lunedì 6 giugno 2011

Guerra umanitaria

Un film - 20 sigarette -, visto recentemente, mi ha riportato, con la spietata evidenza dell'immagine, alla guerra; be', alla guerra... ai ricordi che di quegli anni conservo immagazzinati nella memoria. Non avevo ancora tre anni nell'estate del '45, eppure qualcosa rammento: poco in modo diretto, parecchio attraverso meandri contorti che solo recentemente sono riuscita a percorrere. In casa, il ricordo della guerra emergeva a tratti, brusco e doloroso, più da certi sguardi che da veri e propri racconti... e chi l'aveva vissuta sembrava soprattutto voler dimenticare. Ma io, bambina cocciuta e curiosa, domandavo, spiando l'espressione dei volti, guardando quelle case distrutte, sventrate, che conservavano oggetti del vivere quotidiano, polverosi e traballanti, che di giorno in giorno sparivano - forse rubati di notte da chi dalla guerra era stato spogliato di tutto - mentre cercavo d'immaginare, tentando di capire le ragioni di qualcosa che mi sembrava - già allora - una follia collettiva.
"Com'era la guerra, mamma?" chiedevo. Lei rispondeva: "Brutta!", una ruga improvvisa tra le sopracciglia sottili, a evidenziare la ricerca di un ricordo, poi quel suo brusco "Ma non rammento quasi nulla... " per troncare il discorso, per lasciar sbiadire i ricordi. Mio padre, a differenza di mia madre, mi parlò del fascismo, del Duce, dei partigiani, lasciando emergere indignazione, rabbia. Colsi anche l'odio nel suo sguardo... una sera in cui mi parlò dei nazisti, ma la paura, il terrore - che, come tutti, non potevano non aver provato - non emersero mai. In quei rifugi, che poi erano solo cantine rinforzate con qualche palata di cemento e qualche trave in più, mentre le bombe degli "alleati" grandinavano sulle case, cosa si dicevano? Pregavano, smadonnavano, urlavano la loro paura o tacevano, abbracciati ai figli, alle mogli, ai mariti? L'orrore sembra non avere parole, rendendoci gli animali che spesso scordiamo di essere. Sentimento estremo si esprime per estremi: l'urlo e il silenzio. Di dolore e di orrore si guaisce, mugula e balbetta... Non si parla. E' allora che spesso subentra l'ironia che altro non è se non il pudore di non volerci esporre nudi, scoperti nell'anima, a uno sguardo estraneo. Così la guerra diventava commedia, assumendo contorni buffi e mia nonna mi raccontava di quando mia madre si era nascosta nel reggiseno le uova rubate a una contadina, dovendo poi darsela a gambe nei campi per sfuggire a un contadino troppo preso dall'esuberanza delle sue curve. Perché proprio 20 sigarette, rispetto a tanti altri film (decisamente più di guerra), mi ha fatto riflettere? Forse perché svela che non esiste la guerra umanitaria, che nella guerra non c'è nulla di umanitario, che come per i non vedenti o i diversamente abili dietro l'apparenza di un cambiamento ciò che varia è  soltanto la forma, la sostanza rimane la stessa, banale e orribile, come solo la guerra può essere: ancora e sempre indicibile.