domenica 29 gennaio 2012

"E' un gran brutto inverno, nonna, anche questo del duemiladodici...

Buon segno: la gatta, tranquilla, si è pappata la sua scatoletta di salmone  - penso, vagamente rassicurata, mentre il rumore di una macchina in corsa rompe il silenzio che batte alle mie finestre. I ritmi lenti della domenica non mi riguardano: per me - pensionata - è sempre domenica e nemmeno la voglia della terra di ballare la samba  si farà condizionare dal giorno festivo. Ricordo le parole di mia nonna, riferite a quell'inverno terribile del Millenovecentoventinove, i suoi ricordi che sfarfallavano nell'aria insieme alla farina, mentre con il mattarello tirava la pasta... "Tuo nonno aveva perso il posto ai Cantieri - non c'era lavoro, non c'erano soldi, mandavo tua madre, che si vergognava come una ladra, a prendere il pane "a puff" (a credito), raccomandandole di dire, al momento di pagare, di metterlo sul conto... e pure il tempo sembrava avercela con noi. Mai visto un inverno così rigido. Forse dipendeva dalla fame che ci rendeva deboli. Dalla terra spaccata dal gelo solo qualche cavolo emergeva. Mezzo gelato. Patate, cavoli e tagliolini di farina impastata con l'acqua - questo si mangiava. Noi donne, con i bambini più grandicelli dietro, andavamo per i boschi a fare legna, ma il freddo era terribile, gelava l'aria ma anche la speranza di un futuro. Al mattino, ai bambini che andavano a scuola si dava un pezzo di  legno e un po' di pane scuro. Avevano lo stesso colore e lo stesso gusto, quello della segatura".
Millenovecentoventinove duemiladodici... Ho l'età di mia nonna, ma non il suo indomabile coraggio.
Quando la terra, l'altro giorno, ha sussultato e ha  tremato rabbiosa, ho pensato a lei e ho sussurrato: "E' un gran brutto inverno, nonna, anche questo del duemiladodici..."

giovedì 26 gennaio 2012

Il talento dell'inganno


                   Io vorrei crederLe  ministro Passera, vorrei credere alle lacrime - così femminili, tenere – della ministra che non regge la parola “sacrifici”, al presidente del Consiglio Monti. Siete così educati, così impegnati a salvare il Paese, così laboriosi. Abili, molto abili. Una se ne sta lì, tutta attenta, cercando di cogliervi in fallo sulla consequenzialità dei ragionamenti esposti… e tutto fila. Le risposte sono lunghe, articolate ma, a volte, sorprendono con un esempio stringatissimo che farebbe capire una realtà complessa anche a un bambino. Non dimenticate che non tutti hanno la disgrazia di nascere intelligenti. Come voi.
Riuscite a farci vergognare di dubitare della vostra buona fede. Non siete bugiardi, siete ambigui e l’ambiguità è affascinante, è il gioco intellettuale del dire e non dire, dell’affermare e negare…
Avete cambiato nome all’Ici, giustificandone la reintroduzione e la rimodulazione con la solita logica stringente.
“Come non abbiamo introdotto una patrimoniale?” rispondete alle nostre angosciate e rabbiose domande.
“L’Imu colpisce la ricchezza immobiliare, non il reddito (leggi affitto) che da essa promana”. Siete professori, siete tecnici: conoscete la differenza tra patrimonio e reddito e – pazienti come sanno esserlo solo gli insegnanti, abituati a dissodare terreni incolti – puntualizzate.
Ma noi (poveri Cristi) parlavamo del bilocale in periferia acquistato con un mutuo trentennale, e intestato a noi (noi che l’abbiamo comprato e spesso non ancora pagato), e non ci sembrava potesse essere considerato "Patrimonio", come quello di chi, di case, ne ha parecchie, ma è sufficiente le intesti a società immobiliari di comodo o a vecchietti rincitrulliti, che dagli ospizi in cui sono ricoverati si son messi ad acquistare immobili come fossero caramelle, per aggirare l'onerosità fiscale connessa alla seconda, terza, quarta... casa di proprietà. Così la legge colpisce, o dovrebbe colpire, chi è più ricco, ma tassa chi è meno abbiente.
Soltanto voi avete il potere (parola che chissà perché sconvolge il presidente Mario Monti), il talento, l’esperienza acquisita in decenni di frequentazione del e con l’inganno, per stanarlo.Voi che conoscete tutte le tortuose strade del malaffare legalizzato – e per questo motivo siete stati scelti come consiglieri delle società più prestigiose, quelle misteriose multinazionali che sembrano, come public company, non appartenere a nessuno ma sono invece saldamente nelle mani di qualcuno - voi che non avete problemi di elettorato da scontentare, perché non legiferate in modo chiaro, lineare, impedendo che “fatta la legge si trovi l’inganno”? Perché siete voi che sulla capacità di creare quegli inganni avete costruito le vostre carriere, il vostro successo, quella ricchezza di cui il presidente Mario Monti si dichiara orgoglioso, ritenendola il giusto compenso che remunera, è corretto remuneri, il talento.
Ora, delle due l'una: o crearli o scovarli, gli inganni. Altrimenti, senza questa imprescindibile scelta morale a monte, come credere a quel Giano bifronte che è attualmente il "Governo tecnico"?



martedì 24 gennaio 2012

La mia mamma lavora, e la tua? La mia no, "sta a casa"


In questo momento (in particolare) è sulle donne che si regge il Paese. Questo invisibile esercito senza bandiera, senza fanfara e senza uniforme, sparpagliato su tutto il territorio nazionale, ha piegato ancora un po' di più la schiena e... tira avanti! La sveglia posizionata un'ora prima del solito, il sugo e le polpette cucinati sbadigliando, un occhio al fornello e uno all'orologio, mentre la notte sbiadisce e il chiarore dell'alba accende la cucina di colori. Il sugo pronto costa caro e la carne tritata sempre carne è... Bisogna fare i conti con la spesa che costa sempre di più. Bisogna fare come Monti per fare quadrare il magro bilancio familiare: tagliare, tagliare e ancora tagliare!
"Come fai a spendere così poco?" chiedono le donne senza figli, quelle che si sono date alla carriera, quelle che guadagnano (quasi) come gli uomini, e qualche volta sembrano avere dimenticato a casa - come l'ombrello in un giorno di pioggia - la loro femminilità. O essere state costrette a farlo.  Ma sono comunque poche, troppo poche per contare ai fini di una statistica seria; sono le donne di cui si parla affermando che "costituiscono l'eccezione che conferma la regola". Quella regola che ci vede - soprattutto in periodi di crisi come quello che stiamo vivendo - ben lontane, in tutti campi, dalla parità.
"Come faccio a spendere così poco?" La risposta è immediata: "Non compro nulla" e poi, dopo un secondo di ripensamento, quell'aggiunta "per me!" Perché per i figli, per soddisfarne oltre i bisogni anche i desideri, le madri si scannerebbero.
Il livello medio di produttività della donna italiana soddisferebbe sia Mario Monti sia - udite, udite - l'insaziabile pretenzioso Marchionne! Lavoriamo, se e quando ci venga concesso, e "stiamo a casa" ( la mia mamma lavora, e la tua? La mia no, "sta a casa"). Casa, dolce casa, dove non smettiamo di trafficare,  limitandoci  soltanto a farlo gratuitamente, come si trattasse di uno "straordinario" quotidiano, non pagato e senza limiti di orario. Prima (al tempo delle nostre mamme e nonne) in silenzio; ora - grazie a Dio, ma soprattutto al femminismo - protestando, sbraitando e, ogni tanto, incrociando le braccia. Arrabbiate, ma mai abbastanza.
Eppure gli imprenditori preferiscono, a parità di bravura, i nostri colleghi maschi, soprattutto quando entra in ballo la carriera. Non si sa mai, le donne potrebbero restare a casa, giustificate da quella "malattia" che è la maternità per tornare sì in azienda dopo qualche mese, ma rincitrullite: non si sa quanto dalla stanchezza per le notti perse, quanto da quell’inaspettata tenerezza che ci fa ritrarre le unghie. Quelle che servono per fare carriera. Che poi non tutte vorrebbero farla (la carriera) ma ci piacerebbe poter scegliere. Avere - hanno creato anche un ministero - pari opportunità. Sarebbe bello e sarebbe giusto se il destino biologico non diventasse, automaticamente, destino sociale!
Qualcuno/a ha sentito Monti e il suo governo di tecnici accennare alla questione femminile?
Sarebbe bello e sarebbe giusto se quella parola, equità, richiesta a gran voce dal Paese, comprendesse anche la parità tra i sessi, che ancora è ben lungi dall'essere stata conquistata. Stesse opportunità di lavoro, stessi stipendi, servizi sociali a disposizione delle donne per assistere anziani e bambini - senza allungare il lavoro delle donne/nonne  - ben oltre qualunque accettabile limite d'età. E' usurante anche il doppio/triplo lavoro femminile!

sabato 21 gennaio 2012

Storia di nebbie e acquitrini (Puntata n°20 - Seconda parte)

"Scusami Gualtiero, ma l'emicrania, la mia solita emicrania... " sussurrò Marilena, alzandosi.
"Disturbo frequente nelle donne, quasi le loro fragili testoline se troppo usate... " e, senza concludere la frase, il padrone di casa, chiamò il cameriere e poi, evidentemente infastidito dopo avere accennato  appena un rigido inchino, voltò le spalle alla coppia e, al braccio della moglie, si avvicinò a un gruppetto di invitati. Una donna gli si fece incontro: alta, elegantissima, la bocca troppo rossa che esibiva un sorriso studiato.
"Come mai i... i... " chiese, aspettando che il suo interlocutore le suggerisse "Debosi", prima di concludere dicendo: "Ah già, i Debosi! Come mai se ne son andati in tutta fretta?". Incuriosita, seguendo con lo sguardo la coppia che usciva dal salone, domandò: "Chi sono, non li ho mai visti nel nostro ambiente?". Incurante della risposta, rivolgendosi alla moglie del padrone di casa, quasi all'orecchio, le sussurrò: "Lui è un contadino "rifatto", e non lo nasconde, ma lei, lei... che donna è?". "Altezzosa, arie da gran dama... Una donnetta cresciuta dalle monache, a mio avviso... " le rispose l'altra, aggiungendo "neanche una gran bellezza. Fa più effetto da lontano, con quel fisico snello, da ragazzina. Da vicino si vede che non è più giovanissima!" 
Il marito la guardò, le guardò, con quelle labbra troppo rosse che eruttavano malignità, cattiverie gratuite e pettegolezzi. Quella Marilena Debosi non era una donnetta abituata a darsi delle arie. In lei aveva colto una sensibilità ferita nel profondo, un'insicurezza, se non esposta, certamente non celata. Si chiese cosa avesse a che fare con quel marito, fascista grossolano ma puntiglioso... Aderire al fascismo comportava anche questo: frequentare persone che non avrebbero mai, in condizioni diverse, avuto accesso alla sua casa. Quella marmaglia in camicia nera non gli piaceva, ma con Mussolini e i suoi squadristi gli operai delle fabbriche non avevano più osato alzare la testa. Ora complottavano nell'ombra, e quel Debosi, in fabbrica, si era rivelato prezioso.
"A cosa stai pensando? Quella donnetta ti ha ignorato? Anche se le hai ronzato intorno, come un calabrone, per tutta la serata... Ti ho visto sai! Non la smetti di umiliarmi, anche davanti ai nostri ospiti... "
La voce della moglie lo raggiunse, petulante, strappandolo ai suoi pensieri. La guardò, sprezzante, pensando che, come al solito, non aveva capito nulla. La moglie di Debosi l'aveva sorpreso e... incuriosito. Non era riuscito a inquadrarla, a classificarla. Una donna enigmatica, in un certo senso inaccessibile, distante, armoniosa più che bella... "
"Mi sembra sia tu, mia cara, a comportarti da donnetta! Cerca di ricordare chi  sei!" le sibilò, mentre il suo sguardo impietoso coglieva i primi cedimenti nell'ovale del suo volto, le rughe sottili che circondavano gli occhi appesantiti dal trucco e la ferocia incattivita che lo sguardo lasciava trapelare.

(continua... )

giovedì 19 gennaio 2012

I tecnici non bastano


Tassisti in piazza, farmacisti sul piede di guerra, benzinai in rivolta... I notai e gli avvocati, per il momento, tacciono; non è nel loro stile inscenare simili gazzarre: sono soliti muoversi a passi felpati nei palazzi del Potere. Il governo Monti è passato alla fase due: agguantata l'Italia per la collottola - quando già oscillava sul bordo dell'abisso - dovrebbe, ora, farla crescere.
Farla crescere in che senso? Cosa intendono i "professori" quando parlano di crescita? Aumento della produttività: del lavoro e della spesa pubblica. Tanto per iniziare. Poi dell'occupazione, quindi, consequenzialmente, dei consumi, della produzione, delle esportazioni... 
Fior di tecnici, decine di esperti sono al lavoro; sembra di sentirlo ronzare questo Paese, nei rari momenti in cui cessano le urla, scema la gazzarra e qualche attimo di silenzio ci concede di riflettere: argomento per argomento e settore per settore.
Aumento della produttività del lavoro, dice Monti, sulla scia di quanto afferma Marchionne. Lavorare meglio e lavorare di più. Ora - su questo punto le nuove regole sono già state approvate dal Parlamento - anche lavorare più a lungo. Essere pagati meno nonchè licenziati in qualunque momento (la "giusta causa" cos'è? Il motto di un'associazione calcistica?) e riassunti alla bisogna. Ah, dimenticavo: con moneta, l'euro, il cui potere d'acquisto continua a ridursi a causa dell'inflazione, in un Paese i cui per legge è stata bandita ogni forma d’indicizzazione legata al costo della vita. (A esclusione dei poverissimi che non costituiranno un problema perché ce li toglierà dai piedi la fame!).
Sussurrare, dire, gridare, urlare fino a spolmonarsi che il "personale" è un costo sì, e quindi è da comprimere a livello aziendale, ma che dietro a quel costo ci sono Persone e quindi Vite che vanno in pezzi se non sono maneggiate con un po' di cura... è inutile. Non sono oggetti quelli che la catena di montaggio, i ritmi forsennati e i rischi sempre più elevati della vita in fabbrica fanno a pezzi; sono uomini, gli stessi che Landini definisce "rotti"... E lui, Landini, lo sa perché in mezzo a quegli uomini ci vive, li ascolta e il suo lavoro è difenderli. Perlomeno tentare di farlo.
Poi si potrebbe discutere sulla produttività della spesa pubblica, erosa dagli sprechi, dispersa nei mille rivoli della corruzione e delle ruberie… ma, a questo punto, sulla produttività, sullo sviluppo, sul profitto, sul mercato e infine sull'etica del denaro (che dovrebbe ridiventare mezzo per soddisfare bisogni) saremo/siamo costretti a confrontarci. Non soltanto in termini economico/finanziari.
Il dibattito incentrato sullo sfasamento tra progresso e sviluppo non è una novità, ma la tecnologia e la globalizzazione hanno cambiato il mondo imponendo tempi rapidi, rapidissimi, e acutezza nell'analisi dell'attuale crisi. Il capitalismo, grande obeso avido di profitti, deve/dovrebbe essere messo a dieta. Ma, come per ogni obeso che si rispetti, estirpandogli la voglia di cibo dal cervello e non soltanto scaraventando il frigorifero fuori dalla finestra.
Come si estirpa dalla testa di un corrotto l’avidità; come e, soprattutto, quanto tempo ci vuole, per trasformare un ladro in galantuomo?
A volte ho la sensazione che stiamo lottando per mantenere in vita un decerebrato. Forse siamo già morti e non ce ne siamo accorti. Forse siamo già "passato" e pensiamo di essere "presente". Penso che, con queste modalità, stiamo precludendo, soprattutto ai nostri figli, un futuro. 
Il Paese ha bisogno di regole, ma anche di passione. Morale e civile. Ha bisogno di tecnici, ma anche di politici.
Dove sono?
Come Schettino e i suoi ufficiali, scappati – non certo scivolati – su una scialuppa, guardano la nave Italia affondare, balbettando e mentendo come bambini sorpresi a rubare la marmellata.  



mercoledì 18 gennaio 2012

Schettino e Scilipoti

Giace, parzialmente sommersa, la Costa Concordia, arenata come una balena ferita a morte  a pochi metri da terra. E fa pensare... rendendo stridente il confronto tra la nave scintillante di luci come un albero di Natale illuminato a festa, e questo bestione che qualcuno - con incredibile leggerezza - ha diretto "per errore" sugli scogli.
Tutta l'Italia oggi conosce il capitano Schettino, il suo balbettio confuso, la sua voce impastata, i suoi riflessi intorbiditi di uomo che nulla sembra avere del "capitano coraggioso".
Gli uomini di mare - io sono triestina - nel nostro immaginario, e non solo, sono un po' più uomini degli altri: sfidano il mare, le sue tempeste, le sue insidie. Conoscono i venti, fiutano l'aria come segugi ma, soprattutto, non abbandonano la nave, la loro nave che è casa, rifugio, cuccia, che è parte di loro, come la chiocciola per una lumaca  o un paguro. E non abbandonerebbero mai gli uomini loro affidati. Il Comandante di una nave unisce in matrimonio, cala in mare i morti, prende le decisioni, non è un "guascone" che fa smargiassate.
Il capitano Schettino diventa la metafora di un Paese allo sbando, il capro espiatorio sul quale far ricadere la causa di tutto quanto è  - incredibilmente - avvenuto.
Aveva bevuto il Comandante? Perché non bevono e si drogano centinaia di ragazzi ogni sabato sera e poi, inebetiti, si mettono al volante di macchine potenti e alimentano una scia di sangue tale da essere definita la "strage del sabato sera"? Ma loro, gli imberbi guidatori sono giovani, inesperti... ma intanto questo è il loro apprendistato. E' così che diventano adulti: bevendo, impasticcandosi e mettendo a repentaglio non solo la loro vita ma, anche  e soprattutto, la vita degli altri, quegli altri che per loro sono il nulla.
Sta mentendo il Comandante? Sta mentendo senz'altro quando afferma di non avere abbandonato la nave. Esistono, benedetta la tecnologia!, fior di telefonate che non lasciano dubbi. Ha mentito ai passeggeri sulla reale entità del danno? Perché un altro Comandante, non meno "guascone", non ha mentito al popolo italiano sulle reali dimensioni del disastro al quale ci ha condotti, invitandoci, esortandoci a "spendere, spandere e goderci la vita?"
Per concludere: Scilipoti sta in Parlamento? E Schettino stava sul ponte di comando della più grande nave da crociera prodotta in Italia. E ancora - come ha correttamente affermato un cronista televisivo - il comandante Schettino non viene da Marte, non è calato sulla nostra terra direttamente da un'astronave; è stato selezionato, preparato, "confezionato" e, poi, posto al comando della Costa Concordia dallo staff della Costa Crociere, affiancato dai suoi ufficiali di bordo, soggetto - presumo - a dei controlli. 
Oppure no?
In questo nostro Paese, così bello, così ricco di intelligenza e fantasia, dove sono i "migliori"? E come - e soprattutto perché - la selezione individua e premia, con sempre maggiore frequenza, i "peggiori"? 

lunedì 16 gennaio 2012

Storia di nebbie e acquitrini (Puntata n°19 - Seconda parte)


"Signora Debosi, è sempre così silenziosa?" Marilena sollevò il volto e incontrò lo sguardo del padrone di casa, quello sguardo che l'aveva seguita, tallonata, appiccicoso e disturbante, per tutta la serata. Non rispose, limitandosi a sorridere.
"Fuma?"
"No".
"Le dà fastidio se... ?"
"No".
"Le farei un'altra domanda, ma mi sembra sintonizzata sul no... " e rise, sentendosi spiritoso. Lui, uomo di mondo, se avesse voluto, se la sarebbe ingoiata in un boccone quella piccola borghese arricchita. Aspirò il fumo della sigaretta e si sedette accanto a lei sul divano. Vicino, tanto vicino da sentire il profumo della sua pelle, da cogliere la piega delle sue labbra, da intravedere nel suo sguardo quel fastidio appena dissimulato.
La moglie del padrone di casa, pur chiacchierando con una coppia a bassa voce e ridacchiando, non li perdeva d'occhio. Suo marito non si sarebbe lasciato scappare, come era solito fare, la donna più affascinante della serata, ma ciò che la stupiva non era l'abituale corteggiamento fatto davanti ai suoi occhi, ma che lei ancora ne soffrisse. Che si sentisse umiliata, offesa e... impotente. 
"Scusatemi, le mie incombenze di padrona di casa mi obbligano... " mormorò, voltando le spalle all'uomo che le stava raccontando qualcosa che lei non aveva nemmeno udito.
Veleggiò elegantissima e sicura attraverso la stanza, una mano che con grazia sollevava appena l'abito aderente che portava per consentirle il passo, esibendo sorrisi e sicurezza al suo passaggio.
"Avrei dovuto dedicarle maggiore attenzione... Si sentirà un po' spaesata?" disse, rivolta a Marilena. E senza lasciarle il tempo di rispondere, continuò: "Ma vedo che mio marito mi ha sostituita egregiamente" e, a voce alta, quasi Marilena fosse sorda, aggiunse "com'è sua abitudine!"
Ci mancava soltanto la gelosia della padrona di casa a rendere quella serata ancora più fastidiosa - pensò Marilena. La falsità delle chiacchiere volutamente superficiali, oltre ad annoiarla, la disturbava. Avrebbe voluto avere il coraggio di rassicurare la donna che le stava di fronte, la fronte corrugata e gli occhi pieni di rabbia repressa, dicendole: "Stia tranquilla, questo tricheco grasso e arrogante non lo vorrei nemmeno se me lo regalassero. Ho già il mio peso, la mia zavorra di pietre da reggere sulle spalle... A ognuna il suo" - si disse, ma dalle sue labbra non uscì parola, mentre si limitava a rispondere con il suo solito enigmatico sorriso, gli occhi che cercavano Gualtiero.
"Ha visto mio marito? Sono piuttosto stanca e vorrei andare a casa" mormorò rivolta alla coppia che si fronteggiava ostile. 
"Vado a cercarlo... " rispose la donna distogliendo l'attenzione dall'uomo che la fissava infastidito.
"Mi dispiace non si sia divertita... " aggiunse pensando 'Si dà anche delle arie da gran dama questa donnetta... "
In quel momento il marito uscì dallo studio e cercò la moglie con lo sguardo.
Si avvicinò sicuro,  l'orgoglio per il nuovo, prestigioso incarico appena ottenuto, che lo rendeva ancora più impettito.

(continua... ) 

domenica 8 gennaio 2012

Mario Monti: gatto, volpe o faina?

Ieri sera sera, a "Che tempo che fa" ho visto un gatto (?) bianco e grigio, cravatta azzurro intenso, giocare con un topolino. Seduto sull'orlo della poltrona, il presidente del Consiglio Mario Monti, volto serio ma non serioso, studia le parole a una a una, ne fa frasi brevi, concise, intervallate da pause a effetto; ma l'eloquio ormai lo conosciamo, quindi è sul linguaggio gestuale - che non risulta facile controllare - che s'appunta la mia attenzione.
Fabio Fazio ha una bella lista di domande birichine; il problema è che s'accontenta di risposte evasive e pure false. Inoltre perde la concentrazione quando l'interlocutore, ad arte, lo loda.
"Avremo altre tasse o basterà questa manovra e, soprattutto, possiamo ora considerarci "salvi"? E la Tobin tax? La Francia  e la Germania vogliono applicarla, ma l'Italia? Ricorda l'opposizione di Berlusconi? E quel mare di denaro assegnato alle banche europee dalla Bce? Ma non sono loro - le banche - le maggiori responsabili della crisi attuale?".
"Dovrebbero bastare le tasse contenute nella manovra appena varata, anche se il condizionale è d'obbligo..." risponde il gatto, e intanto lo studia, il topolino, mentre passa al mondo (e ai problemi) del lavoro, e conclude, sguardo trionfante, chiedendo l'opinione del Presidente sul blitz fatto dalla Guardia di Finanza a Cortina.
Ma è sulle banche (di cui è stato consulente per anni negli Usa) che Il gatto diventa volpe.
Di botto cambia espressione, abbassa lo sguardo. Anche lui. Come Trentin alla prima intervista seguita all'eliminazione della scala mobile. Come Bersani quando appoggia il Governo, questo governo, ma affermando che lo fa per i giovani, perché abbiano un futuro.
E chiede, il Presidente, ma imponendolo senza attendere la risposta come chi allunga la mano sui biscotti pronunciando un "Posso?" puramente formale, di spiegare, "di fare il professore". La cultura, come la ricchezza, non vanno esibite, men che meno ostentate, ma - ovviamente - utilizzate.
Parte quindi da lontano...
Le banche, beh! bisogna fare una premessa: negli anni Sessanta e Settanta il mercato, non ancora Mercato, era stato messo al bando, regolamentato in maniera eccessiva. Diciamo: soffocato. Poi, ai tempi della Thatcher e di Regan, la situazione cambiò e il mercato s'impose, soprattutto il mercato finanziario, e i politici non si opposero, anzi s'inchinarono(?) abdicando un po' troppo ai loro doveri. Le leggi, che pure esistevano per regolamentarlo, non venivano applicate. (Le leggi non venivano applicate? Professor Monti, le leggi?) La Finanza s'impose, assunse un peso eccessivo e il sistema subì un primo scossone. Fortissimo. 
Il mercato fu salvato (a spese dei contribuenti, facendo salire il debito pubblico) per evitare il disastro.
La volpe ammette le responsabilità dei politici (e delle banche); il topo gongola, convinto di aver messo alle strette quello che ancora crede sia un gatto, l'altro lo loda, lui, Fazio, s'imbroda e il Presidente passa alla crisi. Basta dietrologia, lo sguardo va rivolto al futuro, in senso strategico, adottando tattiche che tengano conto del presente. E' la crisi il vero problema, quello di cui ci si  deve occupare. Ora. Poi si penserà a regolamentare un po'(?) il mercato. 
Pardon Professore, sarebbe più corretto dire: a emanare nuove leggi in sostituzione di quelle abrogate!
Fazio non tenta nemmeno d'interromperlo deglutendo soddisfazione e timore reverenziale per la lezione graziosamente impartita.
L'altro è tutto concentrato sulla tattica attuale, il passato è alle spalle, le responsabilità ci sono, ma ci si deve occupare e preoccupare di consentire un futuro al Paese. Ora la priorità è fare cassa e far  ripartire il mercato. Non c'è tempo per punire i colpevoli. (E nemmeno la voglia di farlo, aggiungerei io)
"Ma le banche italiane sono sane?" domanda Fazio, occhieggiando sulla lista delle domande.
"E Unicredito?" Ma il Professore si è stancato di fare lezione a un allievo ottuso e si limita a borbottare/dare una risposta squisitamente tecnica.
E ora passiamo al lavoro. Qui la volpe non si nasconde più.
I giovani devono lavorare, poche balle!, il lavoro si aggancia alla produttività, altro che regole d'oro o principi. Senza profitti le imprese licenziano. Quindi la priorità in questo campo è rappresentata dai profitti. Tutto ciò che consente di conseguirli è ammesso. Anche licenziare il personale per delocalizzare l'impresa in Serbia? Come è successo per l'Omsa che ha cercato non il profitto (che già conseguiva), ma un più alto profitto? L'imprenditore che delineano le sue parole è Marchionne, che non viene nemmeno nominato, ma aleggia nell'aria come un convitato di pietra. 
La Ministra piagnona - precisa - è comunque impegnata in incontri bilaterali, un sindacato alla volta per carità, per sentire i rappresentanti sindacali; senza ascoltarli, tanto i giochi sono fatti, ma la forma è  salva.
Quanto all'euro non diciamo sciocchezze. Ha conservato il suo potere d'acquisto in questi dieci anni. Parola di economista!
A parte l'iniquità iniziale che ha favorito i detentori di beni rispetto ai salariati, agli stipendiati e ai pensionati, questa  domanda Fazio avrebbe  dovuto rivolgerla alla moglie del Presidente che forse, anzi sicuramente, fa la spesa... Chieda a lei, alla sua signora se la spesa dieci anni fa costava come ora. Il problema è il debito, quello pubblico. No, professore! sono i debiti, quelli nostri, quelli di una classe media che non arriva più alla fine del mese.
Ormai il Presidente è rilassato: ridiventa gatto e gioca, le zampe diafane e morbide hanno rinfoderato le unghie. Il linguaggio gestuale privilegia le mani che, a differenza della mimica facciale, soprattutto dello  sguardo, sottolineano il discorso ma non tradiscono le emozioni.
Conclude lodando la ricchezza. Che va rispettata! La povertà no, professore?
Quindi sì alla lotta agli evasori, ma con rispetto e misura. Non si sa mai, potrebbe capitare di trovarsi faccia a faccia con un amico o un amico di un amico. Il gatto ha ceduto il passo alla faina.
E, per concludere, questo è l'uomo che avrebbe avuto i numeri per opporsi a Berlusconi. Ma avrebbe dovuto fare una scelta politica e lui dichiara di non essere un politico (?). E' un talentuoso che è diventato ricco in virtù delle sue capacità, dei suoi meriti. Ma sembra dimenticare che molta della ricchezza italiana è nata, e nasce anche oggi, dalla corruzione, dal "sommerso" e dall'evasione.
E' uomo ricco, potente e preparato.
Ma i potenti non si combattono sempre. A volte si alleano per diventare ancora più forti. 

sabato 7 gennaio 2012

Storia di nebbie e acquitrini (Puntata n°18 - Parte seconda)

Si abbracciarono: barbe lunghe, volti smagriti, abiti che sapevano di fughe e paura. Di fatica e di sudore. Si abbracciavano come fratelli, con quel pudore burbero che gli uomini scaricano in manate violente, in pugni che nascondono carezze.
"Professore, li hai fregati anche questa volta!" 
"Se non ci fosse stato Mario... e gli altri, tutti gli altri... " rispose Piero, recuperando l'abituale fermezza.
"Abbiamo saputo di Primo".
Di nuovo il dolore li unì, li amalgamò, li fuse in un desiderio unico di giustizia. La rabbia indurì i loro occhi, accese i loro sguardi...
"Lo vendicheremo!" sussurrò l'uomo più giovane. Poco più che un ragazzo, le mani callose di chi ha cominciato a lavorare - e duramente - già da anni, il berretto posto di traverso sul capo, la giacchetta di tela grezza tipica degli operai, era entrato a fare parte dell'organizzazione da pochissimo tempo: con entusiasmo e una gran voglia di usarle, quelle sue mani forti e ruvide, per prendere a pugni il mondo. 
Allungando un braccio, colpì il tronco di un albero; uno dei tanti che ombreggiavano il viale che il gruppo aveva imboccato uscendo dalla stazione.
"Stai calmo; ogni cosa a suo tempo!" lo ammonì Pietro, guardandosi intorno diffidente. "Non facciamoci riconoscere subito" precisò e poi, con un sorriso ironico, concluse "Gli svizzeri non amano gli italiani, si limitano a tollerarci e, quando conviene loro, a sfruttarci".
"Ah! Hai toccato un punto dolente: i padroni sono padroni dappertutto. E' vero Giovanni?"
L'operaio più giovane, prendendo un sasso a calci, rispose: "Come dice il Professore, 'ogni cosa a suo tempo!' Prima pensiamo ai fascisti, poi sarà il turno dei padroni... "
Piero sorrise dicendo: "Non ne resteranno molti, padroni intendo, in circolazione, dopo avere fatto  piazza pulita dei fascisti."
"Non tutti i padroni sono fascisti, e noi operai senza le fabbriche... " borbottò Mario, dubbioso.
"E le fabbriche senza operai? E' sul vostro lavoro che si regge l'economia, sulle vostre mani piene di calli, sulle vostre schiene piegate. Siete voi la vera forza del Paese!" esclamò Piero, gli occhi scuri che si mangiavano il volto pallido, sciupato, mentre le labbra si serravano irrigidendo la mascella.
"Se non mangiamo qualcosa e non ci facciamo una belle dormita... Altro che forza, Professore, finiremo per non reggerci in piedi; come gattini senza latte" sdrammatizzò Mario, stringendosi nel mantello e affrettando il passo.

(continua... )

giovedì 5 gennaio 2012

Ora si vuole lasciare libero spazio anche ai padroni/predoni?

MAI PIU' OMSA!!  Calzettoni di lana, calzini di cotone rubati ai compagni o ai figli, calze di qualsiasi foggia o marca, ma OMSA no. Mai più! Quando allungate in fretta le mani (noi donne di tempo ne abbiamo sempre poco e la fretta ci potrebbe indurre in errore)  e riempite il carrello, quando scegliete un paio di calze per un incontro "proibito", quando mettete la minigonna per sentirvi giovani o i collant di lana per "stare" calde... ricordate i volti di quelle operaie, i loro sguardi, il coraggio (quel proverbiale coraggio che accomuna noi donne e che riemerge, caparbio, nei momenti più duri) che hanno dimostrato e dimostrano...
Si sta approfittando di una crisi durissima - provocata dai soliti noti - per fare del mercato del lavoro un Far West, dove l'unica legge sia quella del più forte. E' già stato fatto sui mercati finanziari dove per anni hanno scorrazzato i banchieri predoni.
Ora si vuole lasciare libero spazio anche ai padroni/predoni?
Il ciclo produttivo è fatto di uomini e donne e da uomini e donne, non solo di materie prime che si trasformano in prodotti finiti. E gli scaffali dei negozi sono vuotati da uomini e donne. Prevalentemente le seconde. Ininfluenti come singoli, ma potenti quando il numero li/le porti ad essere categoria socio/economica. In questo caso consumatori.
Stare insieme, fare numero, deve diventare la forza di chi singolarmente non ha voce. Se così non fosse perché il ministro Passera e la ministra dalla lacrima facile avrebbero deciso di incontrare singolarmente i rappresentanti sindacali? Dopo avere neutralizzata la Fiom, il sindacato più numeroso e combattivo?
Non dimenticate che Mario Monti ha indicato in Marchionne l'imprenditore ideale, quello al quale ispirarsi, il modello al quale fare riferimento.
E lo ha messo nero su bianco... il "Consigliere"!

mercoledì 4 gennaio 2012

Storia di nebbie e acquitrini (Puntata n°17 - Parte seconda)

Ai tortelli di zucca gli chiesero notizie sull'Italia rurale e Gualtiero rispose, preciso come sempre, suscitando esclamazioni, ma contenute, di meraviglia. Quando arrivarono in tavola le carni, qualcuno nominò Mussolini e, per qualche istante, nessuno parlò.
"Mussolini e Hitler, un brindisi ai giganti del Novecento!" esclamò uno dei commensali, rompendo il silenzio mentre il Presidente, a bassa voce, sussurrava a Gualtiero: "Conoscete Nascutello? Tra segugi dovreste fiutarvi se non fidarvi... " E rise, una risata complice che il suo interlocutore non condivise mantenendo le distanze, quasi a volergli ricordare le rispettive posizioni all'interno dell'azienda... Poi, riacquistando il tono e il piglio del padrone, continuò dicendo: "E' lui che vuole conoscervi. Certe segnalazioni importanti che gli hanno consentito di arrivare a mettere le mani su alcuni antifascisti - non occorre tra noi fare dei nomi - gli sono venute da voi".
Gualtiero si limitò a un cenno d'assenso, mentre alzava il calice, incontrando lo sguardo del responsabile locale dell'Ovra. Era il commensale che poco prima aveva tolto dall'imbarazzo, suscitato dall'inopportuna frase di Marilena, i presenti. Piccolo di statura, pallido e scuro di occhi e capelli, avvolto nella divisa da fascista spiccava nero, come una blatta in fuga su un pavimento di piastrelle bianche, contro il candore della tovaglia inamidata. Aveva una voce suadente ma una risata stridula che, come un presagio funesto, faceva rabbrividire accapponando la pelle.
Alla frutta, i bicchieri più volte vuotati e riempiti, i volti arrossati, la parola sciolta in qualche complimento di troppo alle donne, all'invito del padrone di casa ai presenti a seguirlo nel salotto, tutti si alzarono da tavola, passando nella stanza  adiacente.
Il salotto comunicava con lo studio e in entrambi i locali poltrone in pelle e divani erano disseminati un po' dappertutto. Lampade da tavolo diffondevano una luce diffusa che rendeva le donne più seducenti. Il Presidente, presentato Debosi a Nascutelli, li invitò a seguirlo nel suo studio, dove avrebbero potuto parlare
in libertà.
"Uno ce lo siamo tolto dai piedi!" disse, con quella sua voce scivolosa, l'uomo più basso ma, aggiunse, "il pesce più grosso ci è sfuggito!"
"E' stato un errore, se posso permettermi, perché prima o poi, con un po' di pazienza, avrebbe abboccato all'amo... " disse Gualtiero.
"Sono d'accordo con voi... Di uomini in grado di usare le mani ne abbiamo molti, ma gente capace di usare la testa... Devono essere controllati, guidati, altrimenti rischiano di essere più dannosi che utili. E così di una "testa calda" abbiamo fatto un eroe, un martire" mormorò Nascutello, con quella voce, che se non doveva convincere, acquisiva una tonalità monocorde facendolo sembrare uno scolaro che recitasse svogliatamente una poesia a memoria.
"Per questo, mio caro Debosi, abbiamo bisogno di voi".
Gualtiero lo guardò. Sorpreso ma lusingato.
"Mussolini, l'Italia hanno bisogno di uomini come voi" concluse il poliziotto, mentre il Presidente, riempiti i bicchieri, esclamava: "Accordo fatto!"
"E, ora, andiamo a fare compagnia alle signore... " concluse il padrone di casa, il pensiero fisso sulle spalle della signora Debosi che, nella stanza  accanto, sedeva silenziosa, sorseggiando lo champagne persa nei suoi pensieri.

(continua... )



lunedì 2 gennaio 2012

Storia di nebbie e acquitrini (Puntata n°16 - Parte seconda)

Il salone riluceva di luce, ma discreta. Soffusa. Gualtiero si guardava intorno osservando i volti, le mascelle in movimento, le bocche che ingoiavano cibo ed emettevano parole. I camerieri scivolavano silenziosi, le facce impassibili. Ascoltavano? I discorsi erano, come il pranzo, appena agli antipasti... Si tastava i terreno, preparandosi al piatto forte. 
Sollevò lo sguardo: Marilena sedeva di fronte a lui, le belle spalle pallide scoperte dall'abito di seta che conservavano quella fragilità affascinante, un po' infantile che aveva incantato Gualtiero. Educazione da collegio di monache e indole la rendevano perfetta per quella cena che nulla lasciava  all'immaginazione. Sorrideva, Marilena, limitandosi ad annuire.
Il Presidente non le toglieva gli occhi di dosso. La moglie, del Presidente, nemmeno.
Lui, Gualtiero, non poneva domande, non si esponeva, limitandosi a rispondere a quella sorta di stantio interrogatorio al quale si viene sottoposti in un ambiente nuovo. Aspettava, come tante volte aveva fatto in quelle albe fredde e terse che annunciavano la fine dell'estate, nascosto tra i canneti sul fiume. Come allora, aspettava che si alzassero in volo le anatre selvatiche, il fucile carico, il dito sul grilletto... La cosa importante era non muoversi per primo, avere pazienza. E generazioni di contadini gliela avevano insegnata quella virtù antica che fa cadere il frutto, quando è maturo, dall'albero, sgorgare il latte dalle mammelle e far nascere i vitelli dal ventre delle vacche, quando la luna è "piena" al punto giusto.
"Così, venite dalla campagna?"
"Sì".
E già si rivolgeva alla moglie, il Presidente, poiché di lui sapeva tutto o, perlomeno, quanto aveva ritenuto importante sapere.
"Voi non siete cresciuta in campagna e non avete l'accento emiliano... "
Marilena rispose: "Infatti". Poi tacque, concentrandosi sul piatto che aveva davanti.
"Allora Debosi di questo vino cosa ne dite?" e già citava l'annata, ma un po' seccato anche se quasi impercettibilmente, il Presidente, per quella riservatezza quasi  scontrosa che, data la posizione che lui occupava nella gerarchia sociale della città, quella donna non avrebbe dovuto riservargli. "Strana coppia, quei Debosi, esemplari di una nuova fauna che il fascismo aveva creato, obbligandolo a frequentarli. Fascisti della prima ora, un po' fanatici ma sicuri, disposti a farsi ammazzare per il Duce. E del Duce, e soprattutto dei suoi favori, lui e la sua fabbrica avevano bisogno... " pensò, gustando il vino e attendendo la risposta di Gualtiero che si perse, però,  favoleggiando tra sé e sé su quelle spalle di cui immaginava la morbidezza mentre il vino gli scendeva lungo la gola combinandosi con il sapore forte e dolce del culatello.
"In campagna non lo abbiniamo allo champagne, come fate voi, ma devo dire che in coppia con i nostri salumi pregiati ne esalta il gusto" rispose Gualtiero, sorseggiandolo lentamente, mentre aggiungeva "si sposa bene, però, anche con i nostri 'rossi' frizzanti, i vini dei Colli piacentini... "
La moglie del Presidente intervenne:
"Io affogherei tutto nello champagne rosé".
"Anche i dispiaceri?" sussurrò Marilena.
Un istante di silenzio calò sui commensali, subito infranto dalla risata di uno dei presenti che fino a quel momento non si era fatto ancora sentire.
"E' anche spiritosa la vostra signora" disse, fissando Marilena e rivolgendo subito dopo la sguardo a Gualtiero che rispose: "E' una delle sue doti". " Abitualmente nascoste" aggiunse, fissando la moglie con uno sguardo opaco.
Un sottofondo di risatine femminili accompagnò le sue parole. Soltanto la moglie del Presidente non rise.                                                                                           Guardò  Marilena e si vide riflessa nei suoi occhi e, solo a lei, complice, rispose: "Anche quelli, ma non sempre".
Il cameriere sollevò il coperchio della zuppiera e il profumo dei tortelli di zucca invase la stanza.

(Continua... )