martedì 19 marzo 2013

Avere settant'anni.

Oggi è il mio compleanno: compio settant'anni.
Intorno a me, vita e morte si affiancano confondendosi con una grazia impudica che mi sorprende, ma non mi angoscia, anzi quasi quasi mi rassicura. Chiocciole vuote di lumache si mescolano a fili d'erba appena spuntati. Le gemme sugli alberi gonfie, piene, sembrano ventri pronti a procreare; la primavera s'appresta a partorire rose e viole. Nella natura non ci sono ipocrisie, né falsità. né pudore: i gatti del vicinato vanno a caccia di uccelli appena nati e di gatte... Nel cortile un ciuffetto di piume testimonia un pasto sostanzioso: gli animali uccidono per mangiare, non per comperarsi una Ferrari.  E l'amore? E' istinto, non calcolo.
Noi uomini, gli animali più intelligenti e più tormentati del Creato, la morte non l'accettiamo e la vecchiaia, ombra che ne anticipa l'arrivo, la neghiamo, esorcizzandola, tenendola a distanza...
Sulla morte ironizziamo ma non ne parliamo. La natura aveva stabilito altri termini per la vita: una volta riprodotti e dopo aver allevato la prole, ce ne saremmo dovuti andare. Ma noi abbiamo voluto cambiare quei termini e così quei vecchi bavosi, tremanti, confusi che siamo soliti  depositare nelle Case di riposo - tanto  per abituarli all'eterno riposo - più che sottrarli alla  morte, li abbiamo sottratti alla vita...                           Una lunga serie di genetliaci mi si snocciola davanti, confusamente. Quella diciassettenne che ride e soffia sulla torta, era solo una ragazzina curiosa e insicura che cominciava a scoprire il mondo? Mi sembra di risentire il gusto di quella torta, un Pan di Spagna, preparato da mia nonna. E' un gusto che nella vita ho conosciuto poco: sa d'amore... Quand'è che cominciano a dirti "Sono tanti (gli anni che hai) ma" - eccola spuntare l'umana ipocrisia - "non li  dimostri!"
Ahahahahah...
E quella quarantenne, separata da pochi anni, perché si sentiva vecchia, decrepita? Perché immaginava la sua vita come una lunga linea grigia? Quarant'anni, soltanto quarant'anni... Che peccato sentirsene sulle spalle cento...
Cinquant'anni a Milano, la capitale morale era stimolante, istruttiva, stancante. E' stata la città che ho amato meno, ma che mi ha insegnato di più. In primis l'umiltà.
Sessant'anni: i figli ormai fuori casa, la prof in pensione. I disturbi di cui avevo cominciato a soffrire non erano  "sindrome da nido vuoto": era la malattia di Parkinson.
Gli ultimi dieci anni? Sono stati anni di guerra: guerra di logoramento, guerra che sono destinata a perdere, ma (come quasi sempre avviene in simili circostanze) non ho mai amato tanto la vita...
Non faccio più progetti, né programmi: vivo, amo e scrivo. 
E ogni giorno un po' muoio.
Come tutte le creature del Creato.