sabato 1 maggio 2010

La passione del narrare (2)

Perché tra le varie possibilità del narrare è proprio quella del racconto, o romanzo, a puntate, quella che più mi appassiona? Premesso che sono un'istintiva, sono molto curiosa - quindi portata a misurarmi sempre con qualcosa di nuovo, a battere strade sconosciute, ad abbandonare sistematicamente la strada vecchia per la nuova - perché proprio questo spezzare la continuità, il fluire del narrare "sul più bello", assestando alla storia uno stop brusco, come se, dopo aver lanciato un cavallo al galoppo, a briglia sciolta, lo si fermasse, schiumante di sudore e di bava alla bocca?
Il narrare a puntate non può essere spezzettato a posteriori, almeno non per me. La storia procede a tratti, a balzi, a passettini. Prende forma, prende vita puntata dopo puntata, seguendo - è  l'aspetto caratterizzante di questa forma narrativa - l'estro di chi scrive, che, però, tasta il polso, di puntata in puntata, a chi legge. E, inevitabilmente, ne tiene conto. Esaminando criticamente "I Dellapicca" avevo rimproverato a me stessa proprio questo aspetto: il narrare visto come un navigare senza bussola in una notte buia. Alla cieca. Difficile? Sì, ma entusiasmante, come quasi tutto ciò che è difficile.
Chi scrive non lo fa per sé - questa è una  fola che lo scrittore si racconta quando non osa ancora definirsi tale - lo fa per essere letto. Quindi, a chi scrive, del lettore interessa tutto: la presenza, le critiche, gli appunti, l'entusiasmo, le domande, ma ben poco, in fondo, di questa ondata emotiva che la sua scrittura provoca o potrebbe provocare lo raggiunge: appena lo sfiora, come una marea che accarezzi una spiaggia, in quel contatto che la presentazione di un libro consente. Poi ci possono essere i commenti sul sito, le mail, ma un abbraccio tra scrittore e lettore non c'è: a meno che il narrare non sia a puntate.
Eh sì. La puntata odierna è stata troppo descrittiva? Lo sbadiglio si intuisce in quelle presenze che scemano? Oppure la storia si sta avvitando su se stessa, è troppo prevedibile? Bisogna inventarsi qualcosa di nuovo e voilà, dal cappello del prestigiatore, esce qualcosa che con il coniglio bianco non ha nulla a che fare.
Questo è il motivo per cui il narrare a puntate non può essere organizzato, se non in minima parte, a priori ed è anche il motivo per cui rettifico alcune considerazioni fatte dopo l'uscita del mio primo romanzo a puntate.  E, mentre scrivo, colgo anche con maggior chiarezza l'elemento che caratterizza il mio blog:  l' uso di uno spazio all' interno del quale sperimentare le svariate forme del narrare.
Tra racconti, raccontini, filastrocche, poesiole, critiche, post di denuncia la modalità narrativa che più mi appassiona è proprio quella appena descritta. Voi che cosa ne pensate?