domenica 17 ottobre 2010

Neuroni adieu...

Si ritrovavano ogni mattina nel bar a sinistra in Piazza Nigra; anche oggi che l'aria trasudava nebbia ad annuciare un altro inverno e le prime gocce di pioggia rimbalzavano sul selciato.
"Ciao Giovanni, come va?" Era Michele che, in piedi davanti al bancone, si accendeva una sigaretta.
"Solito... " borbottò l'altro,  facendo un cenno alla barista, la Gianna, ogni giorno un po' più inquartata a dimostrazione delle sue origini contadine, il seno ampio e generoso come quella sua risata che accendeva sempre negli occhi di Michele bagliori dimenticati.
Entrarono Mario e Lorenzo: bagnati e infreddoliti.
Si conoscevano ormai tutti e si chiamavano per nome. Quando erano in vena ricordavano i tempi eroici, quei tempi ormai lontani in cui erano stati tanti e agguerriti, decisi a lottare fino all'ultimo uomo: decisi a non arrendersi. Per una questione di dignità, di decoro...
Il nemico era stato abile: si era insinuato nella loro terra in modo subdolo, senza dare nell'occhio: una puntata qua e una là, furtarelli di poco conto che, come la zampata di un gatto, lasciavano segni sottili, quasi invisibili.
La tigre si era acquattata nell'ombra a spiarli, a studiarli... Era cominciata la guerra, ma senza una dichiarazione ufficiale, una guerra negata da tutti. E quel disagio che serpeggiava nel Paese, quell'intoppo negli spostamenti, quella mancanza di nerbo, la fragilità? E la stanchezza? E tutti o quasi a dire "La gioventù non è più quella di un tempo, non ha carattere, si spaventa di fronte si problemi, trema... ".
In effetti, nonostate il Paese sembrasse lo stesso, a un osservatore attento non sarebbero sfuggiti quel rallentamento nelle attività produttive, quella mancanza di progettualità, quell'apatia che obbligava  chi di dovere a fornire aiuti, supporti...
Il deterioraramento lento ma inarrestabile aveva richiesto approfondimenti, analisi  particolareggiate: il nemico era stato individuato, fotografato... , intuito più che visto. Finalmente aveva un nome, un volto: il nemico si era materializzato, apparendo per ciò che era: un morbo maledetto, invasivo, potente e inarrestabile. Destinato, in tempi più o meno lunghi, a vincere ogni resistenza, a fiaccare ogni anelito di libertà.
Il Paese era rimasto sbigottito, atterrito. Incredulo. Ma come: allora non era dipeso da nessuno! Beh, da qualcuno sì, ovviamente, ma risalire alle responsabilità precise sarebbe stato difficile e a questo proposito, si vagava ancora nella nebbia più fitta, nella nebbia delle ipotesi.
E così era cominciata la Resistenza.
Erano stati stanati uno a uno... e ormai erano pochi, troppo pochi per far funzionare il Paese.
Si trovavano là al bar dell'angolo, ad aspettare il loro turno.
Lei lanciò loro un'occhiata pensosa, anche un po' complice e mormorò: "Confidiamo nella ricerca ragazzi! E... resistiamo!"
I suoi neuroni, con uno sforzo quasi eroico, raddrizzarono le spalle, assumendo un'aspetto vagamente marziale. Fuori, un raggio di sole, trafitte le nuvole, accarezzò il selciato sconnesso prima di essere nuovamente imbrigliato nella prigione compatta delle nuvole. Come lei.

La libertà è...

La libertà viene data per scontata quando c'è, un po' come la salute. Poi però succede qualcosa - un simbolo leghista imposto all'interno di una scuola, tanto per dirne una - ed ecco che scatta dentro di noi una sorta di allarme, un disagio che fa accapponare la pelle. Cosa sta succedendo o - ancora più inquietante come domanda - cosa succederà?

In un film di Marco Risi, Fortapasc, una frase "Ci sono i giornalisti, giornalisti, e... gli altri" mi fa scorrere di nuovo un brivido sulla pelle, mentre mi chiedo come sia possibile vivere in un Paese dove si muore per avere scelto di fare bene il proprio lavoro. L'attacco forse più pericoloso è alla madre di tutte le libertà, quella d'informazione. E Santoro, giornalista che non s'inchina al potere, che dà voce alla rabbia, alla paura, all'umiliazione accendendo i riflettori sulla parte in ombra del nostro Paese, quella invisibile, non solo non viene premiato - come dovrebbe accadere in ogni paese civile -  ma viene punito.

 La verità, cibo per stomaci forti, sorella siamese della liberta, poiché l'una non può esistere scissa dall'altra, è ormai diluita, triturata, ridotta in poltiglia da una informazione che deve rassicurare, tenere calmi gli indigeni.

Raramente come in questo momento l'unione può e deve fare la forza. La spaccatura all'interno del sindacato, il lancio di uova contro le sedi sindacali sono l'espressione di una guerra tra poveri che sta perdendo di vista i veri responsabili della crisi. Mentre gli operai riempiono le strade di striscioni colorati e di rabbia, i banchieri in doppio petto si defilano e - lungi dal ricominciare a speculare su cambi e titoli - continuano a spostare miliardi da una piazza finanziaria all'altra per incrementare i loro profitti. Perché nessuno li ha fermati, perché
per fermarli dovrebbero essere emanate nuove leggi a tutela del risparmiatore, perché per fermarli dovrebbe essere ripristinata una normativa di controllo sull'esercizio del credito... Perché nel nostro Paese siamo fin troppo impegnati a emanare nuove leggi, finalizzate al controllo sì, ma di uno dei tre fondamentali poteri la cui indipendenza garantisce la tenuta della democrazia, il potere giudiziario.

E allora ben vengano a farci scattare n piedi, come la platea di Annozero, le parole di una delle più belle canzoni di Gaber, la libertà è... partecipazione!