lunedì 21 settembre 2015

Quindici anni... Il tempo è volato. Tanti auguri, Martina...

sabato 12 settembre 2015

"In fuga... "

Quando li vedo marciare, carichi di borse, fagotti, i figli appesi al collo, "in fuga".. qualcosa mi si smuove dentro e, lenti ma inesorabili, riemergono i racconti sentiti nell'infanzia. La diversità era evidente, pur in quella Trieste che faceva parte dell'Impero e che sembrava disponibile ad accogliere chiunque avesse voglia di lavorare. C'erano i greci di religione ortodossa, neri di occhi e capelli, sempre sorridenti e pronti ad andar per mare, gli ebrei, gli italiani , gli slavi e gli austriaci. Si distinguevano prima che aprissero bocca, bastava un'occhiata. Gli ebrei erano i padroni del ghetto, "i strazzarioi", quelli che raccoglievano gli stracci, ma erano anche coloro che sedevano nei consigli di amministrazione delle grandi banche, delle assicurazioni e delle compagnie di navigazione. Sefarditi i primi, ashkenaziti i secondi. Gli slavi erano soprattutto sloveni: alti, biondi, grossi, occhi azzurri. Facevano i lavori più pesanti e umili. Le donne andavano a servizio nelle famiglie ricche e spesso oltre a occuparsi degli anziani e dei bambini si prendevano cura anche dei "padroni di casa", tanto da godere di una fama non meritata di femmine tentatrici. Ma c'erano anche i montenegrini, i croati, i macedoni e tutte le infinite etnie che compongono il puzzle bosniaco, con le loro lingue, religioni e usanze diverse. E gli austriaci? Beh gli austriaci erano i burocrati mandati da Vienna, con mobili Biedermeier, porcellane di Baviera e cristalleria di Boemia, a tenere sotto controllo una città in forte subbuglio,  agitata da un nazionalismo di cui si facevano portatori gli italiani. Sì, ma non tutti. In effetti -  mi  raccontava lo zio - erano gli italiani del popolino e la parte più intellettuale della borghesia ad avercela con Vienna, tanto che uno di loro, per spregio, aveva discusso la tesi a Vienna in latino, pur di non parlare il tedesco. La Trieste che contava, la Trieste ricca, mandava i figli nelle scuole tedesche, li laureava a Vienna, e plaudiva a Franz Josef, di cui imitava lo stile, la misura e l'ordine, decisamente teutonici, ma badava soprattutto a diventare ricca e a godersi la vita in quella città bella di una bellezza inconsapevole e quasi oltraggiosa. Quando i burocrati austriaci passeggiavano sui moli o sedevano nei caffè, stile viennese, gli occhialini sul naso, un'innata alterigia, la gente li salutava con deferenza e invidia. Sembravano i milanesi di oggi, ma zia Maria diceva sempre: "Sotto l'Austria xe magnava cinque volte al giorno... ", quando nella cucina profumata di basilico e rosmarino, m'imboccava tentando di infrangere il mio ostinato rifiuto del cibo con dolci slavi e racconti , mentre fuori la bora soffiava e il mare si faceva cupo... La famiglia della nonna Ina, nonna  da parte materna, non aveva abbandonato un'isola di pescatori per raggiungere Trieste, "in fuga" dalla fame e dalla miseria, come la famiglia paterna, ma era stata parte di un altro doloroso esodo: quello degli istriani dall'Istria. Io non sono mai stata nell'isola di Lesina, né all'interno dell'Istria, ma conosco tutto di quei luoghi: quei cieli di un azzurro diverso, quei paesi con la chiesa da una parte della piazza principale e con l'osteria dall'altra, quelle pinete, quel mare mi sono stati raccontati. 
Ammantati di rimpianto e di dolore....

giovedì 10 settembre 2015

Parole, parolacce e realismo politico

E la Cancelliera di ferro si ammorbidisce, si scioglie... Sono ingenua, ma non tanto da non sentire puzza di bruciato. La Germania sceglie gli immigrati ai quali offrire ospitalità: tutti rigorosamente siriani  utilizzabili - anche se non nell'immediato, ma il più rapidamente possibile, ha precisato Yunker da Bruxelles. -  per fornire carburante, leggi manodopera qualificata a basso costo, alla locomotiva tedesca. 
Prendere atto che nessuno potrebbe contenere o fermare questa migrazione biblica, trasformando un problema, a prima vista irrisolvibile, in una opportunità per il suo Paese e poi, non paga, organizzare, con l'efficienza tedesca l'accoglienza in vista di una rapida assimilazione, il tutto con tanto di sorrisi ed esposizione di buoni sentimenti per rifarsi della figuraccia fatta nella trattativa con la Grecia, mi sembra una risposta fattiva, e non solo verbale. Mi sembra che la Germania e la sua Cancelliera abbiano dato prova di un sano realismo politico.
L'Italia, eccellente  nel soccorso in mare, ammirevole per il silenzio del Sud che non ha dato spazio al rifiuto, alla protesta, ai timori (anche giustificabili), espressi soprattutto nella parte settentrionale del Paese, non avrebbe potuto fare una scelta simile, battendo sul tempo la Germania? Il nostro Paese è in prima linea da anni sul fronte dell'immigrazione, ma non ha la classe politica che ha la Germania, non ha la sua ricchezza, non ha la sua potente struttura organizzativa; ha in compenso la mafia, la corruzione, la mano sempre pronta a rubare. E così il sacrificio di molti si annacqua e non risalta a causa dell'avidità truffaldina di troppi. Per l'ennesima volta. 
Salvini - per fare l'esempio più clamoroso - non tema e non tremi di fronte all'invasione dei "barbari"... Gli equipaggi silenziosi e coraggiosi delle nostre motovedette li aiutano a sopravvivere (non sempre, purtroppo), ma per vivere scelgono altri paesi. La crociata contro i musulmani che rubano il lavoro agli Italiani denuncia non solo un'anima sterile, ma soprattutto la pochezza politica, lo sguardo corto, la strategia a lungo termine carente sostituita, a stento, da un tatticismo fatto di parole, non di fatti. Anzi di parolacce...

lunedì 7 settembre 2015

La lunga marcia

Guardando le immagini della "marcia", con tanti bambini di tutte le età, tante donne, i vecchi, qualche invalido, una marea di ragazzi, mi sono chiesta quale fosse la molla capace di spingere quelle persone ad andare avanti, a non fermarsi, a continuare a marciare... Penso siano i figli, quei figli che, nonostante il loro mondo martoriato, continuano a fare, e che noi occidentali non facciamo più. Quei figli che una volta messi al mondo devono essere salvati. Costi quel che costi.

sabato 5 settembre 2015

L'immigrazione si tinge di rosa


Partoriscono, gridano distese sui binari, piangono silenziose e assorte come madonne, i figli addormentati  o urlanti fra le braccia, occhieggiano,  inconsapevolmente seduttive, spesso bellissime, sbarcando dalle motovedette in uno svolazzare di veli colorati. Sono le migranti: in fuga accanto ai loro uomini, esposte agli stessi rischi, anzi a un rischio in più.Molte di loro sono state stuprate, qualcuna è incinta. Si frappongono fra i soldati armati e i padri, i fratelli, i mariti quando l'esasperazione si tramuta in violenza. Difese dalla loro stessa vulnerabilità, da quei bambini che tengono tra le braccia, riportano gli uomini al controllo, all'uso delle parole e non dei pugni, dei fucili spianati e del terrore.
Dimostrano con i fatti che la vulnerabilità, o meglio, il rispetto che dovrebbe incutere possono valere più della forza...

venerdì 4 settembre 2015

I Valori fondanti dell' Europa?

Non li fanno salire sugli aerei, bloccano in piena campagna i treni sui quali si sono ammassati? E loro, i migranti, usano il mezzo più antico per spostarsi e deambulare: le gambe. Zaino (e bambini, almeno i più piccoli) in spalla e via... A piedi dall'Ungheria all'Austria. Non li fermerà nessuno. Dovrebbero ucciderli, ma le donne sanno che quei ragazzoni squadrati in assetto anti guerriglia non oserebbero mai sparare su donne e bambini... Li vedono agitare, interdetti, lo sfollagente con una mano, mentre con l'altra allungano una bottiglia d'acqua...
Qualcuno nasce, su una motovedetta sballottata dalle onde o in un stazione, troppi muoiono, inghiottiti da quelle stesse onde: è la vita che va avanti, mentre i Valori fondanti  dell'Europa unita, sbandierati a parole ma dimenticati nei fatti, riemergono... 
Questi popoli in fuga ci obbligano a una scelta di campo.
"No xe un mal che no sia un ben", diceva mia nonna. Noi li aiuteremo a salvarsi dall'inferno della guerra, loro ci daranno una mano a riscoprire realmente quanto  il benessere prima, e la crisi successivamente, siano riusciti a modificare (noi europei) nel profondo. La guerra non conosce confini e questa fiumana inarrestabile la porta nel profondo delle nostre coscienze... Bisognerà schierarsi, eh già non si potrà più girarsi dall'altra parte, bisognerà guardarsi dentro e scoprire di che pasta siamo fatti... Tutti quanti.