martedì 30 giugno 2009

I Dellapicca

La porta si spalancò e Sigismondo entrò di prepotenza, le mani che gli tremavano, mentre il suo sguardo scivolava sulla levatrice che, impacciata, borbottò qualcosa d’incomprensibile.
Teresina non si voltava, immobile, la testa china sui due fagotti dai quali provenivano quei lamenti simili al pigolio di un pulcino. Nel disordine delle lenzuola, sfigurata dallo sforzo del parto, giaceva Maria. L’uomo si avvicinò alla serva chiedendo: “Sono maschi?”mentre con la mano scostava il panno in cui erano avvolti per guardarli. Teresina mormorò “Femmine” con una strana esitazione nella voce, non osando nemmeno alzare gli occhi sul padrone.
Il volto del Veneziano, quando lo rialzò, era livido. Sulla stanza calò un silenzio minaccioso, appena incrinato da quel pigolio infantile. Poi senza degnare nemmeno di uno sguardo la moglie si rivolse a Teresina.” Vieni con me!” le ordinò, perentorio, facendole cenno di riconsegnare le neonate alla levatrice.
La serva obbedì sollecita e tremante, seguendo il padrone che apriva la porta per uscire dalla stanza.
La levatrice emise un sospiro di sollievo e si avvicinò alla donna che giaceva silenziosa sul letto, adgiandole accanto le neonate: una chiara come la madre, una peluria dorata a incorniciarle il viso rotondo ancora un po’ tumefatto dal parto, l’altra la pelle nera come la notte e gli occhi scuri.
“ Anima mia, ma proprio con un negro dovevate tradirlo vostro marito? Questi sono peccati che non si possono nascondere.”
Maria non rispose, lo sguardo che scivolava, sgomento, sulle figlie.
(continua...)