martedì 31 luglio 2012

I favolosi anni Sessanta

Erano amici di famiglia: lui, il marito, impiegato di banca, la moglie casalinga, i due figli, un maschio e una femmina, studenti... Giacomo era iscritto al Conservatorio. Suonava il piano. Molto bene. La loro casa era sempre piena di gente, nella nostra non entrava nessuno. Da loro le discussioni duravano ore, pacatamente appassionate... a casa mia silenzi o urla. Giacomo girava spavaldo con l'Unità in tasca, e quando suonava il pianoforte assumeva un'aria seria, i riccioli scuri che gli ricadevano sulla fronte, disordinati, ribelli.  Era bellissimo. Io lo ascoltavo intimidita, impacciata, come ascoltavo i loro ospiti. In silenzio. "E' un compagno", dicevano, aggiungendo un piatto a tavola  e io deglutivo piatti istriani e timidezza... Mia sorella ed io, educazione austro-ungarica, sedevamo ingessate nei nostri vestiti  con la sottogonna a balze, " cenerentola" ai piedi. Silenziose. Io non sapevo ballare, ma era soltanto una delle tante cose che non sapevo fare.
In quella casa respiravo politica e cultura, ma soprattutto libertà.
Poi, ci fu uno sciopero. Il padre di Giacomo fu l'unico impiegato della banca dove lavorava ad aderirvi, non presentandosi al lavoro. Venne trasferito "per direttissima"  nella filiale più disagiata della banca: in un paesino dove le capre erano più numerose degli abitanti, quattro case, una piazza, qualche asino
... e uno sportello bancario. In Sardegna, tra i monti, dove del mare non arrivava nemmeno il profumo.
Partì  dopo due giorni. Sua moglie e i ragazzi lo accompagnarono alla stazione, noi lo salutammo a casa.
Rimase, in quel paese che nemmeno le carte geografiche riportavano, per tre anni.
"El xe ga meso contro i paroni... Con che testa gavendo famiglia... ", borbottò mia nonna, scrollando il capo.
Eravamo all'inizio degli anni Sessanta, i "favolosi" anni Sessanta...

lunedì 23 luglio 2012

Una donna davvero speciale

"Una donna molto speciale" di Nick Cassavetes è incentrato su una figura femminile: una donna, come tante, che ha dato "tutto" alla famiglia  e un mattino si ritrova sola: il marito morto, il figlio lontano impegnato a far carriera e soldi, la figlia, nevroticamente infelice, che se n'è andata di casa sbattendo la porta e incolpandola. Di cosa? Del suo malessere, dei suoi fallimenti, di tutto e di più. Lei, la protagonista, donna forte e intelligente raddrizza le spalle e va avanti. Un mattino, una sua vicina, reduce da una lite coniugale di cui porta i segni sul volto, le molla il figlio, come un pacco un po' ingombrante, sull'ingresso di casa. In modo brusco, senza mezzi termini, sembra pretendere aiuto. La solitudine urlata, esibita dell'una si scontra con quella, borghesemente dissimulata, dell'altra. Entrambe manifestano bisogni, incalzanti come solo i bisogni sanno essere. Sarà quel bambino triste, angosciato, impaurito, diventando il loro punto di contatto, a rompere, con la sua presenza, il cerchio della solitudine. Tra la mamma, che si esercita alla libertà, e la "zia", che lo ricopre di tenerezza vigile e affettuosa, riacquisterà sicurezza "sloggiando" la solitudine opprimente della protagonista.
Tra la bislacca, svampita, giovane madre e la controllata, irreprensibile e borghese vicina della porta accanto, fiorisce l'amicizia. E' un incontro di solitudini ma anche di donne, di madri, che vivifica entrambe... la ragazzina arrogante e sballata che acquisterà coscienza dei suoi diritti, del suo essere persona; la protagonista del film che osserverà con l'affetto di sempre, ma anche con un nuovo e lucido disincanto, i suoi figli, contrapponendo ai loro bisogni i suoi desideri che, ancora fragili ma decisi, sono spuntati e pretendono spazio.
La ragazzina concederà al marito una nuova opportunità e "la zia" si ritroverà di nuovo sola. Questa volta,  però, sarà in grado di cogliere di questa solitudine un aspetto totalmente nuovo: la libertà di scelta che sottintende. Non si adeguerà, infatti, ai bisogni degli altri ( i figli), ma darà spazio ai suoi desideri. Venderà la casa  (in cui la figlia vorrebbe tornare a vivere), diventerà la nonna, tutta coccole, del nipotino che il figlio sta per darle, ma non andrà a vivere con lui e la nuora. "Partirà" per un suo viaggio, alla scoperta di se stessa e dei suoi desideri. Finalmente.
A me resterà  dentro quello sguardo - indipendente, curioso, sereno - con cui la protagonista saluta la figlia alla stazione... prima di voltarle le spalle e allontanarsi, il passo deciso, le gambe ancora bellissime, verso quello scampolo di futuro che ha deciso di esplorare: viva quel che viva, costi quel che costi.

venerdì 20 luglio 2012

Quest'anno non sono riuscita a parlare di Falcone e Borsellino.

Quest'anno non sono riuscita a parlare di Falcone e Borsellino. Mi sarebbe sembrato di aggiungere tradimento a tradimento. Per questo mondo sono morti? Per lasciare campo libero a una mafia ancora più potente, generalizzata, assimilata e quasi digerita da una società... E qui mi fermo: incerta. Che società è quella in cui viviamo, che mondo rappresenta questa realtà che ci circonda? Falcone è stato ucciso quando ha ficcato il naso in quelle cattedrali del (nuovo) potere che sono le banche; Borsellino  ha pagato con la vita la scoperta che per i potenti era, ed è, più conveniente allearsi che combattersi. Le conseguenze di questa alleanza sono sotto gli occhi di tutti. Comandano i banchieri, dilaga il furto, è il momento dei ladri e dei furbi. Gli ideali vengono sbandierati solo nel corso degli incontri ufficiali o delle commemorazioni di coloro che,"servitori dello Stato", vennero trattati come servi. E, ora che non fanno più paura, anche se è stato necessario ricorrere al tritolo per eliminarli, si possono collocare ghirlande di fiori e tesserne le lodi, colmando  di parole altisonanti quel silenzio, colpevole, che accompagnò i loro ultimi giorni di vita. 
Non ho bisogno di commemorazioni per ricordarli.

giovedì 19 luglio 2012

Fiorire a inverno iniziato...

"Un po' stranita la fanciulla - che poi a darle un'occhiata, anche solo di sfuggita, fanciulla non lo era più, e da tempo - guardò l'uomo che con quel bacio l'aveva risvegliata. E le bastò lasciar scivolare lo sguardo sulle ragnatele che danzavano al vento, sui mobili polverosi, sull'abito così diverso dal suo che lo sconosciuto indossava, per capire che il suo sonno era stato lungo, lunghissimo e profondo.
'Ho sognato dolcezze infinite, leggere come farfalle in volo, e fiumi di passione che mi sommergevano, come lava lungo i fianchi di un vulcano... ' disse la fanciulla. 'Ho la testa piena di fole e le devo, le voglio raccontare!', continuò, balzando giù dal letto.
'Scrivile', le disse l'uomo.
'Non so farlo', balbettò la fanciulla.
'Bugiarda e... pavida sei, ma io ti porto in dono un frutto acerbo, indigesto, avvelenato... Il mio bacio è miele e fiele... '
La fanciulle sentì la paura scivolarle lungo la gola, attanagliarle lo stomaco, strizzarle il ventre, mentre l'uomo continuava a parlare. 'Lo cercherai  (il coraggio), tra le pietre e i sassi, nelle grotte della terra e negli abissi del mare, nel pianto delle donne lacerate dai figli, nella rabbia di chi si ribella all'ingiustizia... '
'E lo troverò?' chiese sgomenta la fanciulla.
'Sì, quel frutto che già ti avvelena anima e corpo ti obbligherà a trovarlo. Sarai te stessa. Finalmente! E libererai le fole e le parole per raccontarle.'"
E la fanciulla ci riuscì, ma fu come per una gatta partorire all'inizio dell'autunno o, per un albero, fiorire a inverno iniziato... 
Troppo tardi, troppo tardi.



mercoledì 18 luglio 2012

Il servizio "buono"

Questa mattina, complice un attacco in forze di tarli ai miei vecchi mobili che ha reso necessario un intervento di disinfestazione, mi sono ritrovata a passare tra le mani piatti e bicchieri (quelli sopravvissuti) del servizio "buono", quello che si usa soltanto nelle occasioni speciali: il Natale, un matrimonio, la laurea di un figlio.
Guardo quei fiordalisi azzurri che si rincorrono sul bordo dei piatti pronti a ghermire rose selvatiche... Quanti anni sono passati da quel Natale, l'ultimo nel quale li usai, l'ultimo passato tutti insieme? Milano, ancora ricca e spendacciona, scintillava come una gemma, l'aria era elettrica, la gente si scambiava gli auguri, le commesse impacchettavano regali  e allacciavano fiocchi. La "tredicesima" si spendeva in regali (anche), non si utilizzava per pagare l'Ici (attuale Imu), che ancora non esisteva. Mio marito e io eravamo due separati "civili", tanto civili da passare  le feste con i "nostri" figli. C'era ancora mia madre. Io avevo un compagno con il quale litigavo ferocemente. "Non faccio parte della famiglia... " mi diceva, e se ne stava a casa sua, rifiutando il mio invito a partecipare al "cenone". I figli volevano il padre, mia madre diceva: "Bisogna pensare al bene dei ragazzi"... Al "bene mio" non ci pensava nessuno. Me ne rendevo conto? Certamente, altrimenti a cosa mi sarebbe servito passare le notti a leggere tutti quei libri di autrici femministe? Ma capire è condizione necessaria, non sufficiente, per cambiare... E io capivo, ma non cambiavo.
Cambiare è difficile, è una rivoluzione personale, non un minuetto. Si cambia soltanto quando il dolore legato a una certa situazione si fa intollerabile. Si cambia per non morire... e, a volte, si rinasce.
Ora, mia madre se n'è andata (come il compagno) lasciandomi orfana delle sue telefonate domenicali e di quell'affetto che dimostrava a modo suo, magari mettendomi una banana nella borsetta, quando ripartivo da Udine per Milano. "Se ti venisse fame... " diceva, e io, sbuffando, la toglievo dalla borsa (la banana), prima di andarmene senza voltarmi, sapendo che lei era lì, alla finestra del soggiorno, delusa, come me, dal nostro ennesimo incontro/scontro.
Perché da una madre si pretende l'impossibile? - penso, riponendo le tazzine, ma è una delle tante domande alle quali non sono in grado di dare una risposta.

martedì 3 luglio 2012

Tecnologia e fantasia

                   Fa caldo, un caldo afoso, umido, che toglie le forze e fa sudare. Le prime ore del mattino sono le più fresche, quelle che amo di più, anche se non ho mai sofferto nemmeno nella stagione invernale di quel risveglio "difficile" che caratterizza molte persone. Anche oggi, pur non avendo motivi per affrontare la giornata con il sorriso, me lo concedo... Da quando poi ho scoperto il pc, mentre ingoio il caffè, pigio un tasto e mi sento come a teatro: sul palcoscenico va in scena il mondo. Persone che non ho mai visto, che probabilmente nemmeno riconoscerei se dovessi incontrarle per la strada, mi salutano. Sono abbracci di parole, confronti di idee, momenti di emozioni comunicate. E' bello, è confortante, è divertente... E' istruttivo, è un "sapere" che viene accresciuto dall'apporto di tanti/tutti e condiviso. Ognuno porta le proprie esperienze, emozioni  e conoscenze... Scatta, prima o poi, una sintonia: là fuori, nel web, scopri un fratello, una sorella d'anima (anche se non di sangue); approfondisci concetti, ottieni informazioni, chiarisci - mentre altri prendono forma - dubbi.
                  E' una modalità diversa di comunicazione: mancano la gestualità, gli odori, il suono della voce, tutta la materialità che il corpo esprime, ma anche la "pesantezza", l'ingombro che caratterizzano quel corpo, soprattutto in una società che, come la nostra, privilegia l'immagine. Belli o brutti, giovani o vecchi, malati o sani, eleganti o sciattoni comunichiamo tutti con quella modalità uniformatrice e potente che è la parola, che diventa espressione del cervello e dell'anima.
                Questo mondo virtuale che ci accoglie è fatto di anime, cervelli, parole... e fotografie: che spetta però a noi scegliere, selezionare e che spesso ci fanno apparire, nella loro fissità immobile, lontani e polverosi come le fotografie dei morti sulle lapidi. E' un mondo che può alimentare, nei casi peggiori, la finzione e l'inganno, ma può anche scegliere di muoversi lungo il crinale sottile dell'immaginazione, dell'ambiguità, del gioco scenico, quasi un Carnevale veneziano esteso al mondo per privilegiare la fantasia e consentire il gioco sapiente del teatro.
                   E' tecnologia alla quale, però, possiamo conferire la leggerezza impalpabile della fantasia.

domenica 1 luglio 2012

Voglia di vivere...

Ci sono momenti in cui la voglia di vivere si fa così prepotente, così impellente da darmi l'illusione che potrei ancora farcela. A fare cosa? A fare un progetto e realizzarlo, mentre "tutti" in giro, i prudenti benpensanti che non mancano mai, mi dicono : "Pensa, rifletti, valuta... " e io sono ancora lì, ma la mente è lontana e la valigia è già piena da scoppiare e la vita mi scorre nelle vene come vino, aspro e forte. E' il cambiamento il motore della vita? Non per tutti e non sempre, ma per me lo è stato. E dietro al cambiamento cosa c'è se non la curiosità, la voglia di capire e capirti... Due misteri che si fondono: quello smisurato della vita, quello striminzito di una vita, ma fatti della stessa sostanza, come l'acqua del mare e una sua goccia...