lunedì 31 marzo 2014

L'inquilino dentro

Finito! In una notte d'insonnia L'inquilino dentro di Francesco D'Antuono e Giovanni Piazza mi traghetta dal buio della sera al chiarore dell'alba, tra lacrime, risate e riflessioni.
Premetto che cominciai a stare male a partire dal primo anno del pensionamento: male, decisamente male, non più solo quella sintomatologia vaga e intermittente che aveva autorizzato i medici a parlare di "paturnie" da menopausa e depressione da "nido vuoto". Poi, faticosamente, quasi come per tutti, arrivò la diagnosi: malattia di Parkinson, il signor P del libro di D'Antuono. Smarrimento, dolore, rabbia. Come Francesco, controllai il primo, negai la rabbia per educazione, ammantai d'ironia il dolore, ma non soltanto per pudore, anche per salvarmi dal pietismo: intollerabile come, nelle notti estive, i morsi della zanzara Tigre sulla pelle sudata.
Ogni pagina del libro mi è stata di conforto e confronto.
Tu, Francesco, quell'inquilino scomodo lo nascondesti; io lo sbandierai ai quattro venti. Poi mi rintanai a pormi domande che diventarono ossessive.   
Perché? Perché proprio a me? E perché no? rispose la mia parte raziocinante nel primo inverno passato a "far finta di essere sana". Anche tu hai cercato a lungo e con ostinazione un senso, il "senso" di ciò che ti stava accadendo.
La malattia, quando è grave, impone un cambiamento. Si deve cambiare qualcosa. O tutto? Non è facile: è difficilissimo… Ti  leggo avidamente.
"La malattia non toglie anni alla vita, ma toglie vita agli anni"? Bene, anzi male, ma all'accettazione della realtà non segue soltanto lo sgomento: tu ti rizzi in piedi, esci dai tuoi abituali percorsi prendendo atto con sincerità dei sentimenti che stai vivendo. Riversi su fogli bianchi come colombe le tue parole, prima confuse, poi ordinate, studiate… La scrittura è la sorpresa che la vita ti riserva. Non è solo talento, assume anche una valenza terapeutica, "allarga i binari entro i quali scorre la vita, la tua vita". Sei pronto a seppellire il signor P sotto una risata.
Cosa m'insegni, Francesco? Cosa mi racconti?
Chi ha detto che è la vittima a legittimare il persecutore, a consentirgli di esistere? Finiamola di temerlo: in fondo potremmo anche considerarlo un'opportunità, una via insolitamente ardua: via crucis, ma anche viaggio, percorso alla scoperta di sé attraverso nuove conoscenze ed esperienze.
In un mondo che si sta omologando verso il basso, la ferocia di una malattia inguaribile sembrerebbe attenuarsi davanti alla compassione, alla complicità, all'amicizia, all'amore, all'arte intesa come scrittura, pittura, musica: talenti che molti parkinsoniani scoprono di possedere. Solo dopo aver conosciuto la malattia?

giovedì 27 marzo 2014

Scrivo, scrivo...

Vediamo se ce la faccio ancora a mettere in scena il vecchio giochino... Dimmi una parola e ti regalerò una storia.; la prima parola che ti viene in mente.
"Mandarino? Hai detto mandarino? Troppo facile? Non credere, non credere... E poi, vado lenta anche con le parole".


Socchiude gli occhi e... sorride.
Incisa con il coltello la buccia del mandarino, la stacca dalla polpa del frutto e versa una goccia d'olio su quella specie di stoppino naturale che s'innalza all'interno. Lo accende. Fumiga. Questo non si accende. Profumo: neanche l'ombra.
Allora lo stoppino prendeva fuoco e brillava di una luce soffusa. E profumava.
Si accendevano, curiosi, anche gli occhi dei bambini.
Quanti mandarini scorticati! Mezze calotte spaccate, qualche stoppino che non voleva saperne di accendersi... Depositati sul davanzale i lumini brillavano nella notte natalizia come fuochi di bivacco in una prateria.
"Le renne li vedranno, mamma?"
"Certo!"
"Ora la zucchero e l'acqua; vengono da lontano le renne, da un paese fatto di ghiaccio. Devono essere rifocillate... "
"E ora tutti a nanna; le renne sono animali timidi e... misteriosi: non amano farsi vedere!"
Come folletti, mettendosi il dito davanti alla bocca per zittirsi l'un l'altro, i bambini s'infilavano sotto le coperte. Lei, in cucina, producevo un certo tramestio, faceva sparire acqua e zucchero, spegneva i lumini, metteva i regali sotto l'albero e gridava: "Bambini venite, venite... "
"Cosa pasticci, mamma, con l'olio, finirai per macchiare la tovaglia". La voce si leva . Stizzita
"Ma cosa cavolo stai facendo?"
"I lumini, i lumini per le renne... " , risponde.
La figlia la guarda.
Sorride, ricorda: un Natale diverso, un mondo diverso, una madre diversa....






domenica 23 marzo 2014

Cammino, cammino...

C'è un silenzio domenicale. Assoluto. Nemmeno il cane che il padrone si trascina dietro insonnolito osa infrangerlo abbaiando. L'aria è umida, una nebbia leggera avvolge le colline sbiadendone i contorni.
Appoggio a terra con circospezione il piede, anche le dita. Non fa male. Infilo una giacca ed esco. Vorrei affrontare la strada, vorrei camminare, ma le gambe sono debolissime e l'equilibrio non c'è. Sbando paurosamente. Due merli mi osservano curiosi. "Che c'è da guardare: non sono ubriaca... " borbotto, invidiando la leggerezza con la quale tolgono il disturbo.
E' la mia prima uscita: venticinque giorni in gabbia!
Mi si struscia sulle gambe il gatto della  vicina, maldestramente mi chino per accarezzarlo e ruzzolo a terra.
Rido perché non mi sono fatta male: ho le violette, le ultime, a un centimetro dal naso. Profumano. Ondeggiando come un salice al vento, mi rimetto in piedi.
Penso: "Je ne sait pas si la vie est belle, mais je l'aime"...

sabato 8 marzo 2014

Un grazie di cuore

Domenica di marzo: la luce s'insinua attraverso le fessure delle tapparelle, curiosa. "Sono sveglia, sono sveglia... " vorrei dirle. Non ho fretta di alzarmi, tanto non potrei uscire. Il piede mi fa male e posso fare solo qualche passo stentato, lento, appoggiandomi al bastone. Il mal di schiena è praticamente scomparso. Un sollievo indescrivibile.
Ozio. Non riesco a scrivere, anche i pensieri scivolano via. 
Ho avuto paura, ma nessuno mi ha prescritto psicofarmaci. L'anestesista mi è stato accanto, ha condiviso la mia paura, ha sorriso. Tanto. Pacca sulla spalla, ironia, allegria, e tanta professionalità. Colori intorno a me: viola, arancio, verde mela e verde sottobosco. Ho pensato ai prati della mia terra d'adozione, al  fruscio dell'erba, alle margherite, alle viole... Il bianco assoluto, quel candore da obitorio, qui è bandito.
La sala operatoria azzurra mi ha accolta come un mare. Ho tremato: di freddo e di paura, ma l'anestesista è riapparso e io mi sono aggrappata al suo sorriso, come un naufrago allo scoglio. Fuori c'era  Elena: la "piccola" non manca mai. Anche lei con il sorriso e gli occhi lustri. Non è bello veder sparire la barella dietro quella porta con sopra scritto "Sala operatoria" e poi, lei e io, siamo un po' piagnone...
Scorrono le immagini sul monitor: il chirurgo spiega a due ragazzi ciò che sta facendo. Fa domande e scherza. Non sento nessun dolore. La paura è passata.
"Finito!" esclama e si toglie il berrettino. Una stretta al braccio, un ultimo sorriso e... via.
Cigolano le rotelle, mi sembra la "Marcia Trionfale" dell'Aida. 
La "piccola" è lì: aspetta, fumando una sigaretta.
Eccola la Sanità che  funziona. Allora esiste!- penso.
Tanta professionalità, competenza, rispetto, calore, allegria, umanità.
"Grazie dottore" , e questa volta non è ironico: è un grazie di cuore.

giovedì 6 marzo 2014

Con un giorno di anticipo...

Le donne, noi donne: la metà del cielo...

Dove siamo arrivate? Sentirò riparlare della "bravura" femminile, del femminicidio, della maternità, della diversità? Il solito bla, bla. L'usuale distanza - incolmabile - tra le storie che mi crescono, e mi sono cresciute, intorno e il "femminismo" di facciata. Fraintese o taciute la fatica del partorire e crescere i figli e il rimpianto delle maternità prorogate, rimandate all'infinito o non volute, strappate, spesso, al ventre come erbacce alla terra.
Vite spremute fino all'osso per altri, spesso senza nemmeno infastidire con il mugugno: sorridendo, sorridendo con quel sorriso che, come la traccia inguaribile di una paralisi, è diventato smorfia sulla nostra faccia. Eh sì, perché i sacrifici, se fatti per amore, non pesano. Ed è pure vero. Ma il fatto che non pesino, non significa che non paralizzino, che non consentano errori. 

Donne e amore, donne e uomini: sessualità e sensualità. Prepotenza e tenerezza: gli opposti che convivono. Sempre. La fragilità, la dolcezza che smorzano la violenza. L'orgoglio, l'autonomia fatti pagare sangue.
C'è qualcosa di nuovo? A parte le (offensive) quote rosa?
Non credo. Se all'orizzonte intravedete qualcosa che a me sia sfuggito, comunicatemelo... e, anche per quest'anno, copiando le parole di un caro amico: "Qualcuna nemmeno si muove, tanto dopodomani è il nove".