martedì 29 gennaio 2013

Amore, arte e follia


Tornatore, regista e sceneggiatore de La migliore offerta, c'introduce, con grazia sapiente, nel mondo dell'arte, raccontandoci la storia di un battitore d'asta, maturo ma non ancora vecchio, metodico fino alla pignoleria, freddo - direi gelato -  quindi incapace di emozionarsi, se non di fronte alla bellezza femminile, ma soltanto quando questa gli venga proposta trasfigurata dall'arte e imprigionata... Ad esempio nella cornice di un quadro.
Il protagonista della storia possiede, infatti, una stanza segreta , le pareti coperte da quadri d'autore raffiguranti donne... solo donne: un concentrato di bellezza femminile, potente ma non pericoloso. Non sono donne vere, siamo nel campo dell'arte, tra vero e falso s'insinua il verosimile.  Il battitore d'asta è un esperto che sa, con sicurezza, riconoscere un falso d'autore. Perché, confessa all'unico amico che ha, anche il falsario è un artista e "qualcosa" del suo personale, soggettivo modo di raffigurare il  vero, affiora nella falsificazione che ha effettuato, tradendolo. E', per intenderci, una traccia che svela un verosimile copiato, quindi un falso.
Il nevrotico Virgil, è questo il nome del personaggio, complici apparentemente il destino e il  suo lavoro, incontrerà una donna, affetta da agorafobia. Impasto di follia ed efebica bellezza, la donna, che ai primi appuntamenti non si farà trovare accampando scuse improponibili, lo trascinerà in una sorta di gioco al massacro cercandolo e scacciandolo, gratificandolo e umiliandolo, amandolo e odiandolo. Dalla rabbia iniziale alla curiosità, in un crescendo di emozioni, Virgil riscoprirà il gusto della vita, e, facendo a pezzi per lei le sue sicurezze, rinunciando a ogni difesa, si consegnerà al più folle (e pericoloso) dei sentimenti: l'amore.
Quando scoprirà di essere stato raggirato (la stanza segreta senza più un solo quadro!) la sua disperazione si colorerà di un dubbio: l'amore mimato, simulato con tale bravura, può non velarsi di tratti di auenticità? Una "falsaria" d'amore,  se e quando si riveli particolarmente abile, può resistere all'eterno, fortissimo richiamo che l'amore esercita su chiunque osi avvicinarglisi? 
C'è un confine netto che separa l'amore dall'arte e dalla follia? E se c'è, il suo nome è "normalità"?

http://falilulela.blogspot.it/2009/11/passione-e-desiderio.html

lunedì 21 gennaio 2013

Politica

Non c'è più nulla da capire
basta guardare... 
per inorridire.

Storie vere e verosimili


Guardò l’orologio: il tempo era passato in fretta. Aveva avuto la sensazione di ricordare qualcosa, come se… mah! Era stralunata! Probabilmente aveva soltanto bevuto troppa birra. Ma quelle sensazioni così violente le aveva scritte sul retro di una busta che aveva trovato sul tavolino del salotto. Quelle birre bevute in rapida successione avevano allentato l’abituale controllo che aveva su se stessa facendo emergere sensazioni dimenticate ma anche questo prepotente desiderio di scrittura. Rileggendo ebbe la sensazione netta di essere riuscita a comunicare esattamente quello che aveva dentro. Non doveva aver paura, né dei ricordi, né delle parole per descriverli. Si chinò su quella bambina, si chinò a guardarla. Le sorrise, le chiese spazio, mentre le dilagava dentro una felicità nuova, così perfetta da lasciarla incredula. Ebbe la sensazione di aver camminato per anni su una bomba, conscia della sua presenza ma incapace sia di farla esplodere che di disinnescarla. Il botto l’aveva sentito soltanto lei ed era volata come il Barone di Minhausen in quella Terra lontana che i suoi passi avevano cercato instancabili, quella terra lastricata di parole dove il tempo scorreva misurato dalle pagine sfogliate.
Capì, e fu per sempre, che il suo mondo, ignorato e negato per la paura di riportare a galla ricordi dolorosi, era la scrittura, passione che le scorreva nelle vene, sangue del suo sangue. Si rivide nella cucina della zia Maria.. il vento che ululava: i cugini e sua sorella che la chiamavano a giocare rincorrendosi lungo il corridoio, lei che non rispondeva, intenta ad ascoltare, presa da quella malia della parola che avrebbe cercato per sempre nei libri di cui avrebbe riempito le pareti delle sue case. Collezionista di parole, anche quelle inusuali, dimenticate, quelle inventate, che a scuola le cancellavano con la matita blu anche se lei continuava a usarle cocciuta... Ne aveva fatto pugnali per difendersi, tane per ripararsi, maschere per celarsi, ma ora erano lì, tutte in fila ai suoi ordini come soldati sull’attenti davanti al loro comandante. Era arrivato il momento di sguinzagliarle in giro per il mondo, quel mondo di fantasia che aveva bussato per anni alla sua porta e che lei aveva ignorato, ma al quale apparteneva, come la zia Maria cantastorie nata. Le sembrò di vederle volare quelle parole insieme alla farina, mentre pasta e storia prendevano forma, la farina che diventava neve e cipria di donna che si fa bella, e zucchero candito di principessa golosa, nella cucina che sapeva di rosmarino, di caffellatte caldo e strudel di mele morbido come un abbraccio.
Si alzò dal divano e sembrava danzasse. Canticchiando bagnò le piante. Oh mio Dio, il rosmarino stava morendo. Si sentì in colpa, ma la domenica precedente era andata al mare, poi c’era stato il lavoro che l’aveva impegnata e poi, poi non c’era con la testa. Aveva - oppure no! - il diritto di non esserci anche lei con la testa? Pensava a un uomo? Pensava a se stessa? Be’, non aveva novant’anni, ne aveva soltanto quaranta. Sua nonna alla stessa età aveva fatto follie per amore. Raddrizzò le spalle con un gesto deciso, afferrò la borsetta e uscì dall’appartamento. Il caldo era ancora soffocante, ma lei di buon passo si diresse verso la stazione ferroviaria. La gente usciva dagli uffici, l’aria stanca, la giacca sulla spalla, le camicie slacciate sul collo. Passò un uomo giovane, abbronzato. La guardò e lei accennò un sorriso, vago, appena abbozzato. L’uomo sorrise a sua volta. Quando con la coda dell’occhio notò che si era fermato affrettò il passo ridacchiando. Aveva deciso di non tirarsi indietro: la sua vita era stata troppo difficile e si sentiva in credito verso il destino. Si rese conto che provava qualcosa che non osava nemmeno definire, a cui non aveva il coraggio di dare un nome, sensazioni che accendevano le sue giornate. Da quanto tempo viveva immersa soltanto nei bisogni? Un alito di vento le fece turbinare la gonna scoprendo le gambe lunghe e snelle.
Si sarebbe comperata sandaletti legati alla caviglia e abiti scollati e pacchi di fogli e cartellette e non si sarebbe tirata indietro. Aveva una storia da vivere e una da raccontare: una vera e una verosimile. Affrettò il passo dirigendosi verso la stazione. Sulla sua testa stridevano – ubriache di sole - le rondini, piombando in caduta libera nel cielo che le prime ombre della sera consegnavano alla notte estiva.

A chi, a che servono le storie?

La neve contribuisce, e non poco, a conferire irrealtà al paesaggio - penso, mentre appena sveglia lascio scorrere lo sguardo... E' quel momento della giornata in cui i due duellanti, il giorno e la notte, non si scontrano, nemici, ma s'incontrano e s' abbracciano e, come due amanti, si baciano, si stringono uno addosso all'altro, giurandosi eterno amore... E' questo il tempo in cui tutto può accadere: possono fiorire i peschi sotto la neve, si può credere di morire, forse si può morire davvero, si può tornare giovani e diventare vecchi... , perché è questo, non la notte, il tempo della fantasia. La notte è il luogo/tempo dei sogni, sui quali comanda trasformandoli, a suo piacere, in incubi, penetrando nell'inconscio  e saccheggiandolo o lenendo i nostri dolori con illusorie bugie. La notte è teatro, melodramma, commedia, il giorno è verità, realtà, concretezza. Ma è solo quando vero e falso s'incontrano che nasce il verosimile, la materia prima dello scrittore... Strana creatura, confinata a vivere in un tempo/spazio che non gli appartiene (si può afferrare il vento? Cavalcare tra le nuvole?), ma che può  evocare, lo scrittore confeziona "storie". 
A che, a chi servono le storie che inventa?

domenica 20 gennaio 2013

E se...

Fine febbraio: una giornata fredda, attraversata da quella luce che già annuncia la primavera.. Oggi e domani si vota: le sezioni sono aperte, le matite pronte, gli scrutatori bevono il primo caffè della giornata; qualcuno apre un giornale...
Passa un'ora.
La strada che si vede dalla finestra è deserta. No, eccoli! Due anziani hanno appena attraversato sulle strisce pedonali, si sono fermati davanti all'edicola, ora sono entrati nel bar d'angolo.
"I vecchi sono i primi a votare; non dormono, loro che potrebbero! Io ho fatto una fatica a svegliarmi; per sicurezza, ho messo anche la sveglia telefonica... " dice la Teresa, e si scosta i capelli dal viso, e sorride, allusiva. Il ragazzo che le hanno affiancato non è male - pensa. 
I due vecchi escono dal bar, passano davanti all'ingresso della scuola  e... tirano dritto.  
E' passata un'altra ora. 
La Teresa chiama una sua amica, scrutatrice anche lei, ma alla scuola elementare, quella con il maggior numero di sezioni. Anche lì non si è ancora visto nessuno.
Entra un giornalista del quotidiano locale. La Teresa lo conosce... "Com'è l'affluenza? Quanti hanno già votato?" chiede. "Ancora nessuno? Avrei potuto dormire un po' di più: se la prendono comoda... "
Poi arriva un ragazzino in divisa. "Tutto regolare?" chiede. Questo la Teresa non lo conosce e non gli risponde nemmeno. Si sta annoiando. Sbadiglia.
Il tempo passa, lentamente, ma passa. E' quasi mezzogiorno. Un uomo è anche entrato, ha fatto alcuni passi lungo il corridoio, si è affacciato, ha piantato loro addosso due occhi spiritati, poi, girati i tacchi, è uscito. In fretta.
Nell'aula, con i disegni appesi alle pareti, nessuno parla; la Teresa cammina avanti e indietro, come un carcerato in una cella  troppo stretta. Quando incrocia il ragazzo evita di guardarlo negli occhi. E' paura quella che prova?
La tecnologia è una grande invenzione. Il ragazzotto - come ha detto di chiamarsi? Giovanni? - ha un telefonino con il quale può collegarsi a internet... 
E'  così in tutto il Paese.
Così come? Così, così... Be' , nessuno ha votato. Nessuno? Nessuno!
Prima è arrivato un sergente,  poi un capitano... Ora si aspetta un colonnello. 
Da più di un'ora la strada è deserta. Non passa una macchina. 
Il Paese aspetta. Le ore passano. Il bar ha abbassato la serranda, l'edicolante ha chiuso; i proprietari sono filati via, lungo i muri, senza guardarsi attorno.
Ormai è buio, il seggio chiude. 
Il giorno dopo  stessa scena. 
Non è arrivato un colonnello, questo è un generale.
"Avete votato?" chiede a Teresa e Giovanni gli risponde: "La signorina non ha votato. Come me! Come gli altri! Come l'intero Paese!"
Sembra afflosciarsi il generale... Si gratta il mento, incerto.
E adesso?

domenica 13 gennaio 2013

"Corsa all'oro" e donne

Mi sembra la "corsa all'oro". Quanti, travestiti da "società civile" stanno scendendo (o salendo) in politica?
Uno scranno in Parlamento: è questo l'oro, la nuova ricchezza, il nuovo potere...
Sullo sfondo un Paese ridotto alla fame. Disperato.  Ancora capace, però, di credere al Venditore di sogni? Ottuso? Mi sembra incredibile, ma probabile.
E le donne? Partecipano anche loro alla grande corsa all'oro. Non occorre nemmeno che siano belle e disponibili, è sufficiente siano donne: la professionalità non conta.
Veniamo di nuovo usate. E' questo "il nuovo che avanza"?

Mattino grigio nebbia  
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i miei mille colori  

sabato 12 gennaio 2013

Ciao Mariangela... Il più discreto dei saluti per una donna che non ha mai gettato in pasto al pubblico il suo  "privato".

Triestini

Miri butta là quel nome, Toni Bruna, aggiungendo "è un cantante... triestino" e io clicco, distrattamente. Il pc mi restituisce un'immagine lattea sulla quale si allungano e si aggrovigliano rami d'albero che sembrano disegnati con la china. Sotto  due parole: triestin e english. Scoppio a ridere; solo un triestino può raggiungere tali limiti di arroganza e... d'innocenza. Il ragazzo ci sta comunicando ciò che per lui è normale, assolutamente normale: l'accesso al luogo virtuale che lo rappresenta è consentito ricorrendo alla sua lingua, el triestin o, in alternativa, a quella lingua universale che è l'inglese. Tra le due lingue, a fare da trait d'union l'italiano, per quegli sprovveduti (italiani e non) che ignorassero lingue e dialetti di primaria importanza.
Alzo la testa dal pc: il paesaggio che vedo gocciola umidità e tristezza. Le colline affondano nella nebbia, le strade sono vuote: passa soltanto qualche macchina. Ogni tanto. E' sabato: spiccano sulle facciate delle case riquadri dorati. Sono le cucine dove le donne "tirano" la pasta? E' probabile.
Una fitta di nostalgia mi percorre  per quella terrazza affacciata sul mare dove, ogni mattina, con una tazza di caffè tra le mani, potevo vedere sorgere il giorno e... ritrovare il mare.