domenica 16 agosto 2009

Scrittura

Gli scrittori sono curiosi? Sì, ma qual è la curiosità che li contraddistingue? Non è certo il gossip, è piuttosto la voglia di conoscere la conclusione o l'evoluzione di una storia, forse per verificare la loro capacità di analisi dei personaggi, l'abilità di calarsi nei loro panni in una sorta d'identificazione per ipotizzarne verosimilmente i comportamenti o le scelte. Penso che uno scrittore sia - come un attore a livello interpretativo - in grado di sviluppare una storia anche partendo da uno spunto apparentemente poco importante o, secondo chi scrittore non, è scarsamente incisivo. Ha osservato un amico mentre si vestiva e, nella sua testa, ha preso forma il protagonista di una storia. Quel giorno l'aveva visto sostare pensoso davanti all'armadio, un occhio agli abiti appesi e un altro alla finestra, cercando di indovinare la temperatura e l'evolversi di quelle nuvole in corsa. Lo scrittore, da quell'osservatore che è, aveva già notato quel qualcosa in più, un'esitazione, un'altra occhiata alla finestra mentre la mano saliva ad accarezzare il mento, lo sguardo che si perdeva nel vuoto. Il protagonista era distratto, la sua mente altrove, i gesti, dettati dall'abitudine, risultavano privi di grinta, anzi la grinta in quest'uomo, se mai c'era stata, ora non c'era più. Era un uomo in crisi, ingabbiato in una routine che fino a quel momento era riuscito ad accettare ma che, in quella mattina in cui qualcosa dentro di lui si era spezzato, senza fare nemmeno crac tanto era usurato e sottile quel legame che ancora lo univa alle sue rassicuranti e noiose abitudini, gli era diventata insostenibile. E lui, lo scrittore, lo descrive, ne tratteggia la noia, il disagio che gli serpeggia sotto pelle. Poi, cercherà le motivazioni di quel malessere facendo decollare la storia in chiave fantastica: in quale città, periodo storico, classe sociale collocherà il suo protagonista? Qui la fantasia dello scrittore deve cedere il passo al lavoro organizzativo che include quasi sempre una ricerca. E' la parte meno creativa ma è quella che dà al protagonista uno sfondo scenografico, un'appartenenza che consentirà all'autore di passare alle parole che, pensate, sussurrate, scambiate con un interlocutore, daranno il via alla storia, rispettando il nesso logico che lega i dialoghi al luogo e al tempo della narrazione.
A questo punto lo scrittore attingerà a tutto ciò che ha sbirciato, ascoltato, immaginato, ipotizzato, ai mille sguardi di troppo che ha lanciato su seccati passanti, ai dialoghi origliati sui tram, alle associazioni fantasiose che traggono vita da tratti fisionomici, elaborate sulla base di sguardi rivelatori o presunti tali, bocche serrate su confessioni impossibili, mani artigliate a contenere angoscia o dare la stura all'allegria.
L'archivio di storie da raccontare si baserà su quella vasta gamma di spunti che la sua curiosità gli ha permesso di raccogliere e archiviare. Un ultimo consiglio: tenetevi lontani dagli scrittori: sono divoratori bulimici di vite altrui.