sabato 29 agosto 2009

Togliamoci il cappello ragazzi: sfila il disastro!

La gatta miagola contrariata, osservando la pioggia in questa mattina di fine agosto che è già preludio d'autunno. Oltre i vetri della finestra il pino trasuda umidità, mentre sbocciano gli ombrelli. Anche oggi sarà giornata da bollino rosso sulle strade. Rientrano i vacanzieri.
Il primo dell'anno non cade a gennaio, cade a settembre.
Gli operai, rappresentanti di una classe sociale data per dispersa, ritornano: abbarbicati alle gru, pericolanti dai tetti, in pieno sciopero della fame, difendono con la forza della disperazione il loro lavoro. E i padroni difendono i loro profitti, comprimendo i costi di produzione, in primis stipendi e salari, poiché i prezzi non possono essere aumentati, vista la contrazione dei consumi e la concorrenza dei paesi emergenti.
I giochi sporchi si fanno di nascosto: ricordo Trentin, con gli occhi bassi, a borbottare di concertazione, comunicandoci l'abolizione della scala mobile decisa in agosto. E la copertura dall'inflazione? Ci avrebbero pensato economisti e banchieri a manovrare tassi d'interesse, riserve bancarie, emissione di titoli di Stato... Abbiamo visto come. Ora uno di loro, il ministro Tremonti, spara a zero sulla categoria, invitando al silenzio i suoi rappresentanti.
Condivido: un minuto per commemorare i morti sul lavoro e il massacro di una generazione che, in larga parte, non avrà mai un posto di lavoro stabile, né una pensione, né una casa, né dei figli.
Togliamoci il cappello ragazzi: sfila il disastro!

La madre di tutte le libertà

In un linguaggio contenuto, mai enfatico, chiaro e, ripeto, elegante nella sua sobrietà, un internauta mi parla della sua esperienza di blogger e mi colpisce non tanto per la sua competenza, ma forse perché il suo amore per la Rete - questo mare virtuale che la tecnologia ci ha messo a disposizione che ogni giorno lascia sulla spiaggia, come conchiglie, migliaia di post - così diverso, nella modalità in cui si manifesta, dal mio, è perfettamente eguale al mio in un altro aspetto.
Io non lo conosco se non per ciò che scrive e per come lo scrive. Scrive di blog e lo fa bene. Si sente che l'argomento lo interessa e che l'ha sviscerato, girandolo e rigirandolo tra le mani, in modo da coglierne ogni aspetto. Sembra dispiacersi dell'uso improprio che alcuni ne fanno, della loro rozzezza nel maneggiare qualcosa che dovrebbe essere trattato con cura. Il blog si esprime, al meglio e al peggio, attraverso le parole e questo blogger le usa con grande attenzione, accompagnandole raramente con aggettivi- che, proprio per l'accuratezza che usa nella loro scelta, risulterebbero pleonastici - e evitandone l'uso a effetto. Lui non vuole colpire, vuole spiegare.
Se dovessi abbinare ai suoi post un sottofondo musicale sceglierei Puccini, mai Verdi: il passionale Verdi che sfida Wagner, non il sentimentale Puccini. A me, che dal "dire al fare" passo con la velocità e il frastuono della Cavalcata delle Valchirie, potrebbe insegnare il senso della misura, che non mi appartiene come indole, ma al quale ho sempre aspirato. La personalità del blogger filtra, rivelatrice di chi scrive, e a me, triestina cresciuta in un clima e una cultura mitteleuropee, sarebbe piaciuto essere come lui che, nella fotografia che lo ritrae, ha un sorriso appena accennato e gli occhialini. Questo blogger lucido e distaccato rappresenta per me ciò che non potrò ma aspirerò, per tutta la vita, a essere. La mia scrittura sovrabbondante, eccessiva nelle virgole e negli aggettivi, che scoppia dove lui scoppietta, urla dove lui sussurra, sghignazza dove lui sorride... be' è diversa, ma forse questa è proprio la ricchezza del blog, delle sue mille facce che non smettiamo mai di analizzare, studiare, ma anche e semplicemente assaporare.
Ma c'è un aspetto fondamentale e insopprimible nella sostanza della comunicazione che accomuna tutti i blogger: si chiama libertà di espresssione. E' la madre, di chi e per chi comunica, di tutte le libertà. In questi giorni perigliosi in cui un politico importante, invece di rispondere all'esigenza di chiarezza dei cittadini, denuncia il giornale che, facendo sua questa esigenza, gli ha posto una serie di domande, questa libertà ha subito un attacco senza precedenti.
Mi auguro che nella nostra democrazia, fragile nei fatti, ma ancora forte nei presupposti e nelle regole normative, i blogger facciano sentire, ancora una volta - forte e chiara - la loro voce a difesa della libertà di espressione.

Romanzo a puntate I Dellapicca

Daviça aveva appreso dalla madre, che a sua volta aveva imparato dalla nonna, a riconoscere,  macerare e  distillare le erbe, a catturare gli scorpioni per infilarli nella bottiglia della grappa da usare per scacciare i reumatismi e a utilizzare le ragnatele per proteggere le ferite e le ustioni. Non aveva quasi finito di trangugiare il suo tè che Branko era caduto in un sonno senza sogni, profondo, quasi comatoso.
Al suo risveglio era piombato nella cucina perfettamente ripulita, e facendosi largo tra la gente venuta a omaggiare il morto, era entrato nella camera da letto dove il fratello, vestito con l'abito nuovo, sembrava dormisse tra mazzi di ginestre che le donne avevano raccolto e intrecciato. Pur sentendosi intontito e privo di aggressività, si era limitato a pensare dipendesse dal sangue perduto e dallo spavento e dalla violenza dell'agguato e, ora, mentre il dolore scacciava ogni altro sentimento, sentiva piegarsi le gambe e farsi confuso il pensiero.
In quello stato d'animo si ritrovò seduto nella chiesa ortodossa, frastornato dalle parole pronunciate dal pope, i novizi festeggiati il giorno prima di nuovo in chiesa, quasi una replica della giornata appena passata: di nuovo tra ginestre, canti e gente, ma in una apoteosi di morte non di vita. La moglie, al suo fianco, lo controllava attenta, il volto pallidissimo che il fazzoletto nero e l'abito da lutto facevano risaltare. Era quasi rauca a furia di cantare, lamentarsi e piangere, com'era tradizione fare in quelle circostanze. Al suo fianco Zastros si attaccava alla sua gonna smarrito e piagnucoloso, non capendo bene cosa stesse succedendo, ma riportando un'impressione generale di paura, angoscia e dolore che avrebbe da quel giorno sempre associato alle ginestre, al loro spavaldo colore e al profumo intenso dei loro fiori.
Al cimitero calarono il corpo nella fossa, senza cassa, avvolto in un lenzuolo, all'uso slavo.
Poi tutti fecero ritorno alla casa del defunto per il banchetto. Quelle ore successive all'agguato rimasero nella memoria di Blanko confuse e frammentate anche e, soprattutto, a causa del potente sedativo che la moglie aveva aggiunto alla bevanda del marito, rendendolo così debole da impedirgli di organizzare e dare attuazione alla vendetta. Ora che finalmente anche il complesso rituale previsto per la morte era stato rispettato, mentre nella camera da letto di Blanko e Daviça calavano le ombre della notte nella casa improvvisamente deserta e silenziosa, e il marito, dopo aver trovato un confuso conforto tra le bianche braccia della moglie, si era addormentato pesantemente addosso a lei, Daviça poteva permettersi il lusso di riflettere su ciò che era avvenuto. Quel perpetrarsi di agguati, vendette e ritorsioni avrebbe finito per distruggere entrambe le famiglie e aver evitato il peggio in quella circostanza non la poneva al riparo da decisioni scellerate in seguito. Era indispensabile trovare una soluzione definitiva che ponesse fine a quella faida sancita nella loro razza da una consuetudine che aveva lo stesso valore di una legge o ordinamento che fosse stato imposto dal Senato della Serenissima. I rappresentanti veneziani della Repubblica si guardavano bene dall'interferire in quelli che consideravano affari interni, connessi a quelle che ritenevano abitudini selvagge di popoli a loro inferiori. Si ammazzassero pure tra loro gli Slavi, l'importante era soltanto che i campi venissero coltivati, la legna imbarcata con il marmo e le damigiane di olio e vino e il pesce seccato, stivato per benino, nelle navi che facevano la spola tra l'Istria e Venezia - pensò Daviça, prima di cadere anche lei in un sonno popolato da incubi che la svegliarono varie volte nel corso della notte facendola rifugiare tra le braccia del marito che, borbottando qualcosa al suo orecchio, la rassicurava.
(continua...)
Nb. Mi scuso con i miei lettori per la versione "andata in onda", che avevo appena abbozzato
senza titolo e senza riferimento all'etichetta. Sto facendo delle prove sul blog e il mio pc improvvisa di testa sua e non risponde ai comandi...