giovedì 25 agosto 2011

Storia di nebbie e acquitrini (puntata n°34)

Primo dormì poco e male: inseguito, tallonato anche nei sogni da figure minacciose che emergevano dall'oscurità all'improvviso, afferrandolo. Finalmente il suono della sveglia e il primo, lattiginoso, chiarore dell'alba lo strapparono a quel sonno angoscioso, a quegli incubi che spesso turbavano le sue notti. Sentì qualcuno muoversi in cucina... poi, il miagolio familiare della gatta. La Nera reclamava un po' di cibo - pensò, rassicurato dai suoni che, piano, piano animavano il caseggiato.
Pochi minuti dopo la gatta, infilata la finestra, prendeva la via dei tetti, scivolando sicura tra le tegole e lui, dopo essersi chiuso la porta di casa alle spalle, scendeva le scale lentamente, con quel suo passo misurato di contadino che non è abituato a rispettare orari di lavoro, che non è solito affrettarsi.
L'aria era umida, una nebbia leggera sfumava i contorni delle case e lo scalpiccio dei passi rompeva il silenzio. Intorno a lui facce ancora assonnate, baschi di traverso, molti camiciotti scuri di operai che andavano al lavoro... Tutto regolare - pensò Primo, sbirciando quei volti così simili tra loro, mentre sulla strada passavano due macchine, guidate da autisti in camicia nera. Dietro, sul sedile posteriore, uomini in divisa, impettiti a imitazione del Capo; fascisti tronfi e sicuri di sé.
Davanti a lui, dopo pochi passi, la fermata del tram, e... Giuseppe, confuso tra la gente in attesa.
Lo raggiunse mentre la sagoma scura del mezzo emergeva dalla nebbia. La gente saliva, spintonandosi tra imprecazioni e battute: qualcuno si attaccava ai sostegni esterni delle porte, oscillando pericolosamente.
"Tutto bene?" chiese Giuseppe
"Ho rinchiuso la gatta in cucina. Niente topi da inseguire; per oggi si accontenterà di mangiare un po' di avanzi" borbottò Primo.
Giuseppe rise, poi, accostandosi all'amico, rispose: "I topi sono troppo grossi, la Nera rischierebbe di essere il loro pranzo... eh, eh... "
"Hai ragione, ne ho visto uno proprio ieri sera, grosso e nero come la tonaca di un prete... " continuò Primo.
"Ah! Scommetto che ti ha seguito fino alla porta di casa. Per non lasciarsi sfuggire un boccone prelibato come te!" mormorò Giuseppe, lanciando all'amico un'occhiata indagatrice.
Poi, tacquero entrambi, lasciandosi cullare dal dondolio del mezzo che, a intervalli regolari, si fermava scaricando viaggiatori giunti a destinazione, e caricandone altri in attesa sulla strada.
Lo stabilimento, dove i due compagni lavoravano, era il capolinea del percorso e, di conseguenza, nell'ultimo tratto sul mezzo era tutto un salutarsi e darsi qualche manata sulle spalle, quasi gli operai si trovassero non su un mezzo pubblico, ma sul luogo di lavoro.
"Ehi Primo, vengono a farci visita i tuoi amici... questa settimana si farà festa in città! E tu Giuseppe, cosa ne dici?" Era stato uno degli operai più giovani a parlare, piazzandosi, a gambe larghe, davanti ai due amici che sedevano uno accanto all'altro.
Primo non lo degnò di un'occhiata, ma Giuseppe rispose, apparentemente dispiaciuto: "Io sono fascista, lasciatemi un po' di tempo e convincerò anche questa testa dura... Il Primo non è stupido... " e, accentuando l'espressione contrita e facendo il pagliaccio, aggiunse: "E' ottuso!"
Poi scoppiando in una risata, concluse: "O con le buone o con le cattive capirà da che parte deve stare!"
"Io ho già capito!" rispose Primo, lanciandogli un'occhiata decisa, mentre il tram si fermava sferragliando di fronte all'ingresso dello stabilimento.
(continua... )