domenica 5 maggio 2013

Portella della Ginestra

Faceva caldo quel giorno in Sicilia,  sole a picco che dilagava in un cielo che aveva il colore del mare. Con me un collega siciliano, occhi chiari di ascendenza normanna e pelle scura, da arabo.
Era una domenica, mi accompagnava come promesso a Portella della Ginestra. Eravamo allegri, eravamo giovani: lui cantava in dialetto siciliano, io in triestino.
Sono passati tanti anni ma ricordo bene quella giornata. Nella conca rovente di sole un brivido d'aria piegava l'erba, fitta di ranuncoli. Gialli... Alzai lo sguardo e mi sembrò di vederli: uomini neri contro il sole, i fucili puntati... Sotto, intrappolati come tonni, uomini, donne e bambini, consci di non poter sfuggire alla morte, terrorizzati.
Restammo zitti per qualche minuto per non infrangere quel silenzio che accomuna tutti i luoghi dove ha imperversato la morte, silenzio che sembra pace ma è solo l'odore, il sapore, il rumore del "nulla" che la morte si lascia dietro...
Vergognandomi di farlo, mi misi a piangere, mentre rabbia, dolore e impotenza mi si mescolavano dentro; lui, lentamente, parola dopo parola, cominciò a tradurre quella poesia in dialetto, incisa sulla roccia.

Primo maggio 1947 Festa del Lavoro- Strage di Portella della Ginestra
Primo maggio 2013 Festa del Lavoro- Le stragi si sono fatte più raffinate?