giovedì 13 agosto 2009

Romanzo a puntate I Dellapicca

Maria si era ripresa e Sigismondo era scivolato giorno dopo giorno nelle vecchie abitudini quando, una mattina, alcuni colpi battuti con impazienza alla porta lo scaraventarono giù dal letto.
Scese, incespicando ancora assonnato nei gradini, e borbottando un " Vengo, vengo...un minuto di pazienza" fece scorrere il chiavistello, inquadrando il volto del Moro.
"Allora cos'è successo di tanto grave da buttarmi giù dal letto a quest'ora?" chiese.
"Vostra madre e morta!"
"Morta?!" esclamò il Veneziano, aprendo il portoncino e accasciandosi subito dopo su una delle sedie dell'ingresso, mentre la madre gli tornava alla memoria nell'ultima immagine che aveva di lei che, alla finestra del palazzo sul Canal Grande a Venezia, si sporgeva a salutarlo - ignara della decisione da lui presa di fuggire dalla città. Meccanicamente chiese al Moro "Come l'hai saputo? Ma è una notizia certa?"
"Al porto mi sono fermato a bere e a scambiare due chiacchiere con tre mercanti veneziani e, nel discorso, uno ha rammentato all'altro dei due che sarebbe dovuto ripartire immediatamente per Venezia, dove lo aspettava, per festeggiare la nomina appena conferitale, la nuova badessa del Convento delle Carmelitane Scalze". "Be', ma questo cosa c'entra...?"
Il Moro lo zittì con un'occhiata, proseguendo "L'altro si è intromesso chiedendo che fine avesse fatto la vecchia madre badessa - che lui conosceva molto bene - e non vi dico la faccia che ha fatto venendo a sapere che era morta nel crollo di uno dei soffitti del convento assieme ad alcune monache e alla contessa Dellapicca"
"E se si trattasse di qualche vecchia cugina?" mormorò con una punta di speranza Sigismondo.
"Per essere sicuro, a questo punto, sono intervenuto, fingendo di non sapere nulla di voi e ho detto:"Avevo conosciuto un conte, un certo Sigismondo Dellapicca. Sono passati parecchi anni, ma lo ricordo bene perché mi ha spennato al tavolo da gioco". E, abbassando la voce, continuò: "Mi hanno tolto ogni dubbio", poi, dopo una pausa di esitazione, concluse:"Hanno detto letteralmente che la contessa era finita in convento dopo che il figlio era scomparso da Venezia, abbandonandola alla sua sorte, o meglio malasorte, a vedersela con i creditori che l'avevano spogliata di tutti i suoi beni. Be',i particolari ve li risparmio".
Ma Sigismondo sembrava non ascoltarlo più. Lo sguardo fisso su un punto imprecisato se ne stava immobile ignorando il Moro che, con un colpo di tosse imbarazzato, dopo averlo salutato, uscì dalla casa.
Sigismondo era rimasto immobile fino a quando, sentendo un passo lungo il corridoio, aveva alzato la testa vedendo entrare la moglie, l'espressione del volto che lasciava intuire avesse sentito il breve scambio di parole tra i due uomini. Si era alzato, andandole incontro, mentre, improvvisamente agitato, le diceva: "Parto per Venezia, oggi stesso. Devo dire una preghiera sulla tomba di mia madre".
" Mi dispiace...Vuoi che ti accompagni?"
"Sarebbe pericoloso" le rispose il marito.
"Perché?"
Sigismondo le lanciò unocchiata obliqua, poi, in fretta rispose: "Impazza il Carnevale, non è il caso" e, salendo al piano superiore le gridò: "Sveglia il cocchiere".
Dopo poco la carrozza partiva a tutta velocità mntre Sigismondo, che aveva infilato in tutta fretta, per non essere riconosciuto, il costume da paggio nel baule issato sulla carrozza, si lasciava andare ai ricordi.