venerdì 12 novembre 2010

Doppio binario (Racconto a puntate: puntata n°4)


Si voltò e fissò quel volto rotondo e largo di contadina.
"Quanti anni,  Angela... ".
Le sorrise interrogativa.
"Maria, la nuora di Peppino... "
Fece un falso cenno di assenso chiedendole: "Qui non abita più nessuno?"
"Dopo la morte del marito è andata a vivere in città: dal figlio. Viene ogni tanto. Mette due fiori al cimitero... "
"E' quello che farò anch'io" tagliò corto sorridendo, mentre già s'incamminava lungo la strada che svoltava poco lontano per inerpicarsi a spirale lungo i fianchi della collina fino a raggiungere il cimitero sul cocuzzolo. La seguirono alcune parole che il vento raccolse sparpagliandole sui prati.
Ripercorse quella strada come tante volte aveva fatto: i figli bambini che le saltellavano accanto rumorosi contendendosi la sua mano e litigando tra loro. Il sole alto nel cielo scioglieva la neve che cadeva dai rami in uno sfarfallio acquoso che non la intristiva. Varcò il cancello: la tomba della famiglia s'imponeva aggressiva e massiccia sulle piccole lapidi che la circondavano, quasi si trattasse di uno stuolo ossequioso di soldati che circondasserero un condottiero a cavallo.
Fu in quel momento che la vide. Si stagliava netta ritagliandosi uno spazio nel biancore luccicante del paesaggio, l'abito nero che le ricadeva sul corpo snello confondendosi con la massa scura, lucida, dei capelli, la veletta che le oscurava lo sguardo. Si squadrarono per un lungo istante, prendendosi le misure. Diffidenti.
"Angela: non pensavo che ti avrei rivista" le disse sua suocera.
"La vita ci sorprende. Sempre!" le rispose avvicinandosi. Si meravigliò che portasse quel cappello eccessivamente elegante, poco adatto al luogo e alla stagione, come l'abito e le scarpe dal tacco alto di camoscio nero.
"Non sei cambiata" aggiunse, con una certa invidia, notando che il volto, dal profilo altero, era ancora bello, incredibilmente bello per la sua età, mentre il bisogno di giustificarsi davanti a lei la induceva a dirle "So che non hai approvato la mia decisione, ma... "
La donna la guardava, in attesa. O era lei che scambiava per attesa ciò che era soltanto una patina di cortese indifferenza?
Incominciò a parlare, la voce che nel silenzio del luogo si era fatta un bisbiglio quasi incomprensible, mentre lei tentava di dare a quelle parole che uscivano a stento dalle sue labbra una pienezza che non avevano. Perché non riusciva ad articolare le parole, né a staccarle l'una dall'altra? Erano, come un torrente in piena, l'espressione di un'angoscia ormai incontenibile che tracimava invadendo il silenzio, rimbalzando sulle lapidi e sul viso della donna che, davanti a lei, la osservava fredda, distante, l'espressione immobile, come quella dei volti che le lapidi incorniciavano nel gelo del marmo.
Il rancore, mai superato del tutto, la soffocava e il silenzio dell'altra, lungi dal calmarla, aumentava la sua rabbia mentre le accuse rivolte al marito rimbalzavano su quel nome, il nome della rivale, che le sue labbra nominavano torcendosi.
"Be', dimmi qualcosa, rispondimi!" esclamò alla fine, sempre con quella voce soffocata, innaturale, monotona che non le apparteneva. La risposta fu un enigmatico sorriso, seguito da un gesto fatto la mano: quasi un gesto d'addio che tale si rivelò quando, distratta da un frullo d'ali, dopo aver seguito il volo di un uccello, lei riabbassò lo sguardo notando, stupita, che davanti a lei non c'era nessuno e l'unico rumore che si udiva era il cigolio sommesso che proveniva dalla porta socchiusa che dava accesso alla tomba di famiglia. Una sensazione di paura la morse allo stomaco e la fretta, quella fretta che per pochi minuti le aveva concesso una tregua, la spinse di nuovo a mettersi in marcia... Ad andare e, come un animale braccato, a correre, per sottrarsi a qualcosa, a qualcuno. Pochi secondi le bastarono per raggiungere il cancello e uscire. 
Aveva ripreso a nevicare.
(continua... )