mercoledì 16 settembre 2009

Obbedisci o ti ammazzo

"Obbedisci o ti ammazzo" non è più soltanto un modo di dire. E' diventato un modo di fare. E ogni giorno una donna muore perché, nonostante le minacce, le percosse, nonostante la paura, sceglie. Decide. E' questo che non viene tollerato? Aggirare, pietire, pregare, circuire, chiedere a bassa voce sì. Decidere no, perché presuppone libertà e parità, non quelle riconosciute dalla legge, quelle che, entrate a far parte della cultura di un popolo, hanno attecchito ormai nel profondo.
In questo quotidiano massacro quello che può falsare il giudizio è la coesistenza apparente di amore e odio in chi uccide. Apparente, perché non c'è sentimento che possa giustificare il possesso di un essere umano, chi uccide lo fa perché vive la donna - che è ben lungi dall'amare sia tanto che troppo - come sua proprietà. Non è un raptus, non è che per qualche secondo il suo cervello vada in tilt, è da sempre che non conosce un rapporto basato sul rispetto, è da sempre un violento, un prepotente. La depressione, male dell'anima che colpisce molto più le donne degli uomini, sorella degenere della rabbia introiettata, induce soltanto i maschi a tirare fuori da sé l'aggressività, perché le donne l'eventuale arma la rivolgono soprattutto verso se stesse. E ancora, a nulla valgono le denunce che le donne fanno delle minacce, delle intimidazioni, dei pedinamenti e delle botte. Ancora troppo esile è la difesa normativa in questo campo e, se un uomo decide di farla pagare alla donna che non lo ama più, è probabile che riesca a farlo. Il nostro ordinamento giuridico contempla il divorzio, ma una divorziata come viene "vista" nel contesto sociale? E' una donna come le altre? Come una vedova? Eh no!, nonostante il divorzio sia ai primi posti nell'elenco degli eventi traumatizzanti della vita, la vedova è considerata con rispetto, la divorziata con sospetto, specialmente se è lei che ha scelto di lasciare il marito.
Dov'è la complicità femminile? Quanto è ancora ardua, tutta in salita la strada da compiere? Quante donne sono ancora ben lontane dall'aver acquisito la coscienza dei propri diritti e del proprio valore? Leggere ciò che le donne scrivono ai giornali, scoprire in internet la punta dell'iceberg della sofferenza femminile è sconvolgente, ma indicativo di una realtà che è difficilissimo modificare soprattutto, ripeto, scendendo a scandagliare il rapporto che i due sessi, ripeto i due sessi, hanno con un immaginario femminile che sembrerebbe rassicurante non modificare.
Bisognerebbe almeno incominciare a fare chiarezza nella comunicazione di certe notizie. Bandire, per sempre, l'amore dalla gamma dei sentimenti che spingono a uccidere e che sono tutti negativi. Poi tanto, tanto ancora sarebbe da fare.
Queste donne non vogliono fiori, né lacrime, né lagne; vogliono ciò che in vita non hanno avuto e per cui sono morte: rispetto. Cerchiamo di non dimenticare che a questo rispetto, almeno ora, hanno diritto.