lunedì 3 ottobre 2011

Storia di nebbie e acquitrini (puntata n°37)

Gli operai, fino a quando la stagione lo consentiva, mangiavano fuori, in un cortile interno, polveroso e secco, adibito a deposito momentaneo di macchinari non più funzionanti o superati tecnologicamente. Coloro che  arrivavano per primi  si accaparravano improvvisati posti a sedere tra una lamiera e l'altra, spintonandosi tra loro e prendendosi a male parole. Ma erano tafferugli che nascevano dal bisogno di sgranchire i muscoli contratti e scaricare la tensione del lavoro svolto. Chi arrivava in ritardo si doveva accontentare, sistemandosi alla meglio per terra, con la schiena contro il muro dello stanzone  del reparto che si affacciava sul cortile. Il profumo del cibo si spandeva nell'aria, dalle tasche dei camiciotti sbucavano i cucchiai e incominciava la solita litania contro le donne che avevano preparato il cibo.
"Sempre minestrone... e con dentro l'orzo" sbottava Pioltino.
"E cosa vuoi che ti prepari tua moglie, un pasto da re, con quei quattro soldi che le consegni a fine mese?"
"Che fantasia!" replicava imbronciato Pioltino, aggiungendo: "Almeno ci mettesse il riso al posto dell'orzo".
"Lascia che la fantasia se la tenga per la notte... e, per quanto riguarda il cibo, 'tutto ciò che non soffoca, ingrassa' ".
Primo rise, poi, rivolgendosi a Giuseppe gli disse: "Sei silenzioso, oggi: c'è qualcosa che non va? Anche tu non hai trovato il pasto di tuo gusto?". Giuseppe non rispose, limitandosi a un gesto sgarbato con la mano, quasi volesse zittire il compagno. In silenzio continuò a addentare il pane, scuro e gramo, che conteneva una fetta di formaggio sottile come un'ostia da chiesa.
Benedetto osservava.
Per qualche minuto le bocche masticarono cibo e non parole, un fiasco di vino cominciò a girare e si accese qualche cicca. 
"Allora ragazzi, vengono a farci visita gli alti papaveri... " disse Primo, ma fu interrotto da Giuseppe che, stizzito, borbottò: "Ma finiscila Primo! Non sai parlare d'altro? Venga chi vuole, tanto la nostra vita non cambia".
"Non è vero, non è vero, ma bisogna lottare... " rispose Primo, ma l'altro, masticando parole tra i denti, l'aria evidentemente contrariata, si era già levato in piedi. Qualcuno si alzò per seguirlo, sospirando.
Benedetto si avvicinò al gruppo e chiese: "Contro chi dobbiamo lottare?"
"Contro i padroni per primi e poi contro i fascisti che, o sono padroni, o sostengono i padroni".
"Primo, sii prudente... " sussurrò una voce.
La sirena che concludeva la pausa pranzo sferzò l'aria, imperiosa, facendo accelerare il gruppo.
Dopo pochi secondi lo stabilimento riprendeva a ansimare come un pachiderma ferito.
(continua... )