giovedì 19 novembre 2009

Passione e desiderio

Dov'è finita la passione? E' passata di moda, non si usa più? La passione vera, che ti ingoia in un boccone, ti fa sentire la fame soltanto all'ora di cena, mentre ti stai chiedendo "Ma cosa cavolo ho mangiato a pranzo che non me lo ricordo?" e ci pensi pure su per qualche secondo prima di realizzare che sei a digiuno... Perché la passione è famelica, oggi diremmo bulimica, si nutre di sé, si sazia dell'oggetto del proprio amore. E divora.
Gli amanti spesso sono magri, quasi febbricitanti, in preda - il linguaggio è significativo direbbe Lacan - al desiderio, l'altra faccia della passione, che non è voglia, ambizione, simpatia o attrazione. E' una domanda che non può essere elusa, è tuono, boato, urlo, attesa che si fa spasmodica rendendo il tempo lento come la Quaresima. Se passione d'artista è brama di perfezione, irragiungibile ma perseguibile. E' marchio di diversità, è giogo a cui si deve sottostare. E' la schiavitù che aprirà le porte della Terra Promessa.
Circola? La cogliete in giro? O ne cogliete soltanto la recita stantia?
Ti chiede l'anima, il tuo tempo, la tua forza, il tuo talento; in cambio cosa ti dà?
Non c'è scambio: può darti tanto, poco o nulla: è un patto leonino che nessun codice regolamenta. E' dare senza avere, è fare senza chiedere, è velegggiare nei grandi spazi senza paura.
In un mondo dominato dal denaro è fuori luogo, imbarazzante, sguaiata. Imprevedibile, quindi temibile. Se non è presa a piccole gocce è un veleno. Comprata, diventa l'ombra di se stessa, il fantasma dell'Opera, la museruola per un cane, il dejà vu. Quella che ci circonda della passione vera è solo lo sbiadito ricordo.

Amour fou

Si chiedeva spesso da quale frase infelice fosse partita la discussione che l'aveva lasciata estenuata, ferita e dubbiosa. Se lo domandava ma non riusciva a darsi una risposta: loro non discutevano, monologavano misurandosi in una lotta all'ultimo sangue. Non aveva molta importanza l'oggetto del contendere: importante era il contendere. E quindi tutto sarebbe potuto andare bene.
"Divertente l'ultimo film di Woodie Allen"
"Be', un po' scontato" e l'espressione di lui era quella del puma pronto ad attaccare.
"A me è piaciuto molto: a parte la capacità di infilare una battuta dietro l'altra(che non è da tutti) mi ha colpita la capacità dell'uomo, che sta dietro al regista, di osservare il modo con distacco e... tolleranza."
Lui la guarda e lei penso che una simile occhiata non la rivolgerebbe nemmeno a una cacca pestata per strada, poi, sollevando un sopracciglio:
"A parte una certa ripetitività nelle e delle battute, il distacco e la tolleranza non sono caratteristiche del mondo ebraico... ".
Lo interrompe "Yiddish o sefardita?"
Puntigliosa.
"Yiddish" e poi guardandola "naturalmente!" prima di concludere: "Gli ebrei sono tignosi: quando si attaccano a un argomento lo sviscerano e lo rivoltano come un calzino".
Lei ci va a nozze: "Da quando in qua sei antisemita?"
"Io non sono antisemita".
"Mi è sempre sembrato strano che una persona con il tuo carattere non fosse antisemita" attacca, come un botolo ringhioso, e lui "Sono abituato a valutare i fatti o le persone in base a ciò che fanno..." Lo interrompe "Balle! Il distacco e la tolleranza di cui hai appena parlato sono un chiaro esempio di generalizzazione, indicativo del tuo modo di essere" conclude mentre lui: "Hai intenzione di litigare?"
e la voce è tagliente.
"Soltanto perché non condivido il tuo giudizio su un film?"
Lui si volta e sibila "Sai che sei str...a!"
"Passa alle offese chi non ha altri argomenti" lei butta là, ma è livida.
Erano le otto di sera, lei scodellavo la pasta con le zucchine e il formaggio.
A mezzanotte erano ancora lì a insultarsi. A lei si era bloccata la digestione: odiava lui e Woodie Allen.

"Perché non vi lasciate? Litigate dalla mattina alla sera!" Il bar profumava di croissant e di caffè. Lei piangeva: gli occhi gonfi di una notte insonne.
"Lo amo troppo, non potrei vivere senza d lui..."
Forse perché lui è l'alibi che giustifica il suo malessere?