Chiamerò il mio medico di base «dottor Emme» poiché io mi rivolgo a lui chiamandolo dottore.
Lui mi chiama Laura.
Quando ho un problema di salute (e ne
ho tanti) è la prima persona alla quale mi
rivolgo. Lui minimizza, non mi visita. Mai. Mi prescrive un farmaco per
eliminare la sintomatologia dolorosa e mi congeda con un "Fammi sapere". L'ultimo problema è costituito da un persistente, invalidante
dolore alla schiena. E iniziato sei mesi fa... Ho utilizzato cerotti,
ultrasuoni, ginnastica, massaggi,
iniezioni... Nulla, il dolore è sempre lo stesso. Non cammino quasi più perché,
tra le varie patologie che mi assediano, c'è anche il Parkinson. Torno dal dottor Emme e gli faccio sapere…
Suggerisco una visita specialistica dalla fisiatra che mi
segue da anni. I tempi d'attesa sono lunghi. Troppo lunghi, mesi. Pago la visita e ottengo un
appuntamento per la settimana successiva.
La dottoressa «Bi» è simpaticissima; mi chiama Laura anche lei
e mi dà del Tu, ma l'abbraccio in cui mi avvolge appena mi vede, le risate che
facciamo, la confidenza con la quale tratta il mio corpicino malridotto, sono
giustificati dalla nostra lunga conoscenza e dalla condivisione di una storia
difficile. (Fu lei a nutrire i primi sospetti che i miei disturbi non fossero «paturnie da menopausa», ma qualcosa di ben
più grave…)
Mi palpa, mi tasta, tende le mie gambe irrigidite… Rilegge,
pensosa, la documentazione che le ho portato (Moc e via discorrendo), poi
redige la lettera per il dottor Emme. Mi fa pure un'iniezione per il dolore e mi
suggerisce un farmaco contro gli spasmi che mi attanagliano da mesi le dita dei
piedi.
Esco dal suo studio con qualche dolore in meno e un abbozzo
di speranza… Chissà che quel farmaco, miracoloso per gli asini, non faccia
riprendere la marcia anche alla sottoscritta? Ma se così fosse, perché nessuno
me l'ha mai suggerito?
Il giorno dopo vado dal dottor Emme. E' di cattivo umore…
Sarà l'ernia jatale da cui è affetto?
Ne soffro anch'io, so che è molto noiosa, tanto da averlo
indotto a scrivere un avviso sulla bacheca
che spicca nella sala d'attesa in cui comunica ai pazienti che anche i
dottori possono essere nervosi… a causa delle loro patologie. L'invito è alla
pazienza. Di conseguenza io cerco di essere paziente e… comprensiva.
Sbuffa.
«Non ho capito cosa
ha scritto… qui» e gli porgo la lettera della collega.
Compita parole senza senso.
Mi restituisce la lettera e digita sul pc la ricetta per le
iniezioni.
«Perché non stampa?»
borbotta.
Preme a caso qualche tasto, mugugna infastidito, quindi
ottenuta la ricetta mi consegna il malloppo e m'indica la porta.
«E la radiografia?» chiedo.
Mi guarda, seccato.
«Vuoi proprio farla?»
E, senza darmi il tempo di rispondere, aggiunge: «Hai
l'osteoporosi, non è curabile! Devi tenertela e… »
«E… ? »
«A proposito, come stai?»
«Male!»
«Cosa ti ho appena detto?» dichiara soddisfatto.
Insisto. Voglio fare la radiografia.
«Almeno s'individuerà con certezza la causa» ribadisco.
«La causa, la causa… Le tue patologie non sono curabili, lo
vuoi capire?».
«Progressivs, degenerativa… Anche questa?» borbotto.
«Sì!» decreta. E sbuffa.
Lui!