domenica 12 giugno 2011

Storia di nebbie e acquitrini (puntata n°5)

Marilena sospirando scese dal letto, cercando a tastoni le ciabatte. Il silenzio della stanza si andava animando dei rumori di sempre: sbatteva una porta, voci di donna si alzavano stridule, piagnucolavano bambini nel caseggiato dove la vita riprendeva.
"Gualtiero alzati! Ti preparo il caffè... "
"Bello forte: ho dormito male!" le rispose il marito, borbottando, quasi parlasse tra sé e sé. Non mi abituerò mai a questo posto, al suo rumore, all'aria fumosa, a queste case dai muri di carta - pensò, sentendosi addosso lo sguardo della moglie e intuendo, da quello sguardo, la profondità, il morso costante che doveva procurarle il senso di colpa.
Marilena, infatti, pensava, anzi era sicura, che il marito avesse lasciato la casa sul fiume e si fosse trasferito in città a causa sua: per toglierle quella smorfia amara dalle labbra, per restituire ai suoi occhi, grigi come le brume sul fiume d'inverno, quel fuoco che l'umidità di quella terra aveva spento, per ridarle quella forza che in lei  si era raggrumata tutta nella bocca che, tagliente, le induriva il volto, annullandone la dolcezza come un tratto di penna, netto, sopprime da un testo una parola sbagliata. Il figlio tanto atteso non arrivava, una nuova vita non poteva scaturire da quel loro nuovo, frettoloso, modo di amarsi, lei che si aggrappava a lui soltanto per farsi rassicurare dalle sue braccia, quando la civetta emetteva il suo grido o la cornacchia gracchiava indisponente, mentre più acuto si faceva il rimpianto di quelle lontane notti d'amore sull'argine del grande fiume o sul barchino nascosto tra  canneti, con il canto sommesso dell'acqua a cullarli e il velo della nebbia a celarne la presenza.
Gualtiero ora faceva l'operaio in fabbrica e lei non insegnava più: la sede a cui l'avevano assegnata si era rivelata troppo lontana, difficilmente raggiungibile con il sistema dei trasporti urbani, e Gualtiero, quando l'aveva vista allungarsi e impallidire come la luce di una candela prima di spegnersi, l'aveva fatta restare a casa: come fa un uomo che si rispetti, imponendosi! E lei? Lei aveva obbedito, come fa una donna consapevole del suo ruolo.
Mentre accendeva il fuoco e scaldava l'acqua in cucina, Marilena sentì il marito muoversi con l'abituale lentezza, il pavimento di legno che scricchiolava sotto i suoi passi calmi e sicuri di contadino che poco e male si adattava a quella vita di città, a quella frenesia di cose da fare, agli orari da rispettare con il fiato del padrone sempre sul collo. Gualtiero era tornato a casa allegro soltanto quel giorno in cui in fabbrica era arrivato Mussolini. 'Uno come lui!, legato agli stessi valori, quadrato, forte. Deciso a farsi rispettare! Uno della sua terra, insomma... ' aveva detto a Marilena, che aveva voltato la testa dall'altra parte fingendosi intenta a "tirare la sfoglia", per non cogliere nello sguardo del marito il rimpianto che lei ben conosceva, e non soltanto quello.
A Gualtiero, infatti, mancava il contatto con la grassa terra padana in cui affondare le dita, la vista del fiume con i suoi canneti e le anatre che si alzavano in volo, nere contro il cielo chiaro dell'alba, il ritmo delle stagioni... e la nebbia. Sì, gli mancava anche la nebbia, il suo odore, il senso di mistero che conferiva al paesaggio sfumandone i contorni per lasciarli appena intuire. Cosa aveva trovato in città? Soltanto il fumo, nero e denso, delle fabbriche ormai riconvertite dopo gli anni della produzione bellica, e compagni di lavoro che parlavano un altro dialetto, lamentandosi dei marmocchi, delle mogli e dei soldi che non bastavano mai.
Ma Marilena non sapeva tutto...
(continua... )
http://falilulela.blogspot.com/2011/06/storia-di-nebbie-e-acquitrini-puntata.html (puntata n°4)