martedì 11 febbraio 2014


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Orazione di un disoccupato
Padre,
scendi laggiù dai cieli, ho scordato
le preghiere che m’insegnò la nonna,
poverina, ora riposa
non deve più lavare, pulire, non deve
preoccuparsi di andare a prendere i vestiti
non deve più vegliare la notte intera, pena su pena
pregare, chiederti ogni cosa, riprenderti dolcemente.

Scendi da quei cieli, se ci sei, scendi ora
che muoio di fame in questo canto
che non so a cosa mi serve essere nato
che mi guardo le mani ripudiate
che non c’è più lavoro, che non c’è
abbassati appena un po’, guarda
quello che sono diventato, questa scarpa rotta
questa angoscia, questo stomaco vuoto
questa città senza pane per i miei denti
che mi scava la carne
questo dormire così,
sotto la pioggia, battuto dal freddo, perseguitato
ti dico che non capisco, padre, scendi
toccami l’anima, guardami
nel cuore!
io non ho rubato, non ho ucciso, sono stato bambino
e mi bastonano, invece, mi bastonano e mi bastonano
ti dico che non capisco, padre, scendi
se ci sei, che cerco
rassegnazione in me e non la trovo e comincio
a prendere in mano la mia rabbia
ad arrotarla
per colpire anch’io e prendo
anch’io ad urlare
col sangue in collo.        

(Juan Gelman)