domenica 15 dicembre 2013

Lettera a una figlia

Era una giornata d'inverno, limpida come solo a Trieste - grazie alle bora - le giornate possono essere terse. Prima di chiudermi la porta alle spalle, avevo abbracciato in fretta tua nonna e baciato i tuoi fratelli. Il medico aveva detto: "Non oltre il 15 dicembre... Sarebbe pericoloso per il feto e la madre (tu e io). Faremo un parto pilotato e tenteremo di evitare un cesareo..." L'ostetrica era stata più esplicita, "Non sarà una passeggiata" aveva detto. E non fu una passeggiata. Nascesti di sera, il cielo ormai nero come l'inchiostro, un persistente singhiozzo che ti tormentava. L'ostetrica, pensierosa, commentò: "Nascono quasi tutti così: sono i bambini del terremoto... ". Il terremoto del Friuli, quello del 6 maggio del settantasei, il giorno in cui il medico mi comunicò che sarei diventata madre per la terza volta. Ricordo tutto della tua  nascita: la paura, la gioia, il dolore. Tuo padre che dormiva sulla poltrona della mia camera, il giornale sportivo allargato sulle ginocchia, le parole infastidite del medico: "Vada a dormire fuori!" (Fu in quel momento che percepii la sua indifferenza, la fine del nostro rapporto?)
Sei nata bella, bellissima, il ritratto della bisnonna di cui porti il nome. Non è stato difficile crescerti... A te, e forse anche a me, il merito di aver infranto la catena dei rapporti difficili tra madre e figlia (poiché per generazioni abbiamo partorito solo figlie femmine). Affetto e rispetto tra noi, al di là degli inevitabili errori di ogni madre e delle scelte, non sempre condivise ma rispettate, di ogni figlia. Con te ho vissuto una maternità serena. La serenità non l'avevo mai conosciuta.
Sono passati in fretta questi anni, sono successe tante cose, abbiamo condiviso il dolce e l'amaro della vita... Tu sei cresciuta e io invecchiata. Tanto è cambiato intorno a noi, ci circonda un mondo difficile: tu hai ancora intatta la tua forza, io sto perdendo (ho già perso?) la mia.
Ricordi quel giorno all'ospedale? Non rammento l'ospedale, come le galere si assomigliano tutti e, ormai, sono frequenti i miei ricoveri e scarsa la mia memoria. Tu arrivasti, una ventata di vitalità e dolcezza, in quella stanza che sapeva di malattia e dolore. Via le scarpe! Ti allungasti sul letto accanto a me, la testa sulla mia spalla... Ti addormentasti tenendomi stretta. Entrarono un medico, un'infermiera... Io mi misi un dito sulla bocca.
Uscirono senza dire una parola.
In punta di piedi.
Tanti auguri, piccola.

Salsomaggiore, 15 dicembre 2013

1 commento:

  1. Ciao Falilulela,
    complimenti per la lettera, veramente molto toccante...
    Ho letto che hai pure altri due figli, un maschio ed una femmina.
    Presuppongo che la destinataria della lettera sia la più piccola dei tre e che sia molto fiera della sua mamma !!!
    A quando la lettera per gli altri due?
    Salutoni,
    Franca

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