venerdì 20 novembre 2009

Il corpo batte un colpo

Barbara Gozzi parla di corpi e letteratura con modalità che mi colpiscono e che sento in parte mie, anche se io sono partita dal corpo (lei credo dalla letteratura) e scorrendo il suo post mi è venuta la voglia di spingermi oltre, ripensando ai libri letti ultimamente nell'ottica da lei proposta. Dove l'ho scovato, vagabondando su internet, il corpo? E in quali forme? Quella di rito, tutta muscoli al maschile e tutta curve al femminile, talmente esasperata e scontata da essere paradossalmente più disturbante che pericolosa? Anche quella, ma poi sono incappata in una zona grigia, più ambigua, dove il corpo è immagine evocata dalle parole che qui assumono una valenza significativa. Con quali parole ci si riferisce ai corpi? Carne, pelle, sangue, odorato, tatto? La pelle vince sulla carne perché è meno greve, meno corporea: è l'involucro esterno che contiene e filtra una carnalità fatta di arterie, vene, mucose, escrezioni ed escrementi. La carne si omologa verso il basso: si appiattisce sulla sessualità, la malattia, la decadenza della vecchiaia. La pelle veleggia alta verso il desiderio, la bellezza, l'amore, la sensibilità. Avverto o mi sembra di avvertire l'esigenza di una virtualizzazione del corpo resa possibile dalla tecnologia informatica che ha modificato il concetto di spazio e tempo, ma contemporaneamente ho la sensazione che sia la problematicità legata al rapporto con il proprio corpo - soprattutto nelle donne - che favorisca questa tendenza. Perchè il corpo è! E con il corpo dobbiamo fare i conti: conti che non quadrano, che sembrerebbero essere sistematicamente in rosso. Angoscianti. Più nella donna che nell'uomo perché i confini corporei che ci delimitano sono oggetto di continue modificazioni che la maternità soprattutto, ma anche la pubertà o la menopausa ci impongono. E su questo punto filtra dalla Rete
un malessere, un'angoscia, un disagio che sarebbe impossibile non cogliere.
Se lo scrittore ha, come solitamente avviene, la sensibilità per percepirla non può non affiorare nella sua narrazione e scrittura una problematica di questo tipo.
Penso a un libro letto recentemente, "Sappiano le mie parole di sangue" di Babsi Jones. La guerra che descrive, con parole per narrare e del narrare che trasudano sangue, lo stesso sangue che inzacchera il corpo violato e ferito (che fa impazzire anche la mente e sradica l'anima dai tempi e modi del vivere civile)dalle armi ma che è, prima di tutto, "carne da macello". La Jones è, come la sua scrittura, carnale fino al midollo, immersa in tutto ciò che siamo abituati a non guardare, a celare, a sottintendere e il risultato é, a mio avviso, sconvolgente. E' l'uomo/corpo che viene catapultato sulla scena, perchè la guerra è una distesa sterminata di cadaveri, come l'olocausto è odio e ferocia, ma è soprattutto sei milioni di morti uno sopra l'altro massacrati e sventrati, come ben ci mostra Jonathan Littel ne "Le benevole" o "Gomorra" di Saviano che inchioda la mafia a quell'immagine di lenzuola macchiate di sangue che misericordiose coprono corpi massacrati nei vicoli di Napoli, dalle armi della camorra. Mi passa davanti agli occhi anche "Il fantasma esce di scena" di Philiph Roth che di fronte all'aggressione che l'età sferra al suo corpo opta per l'immaterialità del fantasma, ma come scelta razionale elaborata per sottrarsi a quella ingombrante e totalizzante presenza, che il libro evoca, e che è un corpo anziano e malato, prigione feroce di una mente e "un sentire" che quel corpo condiziona e ormai nega.
Il corpo che la morale corrente ha reso libero (apparentemente) di denudarsi, di piacere e di trarre piacere da ciò che lo circonda, il mercato lo ha ingabbiato, usato e ne ha abusato riproponendo con modalità più subdole e invischianti nuove prigioni. Penso al corpo violato dall'anoressia delle modelle e penso a quello slogan che le femministe scandivano "Riprendiamoci il corpo, riprendiamoci la vita"...di cui oggi colgo, forse più di allora, la validità e l'attualità.