domenica 30 ottobre 2011

Storia di nebbie e acquitrini (Puntata n° 7- Parte seconda)

"Perché?".
"Non lo so... " le rispose, incerto, il marito.
"Oh, Gualtiero, lo sai benissimo... "
"Dimmelo tu, allora. Sei sempre stata più intelligente di me, hai studiato... "
"Volevi toglierti un peso dalla coscienza, come fosse un sacco di grano da scaricare sull'aia, e poi muoverti di nuovo, come sempre, in libertà, leggero. Le conosco le tue  giustificazioni: Mussolini, un mondo nuovo da costruire per realizzare un sogno a qualunque costo, anche ammazzando... "
Il marito l'ascoltava, in silenzio.
"Beh, ci stiamo riuscendo, almeno  ci stiamo provando: eravamo un paese di contadini ignoranti, di operai miserabili; un paese poco rispettato, che non contava nulla e ora... "
"Ora cosa?" lo interruppe la moglie.
"Ora, ora un paese come la Germania ci copia, ci ammira; ora non abbiamo più bisogno di nessuno, siamo autosuffficienti".
"Sì, con la finta lana, il finto cuoio, il finto benessere... Finto! Finto!, tutto è finto in questo paese, Gualtiero. Questo ti ha insegnato Mussolini: a fingere! E tu che altro potresti fare, a questo punto, se non credergli?"
"Desmo diceva che le rivoluzioni si fanno con il sangue, che un prezzo lo si deve pagare per cambiare il mondo" borbottò il marito, passandosi una mano incerta sul viso, ma con lo sguardo che già riprendeva coraggio.
"Finirai per rendermi complice di quanto hai fatto, di quanto fai... " mormorò Marilena.
"Quanto faccio!? Cosa faccio?" le chiese, aggressivo.
"Lo spione, il cane che mette gli inseguitori sulle tracce della preda da abbattere; questo fai!"
Gualtiero le fu addosso con un balzo, il volto pallido di rabbia. Le sue mani le artigliarono le spalle, la scossero con violenza, mentre le sputava addosso quelle parole taglienti e aguzze. Come lame di coltello.
"Lo faccio anche per te!" 
"Lasciami, mi fai male!" lei gli sussurrò, ma Gualtiero già la trascinava verso la camera, e sempre tenendola stretta per un braccio spalancava davanti ai suoi occhi increduli le ante dell'armadio, afferrava gli abiti ordinatamente appesi e li scaraventava a terra, li calpestava... Poi, continuando a trascinarsela dietro come un mucchietto di stracci, con una manata ripuliva la toilette - avvolta in pizzi a balze e sormontata da uno specchio ovale sostenuto da due amorini - di vasi, vasetti, scatole e profumi che cadendo sul pavimento, s'infrangevano avvolgendo la stanza nel suo profumo, quel profumo che era per lui inscindibile da quello della pelle della sua donna, mentre una nuvola di cipria si sollevava nell'aria. Impalpabile e beffarda. E gridava, gridava con le vene del collo gonfie, turgide di rabbia, Gualtiero, continuando a scrollarla, fino a quando lei non gli scivolò tra le mani, afflosciandosi a terra. 
"Lo spione ti permette questi vestiti, queste scarpe, e borse, e il tuo oziare ascoltando musica e... tutto il resto, compresa questa casa - che tu consideri con sufficienza - ma in cui ti sei cacciata come un topo nel formaggio".
Poi, con un ultimo pugno assestato al muro alla sua destra, quasi volesse distruggere anche la stanza, uscì.
Marilena, sentendo sbattere poco dopo la porta d'ingresso, capì che Gualtiero se n'era andato.
(continua... )