domenica 14 luglio 2013

Gregor Samsa, amico fraterno

Vivere con una malattia grave è come convivere con un gemello siamese: legati a doppio filo. Non l'abbiamo deciso noi, una mattina ci siamo svegliati così, come Gregor Samsa. Attaccati a questo nostro doppio mostruoso, sconosciuto, che si è insediato nel corpo, nel cervello e nell'anima a nostra insaputa. Da quello che dicono i medici era lì da un bel po', il bastardo, acquattato nell'ombra dava soltanto qualche segnale della sua presenza, ma vago, ambiguo. Da quel momento come Gregor Samsa siamo passati attraverso tutto l'arcobaleno delle emozioni: incredulità, paura, rabbia... vergogna. Vergogna? Come se fosse responsabilità nostra - i cattolici direbbero colpa - esserci ammalati. Qualcuno dei familiari o amici lo ipotizza: hai fatto qualcosa di troppo: mangiato troppo o troppo male, ad esempio. No! Fumato, bevuto? Nemmeno! Hai lavorato troppo? Mica. Be' allora, bella mia, sei proprio sfigata. Troppo sfigata, naturalmente. A questo punto non è escluso che si possa anche ridere. Istericamente, magari, ma ridere. Dice - chi non ce l'ha - che una malattia di questo tipo faccia capire la complessa alchimia della vita, sulla quale ci siamo spremuti le meningi per decenni, in un nanosecondo ed è vero, ma, mi soccorra nuovamente la saggezza ebraica o i proverbi di mia nonna, si sa che la vita dura fa l'uomo forte (anche la donna?) ma io, se me l'avessero chiesto, mi sarei tenuta bene stretta la mia fragilità.
Qualcuno "fa finta di essere sano", finzione che si rivela pesantissima da reggere perché la malattia non può non insinuarsi in tutto ciò che fai, condizionando il tuo umore, agguantandoti stretto quando cambia una stagione, facendoti tremare all'idea che la prossima (stagione) sarà, probabilmente, peggiore di quella che l'ha preceduta.
Quel gemello siamese che occhieggia sghembo tutto ciò che fai è troppo invadente e presente per ignorarlo: tanto vale presentarlo a chi ancora non lo conosce, presentarlo per quel terzo incomodo che è e conviverci sapendo che quella che sei non può né potrà più prescindere da lui.