? 
Motivo del contendere, il debito pubblico, frutto soprattutto del Walfare State (lo Stato assistenziale). Il deficit è il saldo di segno negativo tra le  entrate e le uscite dello Stato riferite a un periodo di un anno. Il debito pubblico è dato dalla somma dei deficit annuali. Esaminando, poi, la composizione del debito, scopriamo che sono gli interessi, che paghiamo sul debito, a renderlo da un sasso una montagna. Quindi il tasso d'interesse (leggi prezzo del denaro) è  importante quanto il costo dell'energia o il tasso di cambio o il costo del lavoro. E' stata una decisione politica che ha dato il via all'incremento del debito. All'inizio degli anni '80, Ciampi e Andreatta hanno sancito per legge il "divorzio Banca d'Italia/Tesoro", cioè la decisione da parte della Banca centrale di non sottoscrivere più, automaticamente, la parte di titoli emessi in sede d' asta e non sottoscritti dal mercato. Da quel momento per solleticare il mercato ad acquistare i titoli è stato necessario aumentare i rendimenti; alzando quindi i tassi d'interesse e facendo prendere il volo al debito...
Questo per quanto riguarda l'aspetto tecnico. Quello che dovremmo chiederci è non solo il motivo dell'accordo Ciampi/ Andreatta, ma anche a chi andò il vantaggio economico rappresentato da quell'aumento di tassi, chi si volle colpire, quali interessi, quale gruppo di potere tutelare... E qui si entra nel campo delle ipotesi, più o meno fantasiose che richiedono però un'analisi più approfondita.  
Ma ciò che non sottoscrivo è la colpevolizzazione di una generazione, la mia, a danno della vostra, i trenta/quarantenni di oggi, soprattutto.
Vogliono soltanto dividerci per renderci più fragili...
(continua...)