venerdì 12 marzo 2010

E noi com' eravamo?

Era bella mia madre e prigioniera: non solo della sua bellezza. La ricordo inappuntabile, le gambe accavallate e il piede inarcato nel sandaletto estivo. Sempre attenta a non sgualcire la gonna, sempre truccata, sempre misurata. Interdetta davanti alla mia voglia di studiare, alla scelta di una facoltà maschile."Cosa te ne farai di questa laurea?" mi chiedeva. In risposta io ridevo o sbuffavo.
Non ci siamo mai capite: troppo diverse eravamo e troppo deluse dalla reciproca diversità. Lei che si era licenziata appena mio padre le aveva chiesto di sposarlo, perché "Lavoravano fuori casa soltanto le donne povere". Me l'aveva detto un giorno, era una mattina piena di sole, piangendo, prigioniera nell'appartamento ordinatissimo, profumato di cera. Era sempre in attesa del marito, mio padre, che le parlava di marxismo e "padroni", e spesso partiva per Roma, finito il lavoro, a discutere i contratti dei postelegrafonici.
La maestra mi puntava il dito addosso e i compagni si voltavano a guardarmi: ero la figlia del comunista. Anche mia nonna e gli zii scuotevano la testa e io andavo a catechismo di nascosto dopo che la maestra, sempre lei - quella basabanchi de democristiana, come la chiamava mio padre - aveva fatto sapere a tutta la classe che non avevo fatto né cresima, né comunione.
E mi dava sempre quattro, e io pensavo di essere stupida. E dentro mi cresceva la rabbia, mentre masticavo il gusto amaro dell'ingiustizia.
Andavamo a vedere Lascia e raddoppia al bar dell'angolo.
Io ero già grandina e - di nuovo - qualcuno con occhi cattivi mi aggrediva verbalmente chiedendomi "Tuo padre cosa dice dei carri armati nelle strade di Budapest?"
Mio padre, pallido, tornava a casa tardissimo e mia madre lo aspettava in piedi, avvolta in una vestagli azzurra. Mi svegliavo sentendoli litigare:"Cambiare il mondo non è un minuetto, è una guerra senza esclusione di colpi... la rivoluzione..."
La rivoluzione l'avrei sempre abbinata a una vestaglia azzurra e alla furia delle loro discussioni.
Lo vidi piangere quando morì sua madre e all'annuncio della morte di Stalin.
Erano altri uomini, altre donne...
E noi, noi, com'eravamo?
E noi, noi, come siamo?