sabato 30 giugno 2012

"We can" disse Obama...

Essere curati, assistiti a livello ospedaliero, è  negli Stati Uniti, finalmente, un diritto per tutti: ricchi e poveri. Sancito da una legge. Obama c'è riuscito: l'aveva promesso in campagna elettorale  e ha mantenuto la promessa.
Forse bisogna portarselo dentro, annidato nei cromosomi, il ricordo dell'ingiustizia sofferta. Anche se non è stata direttamente tua quell'ingiustizia, deve esserti stata ricordata, narrata, devi averla letta negli sguardi muti, sghembi,  di chi non sapeva raccontare con le parole e allora ha affidato a te più abile, più giovane e combattivo, dotato di eloquenza e sapienza, il peso del suo dolore, della sua rabbia, ma anche il volano della sua speranza.
"We can" disse Obama, sorridendo, e il mondo si fermò, per un attimo, a guardarlo...
Prima di votare un Beppe Grillo, riflettiamo. Ci sono uomini che fanno la Storia, ma non partono dalle barzellette...

mercoledì 27 giugno 2012

Pomeriggio a Milano

Una Milano accaldata, sudata, mi accoglie. E' distratta, ha troppe cose (serie) da fare. Non si ode una risata, noto che nessuno gira con il bastone. Come me. Mi cedono il passo e il posto sulla metropolitana, con un pizzico di fastidio, una considerazione che affiora nello sguardo "Chi non è efficiente... a casa, davanti alla tv, non per strada a intralciare " . Non si sente un pianto di bambino, anche le parole scarseggiano, sovrastate dal rumore. C'è, latente, una sensazione di attesa. Milano aspetta, come il resto del Paese.
I negozi sono vuoti, le commesse viste dalla vetrina, sembrano pesci rossi in un acquario. Lacerante sovrasta il rumore la sirena di un'autoambulanza.  Il caldo ha fatto un'altra vittima -  penso. Lo studio del mio dentista è un'oasi di aria condizionata, musica in sordina e disponibilità affettuosa. L'igienista dentale mi prende sottobraccio e non mi chiede nulla, ma Il sorriso è più ampio del solito: ha bellissimi denti, bianchi e forti.
Alla stazione centrale, Luciana ( mia sorella) e io ci godiamo la folla eterogenea  come fossimo a teatro. 
"E quella?" E' lì, impacciata, rigida sui tacchi troppo alti, in attesa.
"Aspetta un uomo" rispondo sicura. (Sono io la fantasiosa, la Lusi è razionale e attenta ai particolari...).
"Avrebbe indossato un vestito più sexy" dice.
"Troppo esplicito" commento.
La ragazza dà un'occhiata all'orologio. Ansiosa.
"Eccolo!"
Lei si muove per andargli incontro. Lui affretta il passo. Si scontrano e, come due fiumi a formare un lago, si fondono. Poi si allontanano, in silenzio, i corpi che si sfiorano...
La Lusi mi solleva dal sedile. "Muoviamoci, lo sai che sei lenta come la quaresima... " mugugna.
Ricordi e rimpianti luccicano nei miei occhi. 

domenica 24 giugno 2012

Abbandoni

Non di ferro
non di plastica, 
ma
di carne
sono fatta
e
...
di paura.

Di bisogni
impellenti
e desideri
negati,
per un secondo appena
sussurrati

Sono fatta di giorni,
passati,
di stagioni
di stanchezza impregnate

Sono fatta di ricordi
che,
confusi,
già sbiadiscono

Sono fatta di legami,
assassinati nell'ombra
a tradimento,
e
...
di abbandoni

sabato 23 giugno 2012

Mercato, amore mio

                                 I mercati? Cosa sono lo sappiamo, come funzionano un po' meno. A cosa devono l'attuale potenza? Su questo punto siamo in difficoltà. Erano, prima di tutto, luogo fisico d'incontro tra compratori e venditori di merci di vario tipo: merci che in quei luoghi si potevano esaminare, " toccare", annusare e, alla fine, dopo una più o meno lunga trattativa, acquistare, accordandosi sul prezzo, punto d'incontro tra domanda e offerta. Vi operavano i mercanti che non godevano di buona fama ("Via i mercanti dal tempio" è frase di biblica memoria). Erano loro, i mercanti, a portare la merce nelle piazze, a raccoglierla nei magazzini, conservandola nel tempo e nello spazio, scovandola in giro per il mondo, pagandola alla fonte meno, molto meno, del prezzo richiesto al consumatore finale... Eravamo in quella che oggi siamo soliti definire economia reale. Merce contro denaro in una serie infinita di scambi miranti a soddisfare il bisogno di beni, da quello elementare del cibo a quello ( di pochi privilegiati)  delle opere d'arte (bisogno, evolutosi in desiderio, di bellezza). Bisogni e desideri da soddisfare, ma anche da "suggerire". Compratori e venditori di mele, uova  e sogni... Il tutto mediato dal denaro che da bisogno si fa sogno, diventa la merce più ambita, la merce più desiderata, tanto da creare un mercato a lui dedicato , regolato da norme precise e complesse. Si chiamerà Borsa e si evolverà nel tempo, diventando strumento sempre più complesso al servizio di un desiderio che è parte fondante della caratterialità umana. Il Potere. 
                            Tornando alla mia domanda iniziale sul funzionamento dei mercati, qualunque "tecnico" sarà in grado, in maniera più o meno approfondita, di soddisfare la curiosità relativa alle loro problematiche d'uso, anche se complesse, anzi si parerà dietro questa complessità per non andare oltre. A dire cosa? A dire che i mercati sono la forma ultima e più evoluta che il Potere ha assunto. Per questo motivo è così difficile regolarli, contenerli, stabilire dei limiti. Infatti sono transnazionali, appaiono e scompaiono come le acque carsiche, se li cerchi non li trovi perché abitano spazi virtuali, vendono e comprano "carta" che rappresenta debiti, crediti, aspettative, speranze... Apparentemente invisibili, sono sempre presenti. Condizionano la vita di tutti noi, ci riducono in schiavitù, comandano senza averci chiesto il permesso di farlo.
                         Però, è necessario allungare lo sguardo, andare oltre ciò che appare, perché, come in una guerra di coppia combattuta all'ultimo sangue, l'oggetto del contendere non sono, come potrebbe sembrare, le regole ma, soprattutto, chi avrà il potere di stabilirle. Poi, una volta impugnato lo scettro del comando, il Potere emergente, quello finanziario, potrà anche decidere di essere magnanimo, elargendo non diritti, ma carità.
                    Dopo aver condizionato la politica, comprandola, ha sottomesso i cittadini con l'angoscia dell'euro, del debito pubblico, della cacciata dall'euro paradiso... per sviare la loro attenzione. Euro, marchi, lire, conchiglie, oro, sale o foglie di tabacco, fino a quando sono "moneta di scambio", non possono, da soli, distruggere l'economia di un Paese, né, a maggior ragione, il paese stesso. C'è un avvicendamento in atto al Potere che si serve dei mercati, ma con essi non s'identifica: non sempre, soltanto quando lo reputa necessario. Come si è servito  dello spread per scatenare la paura. Come si serve delle Agenzie di rating che, non dimentichiamolo, sono società private di emanazione bancario/finanziaria.  
                              "E' il mercato, bellezza" diceva qualcuno ma, in realtà, la voracità, il desiderio di guadagno non sono caratteristiche intrinseche del mercato, appartengono a coloro che del mercato si servono. Come strumento atto a conseguire il Potere.

giovedì 21 giugno 2012

Il dolore serve?

"Non è più lei... neanche il ricordo" e quegli sguardi sgomenti ti sfiorano dilagando su sorrisi finti, compassionevoli. Pensano che tu non colga quegli sguardi, non senta quei commenti. Non è così. Le emozioni o, quel che è peggio, la loro assenza, le avverti più e meglio di prima, di  quando eri sana, scattante nel corpo e nel cervello. Le afferri di pelle, le aspiri, le annusi anche se la tua voce monocorde non le enfatizza, anche se la tua mimica facciale, ormai inesistente, non le sottolinea. La malattia ti sta rinserrando in una prigione sempre più stretta, ma quello spazio esiguo non racchiude solo la persona che oggi sei diventata, racchiude anche quella che sei stata. La vita, all'interno di due certezze - nascita e morte - è cambiamento. Costante, continuo: è sobbalzo, è sorpresa, dubbio, incertezza mentre i giorni si susseguono, si rincorrono ritmando il tuo tempo che passa, scorre e, come un fiume, ti porta verso il mare...
L'aspetto più doloroso della mia malattia è stato non poterne parlare in famiglia, per anni. Non si poteva nemmeno accennare al fatto  che fossi malata, quasi si trattasse di una vergogna o, il che è stato peggio, di una colpa. Nessuno chiedeva come stessi, come mi  sentissi... Ho dovuto - come cantava Gaber - "far finta di essere sana" ed è stato durissimo. E ingiusto. E mi ha fatto riflettere. Non soltanto sulla vecchiaia, la malattia e la morte, anche sulla società in cui viviamo... Una società di "eternamente giovani,sani, efficienti", che ha orrore delle rughe, del dolore, della malattia che, come la morte, nasconde, occulta, ignora, usando bisturi che spianano la pelle e l'anima.
                    Nelle favole - che più non raccontiamo ai bambini - i protagonisti alla fine "vivono felici e contenti" e mai "muoiono" lasciandosi alle spalle assenze da colmare o comunque da affrontare. Io non ho portato i miei figli al funerale di mio padre, nonno affettuosissimo, perché non "soffrissero". Ricordo che mi chiudevo a chiave nel bagno a piangere... perché non mi vedessero, e quando mi separai da mio marito - oh, allora la cosa si fece addirittura ridicola - mi inventai un'ipotetica sistemazione della cantina, per avere un luogo nel quale rifugiarmi dove dare sfogo al dolore. Così presero forma e sostanza il "non detto" e il mio "obbligo" a fingermi coraggiosa, razionale a oltranza, capace di affrontare ogni problema con il sorriso sulle labbra. Ma non per me, per loro, per i miei figli. Li ho protetti, come una leonessa, con le unghie e i denti, da... dal dolore? Così ho creduto... ma il dolore fa parte della vita, deve essere vissuto, non rimosso, affrontato e gestito. Il dolore rende adulti. Responsabilizza. Se condiviso è più facile da reggere. Se condiviso.   

domenica 17 giugno 2012

Onesto, onestino, onestuccio...


All'interno del Parlamento si scannano. Vecchietti che parevano così distaccati, distinti, pardon, distanti (quando si trattava di aumentare le tasse e tagliare i servizi ai cittadini)  hanno il sangue agli occhi ... Eh, già, l'oggetto del contendere  è la corruzione, qualcosa  che li riguarda da vicino, qualcosa che per molti di loro (non tutti) è carne della loro carne, è struttura portante della personalità, è un modo di essere, prima che di fare, che si è evoluto raggiungendo livelli di complessità tali da richiedere l'inserimento nella normativa anti-corruzione di nuove modalità di reato come la concussione per induzione.
E' il tentativo che uno Stato di diritto fa di imporre per legge un limite al Potere quando mostra il suo volto peggiore, quando non deve nemmeno chiedere per ottenere, quando "induce", non "costringe" a dare o fare. Anche con una semplice telefonata o un aggrottare di sopracciglio. 
Punita in maniera inferiore consentirà la riduzione dei tempi di prescrizione e punirà anche il privato indotto alla dazione o alla promessa. Sappiamo "chi" si è salvato spesso (troppo spesso) grazie alla decorrenza dei termini di prescrizione, e non possiamo non prevedere che molti imprenditori pagheranno in silenzio nel timore di essere incriminati.
Luci e ombre di una legge difficile da scrivere e da far approvare... e mi sono limitata ad esaminarne un articolo, ma il motivo del mio turbamento è un altro. Povero quel Paese che ha bisogno di stilare norme che definiscano l'onestà, tracciandone i confini, differenziandola in classi di appartenenza: onesto, onestino, onestuccio... Povero, e non di denaro, di valori!

sabato 16 giugno 2012

La memoria dell'anima

Come tutti coloro che hanno commesso molti errori, aveva pochi rimpianti, ma uno, un rimpianto tardivo, si era fatto voluminoso, ingombrante: non avere cercato (o trovato?) testimonianze "dirette" della guerra. Si era accontentata di risposte sbrigative, sguardi obliqui... silenzi. Nei racconti dei parenti solo qualche storiella divertente - sempre la stessa - su  quegli anni, quasi la vita si fosse fermata, come nella favola de "La bella addormentata nel bosco" per quei cinque interminabili anni che si erano ingoiati anche la sua prima infanzia, di cui nessuno aveva più parlato.
"Tuo padre non era proprio in guerra... " e giù un sospiro, mentre a sua madre le parole morivano sulle labbra. "La fame, oh! la fame del tempo di guerra! Se l'avessi provata non ti sogneresti di lasciare il cibo nel piatto!" 
"Anche tu mamma avevi fame?" aveva chiesto..
"No, no, io ho sempre mangiato poco... " aveva risposto, cambiando discorso, sua madre.
A confondere le acque, ulteriormente, c'era una guerra "ufficiale" che veniva raccontata a scuola, ma era solo un arido elenco di date, nomi di battaglie, comportamenti eroici di combattenti - sempre gli stessi - che, incuranti del pericolo, morivano con il sorriso e un gagliardo "Viva l'Italia" sulle labbra. Era una guerra senza sangue, senza urla di dolore, senza bestemmie, senza stupri, furti, errori, vigliaccheria... una guerra senza audio e senza video. 
Il marito della zia aveva rischiato, appena ventenne, di perdere una gamba, in Russia, a Stalingrado, e quella ferita che gli percorreva la coscia dall'inguine al ginocchio, ogni tanto se l'accarezzava, mentre lo sguardo si perdeva, lontano, isolandolo da qualunque contesto. "E' la sordità causata, in guerra, dal fragore delle cannonate. E' la sordità che lo isola... " borbottava la zia, ma lei, confusamente, sentiva di non dover andare oltre, di poterla solo spiare quella terra di nessuno, quella terra in guerra, senza porre domande perché per nessuna ci sarebbe stata una risposta. 
La guerra era un mostro invisibile di cui s'intuiva la ferocia dalle unghiate con cui aveva sbriciolato carne e mattoni... Quanti mutilati (anche tedeschi) sulla spiaggia a Lignano, alla fine degli anni Cinquanta, e quante case sventrate lungo la strada che portava alla sua scuola. E suo padre che sputava per terra quando passava un tedesco, ma poi diceva che la colpa era delle sigarette.
"La peggiore delle guerre: una guerra civile!" Ma come?, la maestra le aveva insegnato che civile significava corretto, ammodo, ma suo padre litigava con i fratelli (gli zii) ogni volta che si vedevano in quella Trieste dove i soldati americani e inglesi passeggiavano sui moli con le "mule" triestine. Perché se la guerra era finita i soldati alleati erano rimasti? E la "Cortina di ferro" cos'era? E, anche se origliava, non capiva molto, solo che suo padre la pensava diversamente dal resto della famiglia e che loro (sua madre, sua sorella e lei) erano "messe male" con uno come lui, al quale la guerra non aveva insegnato proprio nulla. 
Non sapeva, allora, che non si parla proprio di ciò che fa più male, non si parla della sofferenza profonda, quella che scardina i principi del vivere civile; della violenza che ci portiamo dentro e che la guerra non solo esalta, ma legittima e premia... Non si parla. Per pudore, per vergogna? Di ciò che si è fatto o di ciò che non si è fatto?
Poi ci fu un vecchio partigiano, durante una manifestazione... Seduta accanto a lui, sui gradini del Duomo di Milano, lo ascoltò parlare e la guerra, il mostro invisibile, prese forma, si animò, ruggì, urlò, pianse, mostrò le ferite inferte per sempre all'anima. "Paura" lei chiese e lui le rispose: "Tanta!" e lo disse senza vergognarsi, fissandola con quegli occhi stanchi, da gatto, che hanno i vecchi. Poi, passandosi una mano gonfia, incerta, sulla faccia sudata, disse "Ho sparato e ucciso, con queste mani, e" aggiunse "è inutile che me lo chieda, se fosse necessario, lo rifarei... E' per questo, grazie a quell'orrore, che siamo qui, lei e io, in questa piazza, a manifestare, a poter manifestare, per evitare che quell'orrore si ripeta" concluse. E sorrise, travasandole dentro quella "memoria dell'anima" che fino a quel momento le era mancata, mentre intorno a loro, sopra il mare di folla, si gonfiavano di vento le bandiere. Come vele.

martedì 12 giugno 2012

Avrei voluto invecchiare...

Avrei voluto invecchiare, vestendomi di rughe e di saggezza: lo sguardo attento, partecipe, di chi ha visto tanto, ha lottato sempre, ha capito qualcosa, ma la curiosità se la porta ancora addosso, come le chiavi di casa... Avrei voluto viaggiare, prendere il treno, un treno e... andare: scoprire angoli di mondo che nulla hanno in comune se non gli sguardi della gente che vi abita. Avrei voluto ridere con i miei nipoti, vederli crescere, diventare uomini e donne... Avrei voluto un quadrato di terra davanti a casa per piantarci i pomodori, e un caminetto, un bicchiere di vino rosso tra le mani, il calore dell'amicizia che si fonde con quello del fuoco.
Ma il ron ron della gatta è l'unico rumore che turba questa notte che scolora nel giorno. Vivere sarà anche oggi fatica e immaginazione, brevi passi esitanti in questa prigione che la vita, la sfiga, il destino, gli errori, la probabilità statistica, mi hanno cucito addosso?

sabato 9 giugno 2012

Autonomia e competenza alla Rai

Autonomia (di scelta e di giudizio) nonchè competenza sembrano richiedere ai pubblici controllori  gli italiani. Non tutti, certamente, ma molti. O ancora troppo pochi? Il dubbio è d'obbligo in momenti, come quello che stiamo vivendo, di incertezza dilagante, della quale il terremoto pare farsi metafora. Sembra si debba ricominciare, sembra si debba cambiare... tutto, o quasi.
Non è da mettere in sicurezza solo - e sarebbe già un compito arduo - un territorio: è un sistema di valori che va salvaguardato, protetto. Dopo averlo recuperato, perché - come in terra d'Emilia - tanto è crollato, molto traballa.
Si rinnovano i vertici delle authority? Si nomina il nuovo presidente della Rai?  Ai candidati si richiede solo questo: autonomia e competenza. L'una e l'altra, non l'una o l'altra. Entrambe. Si ha l'impressione di chiedere la luna e, a proposito di nomine, solo coloro che si muovono nell'orbita della Bocconi, e/o del contiguo mondo bancario/finanziario, rispondono ai requisiti richiesti? Eh sì che la categoria in esame non risulta essere reduce da una stagione di successi... 

giovedì 7 giugno 2012

I gattopardi non sono una fauna in estinzione...

"La sordità dei gruppi dirigenti a ogni sollecitazione di cambiamento nella gestione delle istituzioni, è parte di un codice genetico incurabile... " scrive Norma Rangeri sul "manifesto" a commento delle nomine decise, ieri, ai vertici delle Authority. Io, come Salvatore Lo leggio (che ci invita a leggere l'articolo), vedo svanire di nuovo ogni speranza di cambiamento e non so se prevalga in me la rabbia o lo sconforto.
Di nuovo - dopo tante, troppe, belle parole - ci si siede a un tavolo non per discutere di competenze, di controlli efficaci a tutela dei cittadini in settori delicatissimi quali la privacy e le comunicazioni, ma per accordarsi sulla spartizione della torta. E' il potere l'oggetto del contendere: quello perso, quello da conquistare o riconquistare, da gestire per arricchirsi. E i cittadini? Sono solo polli da spennare, perché tutto continui a funzionare. Come prima, come sempre. 
E Bersani cosa fa? Mercanteggia? Con Berlusconi? In vista dei futuri accordi sul controllo televisivo, fa capire con chiarezza che si può trattare. 
Come prima, come sempre, perché nel nostro paese i gattopardi non sono una fauna in estinzione...

mercoledì 6 giugno 2012

Luce estiva

La gatta ti insegue
luce che saetti,
tenta di'imprigionarti
con zampe di velluto
poi,
trafitta da un raggio,
t'abbandona.

Luce sapiente
perché
ancor mi scruti
con occhi di topazio?

Della fatica
mia
ogni traccia conosci,
del pudore
mio
ogni batter di ciglia

Già tutto sai
sguaiata luce estiva
che
come femmina
incedi
su rossi sandaletti
e tacchi a spilllo...

Cosa vuoi?

Infuocar l'aria
a riportar dell'estate
il sapore?
E
di  quel ballo
il ricordo?
Quel lontano fruscio di seta,
le sue mani
le mie...

Luce stordente, invadente
che te ne fai dei ricordi,
manciata di scintille
rubata a un fuoco spento...


domenica 3 giugno 2012

La speranza non presenta il conto


La speranza è sempre lì, untuosa come un prete cattolico, a sussurrarti: “Prega, prega… Dio ti ha voluto mettere alla prova!”
La speranza non demorde: è illogica, non consequenziale, fa pensieri da bambina sventata perché dei bambini possiede l’ottusa innocenza. Altrimenti che speranza sarebbe?
Non occorre tenerla viva, alimentarla, tanto lei non cede mai. Le basta uno squarcio azzurro in un cielo nuvoloso per immaginare il sereno, il riflesso appena accennato dell’alba per “vedere” il giorno. E’ paziente. Sa attendere, ma non supinamente in silenzio, oh no, scorrazzandoti intorno festosa in un’atmosfera da vigilia di nozze.
E’ gratuita, non presenta il conto come farebbe uno psicanalista, e in tempi di vacche magre come quelli in cui viviamo non é poco. Non è bugiarda, solo fantasiosa, creativa.
Vola… e qualche volta arriva nel posto giusto, al  momento giusto. E sorride. Un po’ impacciata.
Suppongo non ci credesse più, nemmeno lei...

sabato 2 giugno 2012

Questa è anche la terra dei Cervi, non dimentichiamolo.

Mi sveglia il primo chiarore dell'alba e penso a "loro". Saranno già in piedi, davanti alle macerie? Non a rimirarle, a calcolare quante carriole ci vorranno per fare un po' di pulizia. Uomini e donne, vecchi e ragazzi... mentre la terra trema sotto i loro piedi e le tendopoli si animano di brusii. Sorridono, anche quando la voce s'incrina, questi emiliani, sorridono anche in mezzo alle macerie.
"Il terremoto mi ha messo in ginocchio, non K.O." dice uno di loro all'intervistatore, poi si rimette il berretto sulla testa e fa capire che non può perdere tempo. Questa è anche la terra dei Cervi, non dimentichiamolo.