domenica 20 febbraio 2011

Sogno o son desta?

Due film, Avatar di James Cameron e Inception di Christopher Nolan, mi fanno riflettere... Entrambi, pur nella loro evidente diversità, si muovono sul crinale esiguo che separa il sogno dalla realtà. E che cos'è il sogno se non una delle più comuni  - ma non per questo meno potenti - espressioni delle potenzialità del cervello?
L'uomo sogna a occhi aperti - lo sappiamo - ma in virtù della capacità di sognare acquisita sprofondando nel sonno, sonno che gli concede l'accesso, da quando viene al mondo -  sembra si sogni anche nel ventre materno -, a questa impalpabile ma potente dimensione del fantastico.
Penso che la visione onirica, prima che desiderio, sia bisogno, profondo e ineludibile, dell'uomo costretto in una vita ritmata dall'alternanza degli opposti. Il soldato in guerra sogna la pace, il malato in corsia la guarigione e l'emozione che tiene in vita i sogni è la speranza. Senza la speranza che il sogno si avveri, vivere diventerebbe difficile.
Il cinema, fabbrica di sogni, grazie a una tecnologia sempre più evoluta si avvicina ai sogni più deliranti, quelli nei quali le emozioni si scatenano, le sensazioni fisiche si esaltani, i confini - qualunque confine - saltano e l'essere umano vola, piroetta, muore e rinasce, alzando il velo sull'inconscio che il  sogno gli concede di esplorare.
Non ci sono più terre inesplorate nel mondo fisico, ma per quanto riguarda il cervello siamo alle prime scoperte, e, come Cristoforo Colombo appena scoperta l'America, possiamo avere la certezza che non si tratti delle Indie?
Scienza, tecnologia ed emozioni sono gli Alisei che ci fanno andare, vento in poppa, verso nuovi confini, mentre la sensibilità che rende acuto l'occhio di un artista fa baluginare una prospettiva di futuro che è fantastica perché non realizzata, o non realizzabile?
Di certo è che il confine tra mondo reale e immaginario, sulla scia di una realtà virtuale sempre più potente e invasiva, si fa labile aprendo la strada a qualcosa di nuovo... e inimmaginabile.
E se la dimensione onirica fosse quella reale e la vita di ogni giorno una sorta di incubo kafkiano? Se invece di curare il corpo malato la medicina del futuro, manipolando il cervello, ci portasse in un mondo dove la vita fosse pensata, non vissuta e la malattia, ridotta a pensiero molesto, potesse essere eliminata, scacciata dalla mente, così come si allontana dal viso con un gesto della mano una mosca inopportuna?
E i giovani, più vicini al futuro degli anziani, in questo loro privilegiare la fuga dalla realtà, in questo desiderio di stordimento che li porti oltre, sono i nuovi esploratori partiti alla ricerca dell'ignoto, o ragazzi che si sono persi scordando il contatto con la realtà?