lunedì 3 dicembre 2012

Bersani sembrava ringiovanito, felice, come una sposa il giorno delle nozze...

Com'è strana la vita. Bersani esulta... niente come la vittoria cancella i dubbi dalla nostra mente. Si analizzano le sconfitte, minutamente, sotto ogni aspetto, ma mai nulla di simile si fa o si farebbe in caso di vittoria: è la stessa vittoria che convalida la correttezza delle scelte fatte. Ma chi ha votato alle primarie del centrosinistra per la sinistra  tradizionale? Non certo chi, come spesso i giovani, ricerca un cambiamento ma gli elettori tradizionalmente di sinistra, quelli che si sentono rassicurati dalla continuità delle tradizioni, che non amano i ribaltoni. I "fedeli" a oltranza, quelli della critica sì, ma non distruttiva e... soprattutto dall'interno. Non dimentichiamo che i panni sporchi si lavano in famiglia.
E così la vittoria, nello stesso momento in cui si delinea all'orizzonte, in un tripudio di sorrisi, risate e bandiere al vento, incomincia a scavarsi la fossa. Ha ben poco da ridere Bersani: il lavoro che gli si presenta davanti è difficile, spaventosamente difficile e, non dimentichiamolo, gli errori che il partito che rappresenta ha commesso sono stati elencati, sviscerati, analizzati e... sbandierati. Ai quattro venti. Altri non saranno consentiti.
Il "ragazzino" ribelle che ha sfidato l'autorità del padre ha perso. Sì, ha perso, ma si è fatto un'esperienza sul campo, ha fatto entrare aria fresca nelle stanze del potere e ha acceso dubbi, non convalidato certezze. 
Non ho mai nascosto la mia scarsa simpatia per Renzi, certe sue frequentazioni mi hanno insospettita, il "fuoco amico" è quello che causa la morti più dolorose da accettare... Ebbene sì, però è al linguaggio gestuale che ricorro nei momenti in cui la diffidenza per le parole si fa più acuta, e il volto della sconfitta del ragazzino era una faccia da uomo: sconfitto ma non perdente. Il sorriso scomparso, la parola più  lenta, soppesata finalmente, la stanchezza nello sguardo mescolata al dubbio... ma anche, e non paradossalmente, la precisa consapevolezza che la sconfitta possa aprire le porte a una futura vittoria. Perché, a differenza delle storie (dove il finale scontato è "E vissero per sempre felici e contenti"), la Storia ci ha insegnato che i vincenti di oggi saranno quasi sempre i perdenti di domani e viceversa. Per questo a quel Bersani ringiovanito, felice come una sposa il giorno delle nozze, vorrei raccomandare prudenza, attenzione, e ricordargli che vincere una battaglia, a suon di chiacchiere, non significa vincere una guerra.