venerdì 4 settembre 2009

Romanzo a puntate I Dellapicca

Blanko appoggiò il bicchiere sul bancone con un gesto deciso, si calcò il berretto sulla testa e poi, dopo esersi girato, si avviò verso l'ingresso della taverna, mentre gli avventori si scostavano, rispettosi, per farlo passare. Il Moro che lo seguiva, appena varcata la soglia, gli si affiancò. Blanko si fermò, squadrandolo senza parlare, vagamente sorpreso nel constatare che l'uomo davanti a lui non sembrava a disagio sotto il suo sguardo freddo che teneva a distanza la gente.
"Mi hanno detto che state cercando un uomo che vi aiuti nelle operazioni d'imbarco del legname..."
"Cosa sapete fare?" chiese Blanko.
"Riempire una stiva a puntino, controllare gli scaricatori, reclutare marinai, organizzare un trasporto via mare... Cosa vi serve?"
"A parlare son bravi tutti" rispose lo slavo, misurando le parole, mentre lo sguardo gli scivolava sulle braccia muscolose, le spalle e il collo taurino dell'uomo davanti a lui che la giubba conteneva a stento.
"Mettetemi alla prova" e la voce del Moro era calma e ferma.
"Da dove venite? Siete solo?"
"Vengo da Trieste" e, dopo una breve esitazione, aggiunse "No, non sono solo".
"Cosa facevate a Trieste?"
"Mi occupavo di spedizioni marittime" e, altra breve pausa, "Avevo un socio".
"Avevo?" chiese Blanko.
"Vi interessa il mio lavoro o la mia storia?"
Blanko sorrise: quell'uomo, di cui aveva intuito la forza e l'attitudine al comando, gli piaceva.
Ora che il fratello, che già aveva iniziato a lavorare con lui, era morto, gli avrebbe fatto comodo poter contare su qualcuno che lo aiutasse. Valeva la pena di dargli un'opportunità. Se non si fosse dimostrato all'altezza... be', avrebbe sempre potuto cambiare idea. Però qualcosa di ciò che il Moro aveva detto l'aveva colpito: era strano che avesse scelto di andarsene da una città come Trieste per sbarcare sulle coste istriane a cercare lavoro; anche la storia del socio era poco chiara, ma in fondo quell'uomo aveva ragione: erano fatti suoi che non lo riguardavano...
Un cenno del capo pose fine al colloquio, mentre con un gesto della mano Blanko faceva segno al Moro di seguirlo, infilandosi nel caos del porto tra una pila di merce da una parte e alcuni marinai che contrattavano un ingaggio dall'altra.
La nave della Serenissima ondeggiava maestosa davanti a loro: una catasta di pali si andava innalzando sulla banchina, circondata da alcuni marinai che agganciavano i tronchi con delle funi, sollevandoli tra imprecazioni in cui s'incrociavano il veneziano, il croato e altri dialetti locali. Il palo agganciato per ultimo, dopo aver oscillato pesantemente, piombò a terra sfiorando un caricatore che, con un guizzo, lo evitò per un pelo.
"L'imbagatura è fatta male: deve essere collegato anche al centro" disse il Moro, precedendo Blanko che stava per dire la stessa cosa. Dunque - pensò - il Moro aveva parlato con cognizione di causa.
"Provate a dirigere voi le operazioni d'imbarco" gli disse e si sedette su un muretto che aveva alle spalle, pensoso, senza mai distogliere l'attenzione dall'uomo che aveva già cominciato a dare ordini. I marinai e i caricatori, dopo un momento di incertezza iniziale, ora attendevano i suoi ordini come se fosse per loro normale obbedirgli. (continua...)