giovedì 1 novembre 2012

L'antipolitica diventa politica.

Il Paese si aspettava una protesta, e la protesta è arrivata. Nelle democrazie occidentali la protesta seria, ripeto seria, è affidata al voto. Un politico ha deluso? Si rimanda a casa e se ne nomina un altro. Renzi (il giovanotto che vuole "svecchiare" il Pd a cominciare dall'età anagrafica per finire dove non si sa, o si è capito fin troppo chiaramente...)  l'ha chiamata "rottamazione". Largo ai giovani e ai nuovi linguaggi.
Cos'è successo in Sicilia? Di tutto e di più, a partire da un astensionismo mai registrato prima che già falsa in partenza ogni nostra osservazione; infatti è soltanto la metà dei siciliani che non ha  disertato le urne.  
Se l'astensionismo nell'isola ha radici antiche che affondano soprattutto nel menefreghismo, e quello nuovo (che giustifica l'incremento numerico del fenomeno) si alimenta di rabbia, impotenza, indignazione, c'è tuttavia qualcosa che lega tra loro gli "astenuti" (tutti  gli astenuti) ed è la sfiducia. La sfiducia, più che giustificata, nei confronti dei politici e della politica rende però lo sguardo corto e poco critico e tutto appiattisce in una lunga linea grigia che a nessuno interessa più scavalcare. Prevalgono le generalizzazioni che banalizzano la politica. Capisco quanto possa essere forte la tentazione di gettare dalla finestra i poitici e la politica con loro, ma è arrrivato il momento di fare dei distinguo. La politica non si può "gettare" nella spazzatura, i politici, invece, si possono cambiare (legge elettorale consentendo). 
Ma quale politica dobbiamo salvare? La migliore, quella che non c'è (come la famosa isola) ma che ognuno di noi ha dentro, quella che si alimenta di speranza, di giustizia... Quella rigorosa, di ampio respiro, orientata a dare opportunità ai giovani, trasparenza ecc.? Sì, proprio quella.
I siciliani (più del 50%) però hanno scelto di rottamare il voto, rinunciando all'esercizio di un diritto previsto dalla Costituzione, un diritto costato lacrime e sangue e, non dimentichiamolo, concesso a noi donne soltanto dal 1946. I siciliani che hanno scelto di  protestato votando, hanno scelto Beppe Grillo. In spregio ai politici di professione considerati, in buona parte non a torto, impreparati e ladri.
Beppe Grillo la politica la conosce, l'ha praticata? Sì, sui palcoscenici dei teatri e nelle piazze perché il soggetto in questione è un guitto, è un comico... e ha iniziato la sua carriera politica facendo ridere. Ridi tu che rido anch'io, ha riempito le piazze dopo aver dato vita a un movimento che ha spopolato soprattutto tra i giovani. Perché lo hanno votato? Non è giovane, non sa nulla di politica ma promette una politica da Paese dei Balocchi: libera, anarchica, inventata sul momento, non preparata a tavolino.
Dopo Mussolini, Berlusconi e Bossi, dopo il meno acclamato Di Pietro, oggi l'ultimo Uomo della Provvidenza scelto dagli italiani è lui: Beppe Grillo che, diventato simbolo della protesta, ora sarà però chiamato a governare, quindi, con i suoi, a prendere decisioni, a fare scelte. A  fare politica. Lui si è affrettato a precisare da "attivista", non da politico. Per il momento ciò che emerge di nuovo è ancora e solo il  linguaggio, mentre stantia appare la scelta di tirarsi fuori, restare a guardare e criticare; e basta.
I"grillini", vincendo in nome dell'antipolitica, l'hanno trasformata in politica. Lo hanno capito e promettono che cercheranno d'imparare... 
Sul Pdl disgregato c'è poco da dire. I numeri ci comunicano che è finito. Poi c'è Rosario Crocetta, la "Sinistra" che vorrebbe e saprebbe essere seria, ma potrebbe non avere i "numeri".
Il cambiamento è un'altra cosa. Faticosissimo, fatto sulla propria pelle, sofferto, quotidiano...
Per il momento siamo davanti al "vecchio" che resiste (con tentativi di rinnovamento fatti dall'interno), il al "nuovo" che gioca ancora con le parole. E le promesse.
L'antipolitica diventa, nei numeri, la nuova politica. Vedremo di che "pasta" sarà fatta!