mercoledì 20 gennaio 2010

Dal diario di un' ipocondriaca.

Il battito cardiaco accelerava. Implacabile. Sentivo il tu, tu, tuuu del telefonino.
"Rispondi, Cristo, rispondi...Sei un medico, non un venditore di detergenti per la casa".
"Si?"
"Sono io dottore... "
"Ah, buongiorno. Come andiamo?" con la flemma abituale.
"Male!" balbetto
"Che problemi ha?" chiede come domandasse nome, cognome e codice fiscale.
"Tanti ma oggi... "e la testa mi si è già vuotata e veleggia verso la morte e l'incontro/scontro con il Paradiso, o più probabilmente l'Inferno.
"Oggi?" cortese ma svagato, con lo stesso tono con cui chiederebbe a un bambino il suo nome senza fare lo sforzo di ascoltarlo.
Emetto un respiro da asmatica, tanto per fargli capire la gravità della situazione.
Non dà segno di vita, io ripeto il respiro strozzato e ansimo un "Non respiro... "
"Da quando?" chiede, stesso tono di voce.
Come sarebbe da quando? E che importanza ha? Bastano pochi minuti per morire soffocati. E se continuerà questa inutile telefonata risolveremo in fretta il problema.
"Be'... " prendo la cosa alla larga per fargli capire che...
Riesce a venire allo studio?"
"Tenterò" rispondo.
"L'aspetto" e sbatte giù il telefono, senza suggerire un qualsivoglia intervento, un farmaco da usare in queste emergenze, se la situazione dovesse peggiorare. Anche se mi sembra altamente improbabile che possa esistere qualcosa di peggio di ciò che sto provando.
Arranco furiosa tra sciarpe, berretto, borsa, elenco dei farmaci che prendo, telefonino (non si sa mai che debba chiamare il 118 per un ricovero urgente) e dopo aver lasciato scorrere lo sguardo sulla casa (che io non rivedrò mai più) raggiungo il suo studio. Mi fa passare immediatamente, mi ausculta da tutte le parti, misura la pressione, la frequenza del battito e poi ausculta il cuore.
Sembra perplesso.
Scuote la testa.
Lo sapevo: infarto, anche se non c'è il dolore al petto, si tratta di un infarto.
Silente, come la neve che ha cominciato a fioccare e che intravedo dalla finestra.
Come il suo silenzio che non oso spezzare.
"Tachicardia... " dice pensoso.
"Da infarto?" chiedo anzi constato.
"Da ansia" conclude.
Avrei voglia di baciarlo in fronte, ma un pensiero, come una nuvola sul mare che può portare l'uragano, mi attraversa la mente.
"Se si fosse sbagliato?"