venerdì 12 giugno 2009

Non potendo imbavagliare le coscienze, si imbavaglia l’informazione?

Tra i miei ricordi d'infanzia, oggi, mi viene spontaneo ripescare l'immagine di mio padre che, in bicicletta, tornava dal lavoro per l’ora di pranzo; in tasca, immancabili, due quotidiani: L’Unità e Il Corriere della Sera. E, dopo aver mangiato, si trincerava dietro al giornale che mia madre non si sarebbe mai sognata di leggere, anche se ascoltava i commenti, spesso arrabbiati, qualche volta furibondi, di mio padre. Era così che noi tre donne di casa, mia madre, mia sorella e io, venivamo informate sui fatti del giorno. Ho chiarissimo questo ricordo, così come rammento di non avere mai aperto uno di questi giornali fino al giorno in cui varcai, timida insegnante fresca di laurea, la porta di una classe.
Anche se finivano a mollo nella vasca da bagno, per farne delle palle da asciugare al sole sul terrazzo d’estate e utilizzare d'inverno come combustibile povero, quelle due fonti d’informazione - mio padre diceva la linea di partito e la linea di governo - sintetizzavano l’esigenza del suo controllo, di lettore, sulla notizia.
Perché la notizia deve essere verificata a monte e a valle, non può essere soltanto “urlata”e ridotta a immagine ( bisognerebbe almeno sapere a quale criterio e obiettivo s’ispiri la selezione di queste immagini).
Quando arrivò in casa la TV, mio padre non smise di comperare i giornali: ampliò la sue fonti d’informazione, non smettendo di sbraitare nemmeno davanti a quel programma chiamato, se ben ricordo, Tribuna Politica. Spesso, io mi sedevo accanto a lui, ma di solito mi annoiavo; non era divertente, la politica non era ancora diventata spettacolo: era politica, come lo sport era sport e un film era spettacolo su base fantastica.
Quanto rapidamente, annullando la dimensione spazio/ temporale alla quale il giornale è soggetto e rendendo di fatto la notizia, attraverso una spettacolarizzazione sempre più accentuata, uno show, la TV diventò la fonte d’informazione più seguita?
Molto rapidamente.
“L’hanno detto in TV, prof.” avrebbero strillato di lì a poco, facendomi imbufalire, i miei alunni. Questo mezzo d’informazione di massa, assurto, in breve, a nuova bibbia del sapere, cambiò l’approccio all’informazione, relegando nell’angolo i giornali. Ma il “Grande Fratello” di Orwelliana memoria, che entrava ormai in tutte le case, diventando baby sitter gratuita e alternativa chiassosa al vuoto di parole e sentimenti tra coniugi stanchi, poteva essere usato, anche e soprattutto, per ottenere e, successivamente, conservare consenso. Senza arrivare ( si spera) a indottrinare attraverso messaggi subliminali, la TV uniformava, omologandola verso il basso, l’opinione pubblica, appiattiva la società attraverso un impoverimento culturale favorito da scelte di programmi di pessimo gusto improntati alla volgarità, asserviti a nuovi valori emergenti come il successo, misurato dalla visibilità non dalla professionalità, il denaro, l’arroganza, la protervia, che altro non sono se non le caratteristiche del Potere, balzato in groppa e pronto a cavalcare la tigre dell’informazione, manipolandola per ottenere e conservare il consenso.
Nasceva e si sviluppava, intanto, a velocità supersonica, la terza fonte d’informazione: il Web. Un onnicomprensivo calderone dilatabile a dismisura in cui tutti scrivevano, caricando immagini, aggiungendo commenti, informando, sottolineando musicalmente, andando a zonzo nella blogsfera.
Il confine tra reale e immaginario si faceva e si fa, oggi, ancora più labile, le modalità di apprendimento dei nativi del web ne modificano addirittura i circuiti neuronali, la verifica sulle informazioni fornite si fa inconsistente come una tela di ragno. Tutto sfuma: siamo nel regno della contaminazione.
E’ bellissimo. E’ pericolosissimo.
Quali rimedi ci possono garantire un’informazione reale e corretta?
L’uso, critico e attento, di tutto ciò che abbiamo a disposizione: l’anima, filtrata attraverso la testa razionale e precisa, del giornalista e le sue gambe che lo portano in giro a scovare notizie, a chiedere a seguire ogni pista come un segugio, la potenza evocatrice dell’immagine in TV e il cuore, le emozioni e il confronto dei blogger che stanno scoprendo nuove forme di partecipacipazione e informazione dal basso.
E accettabile in un Paese moderno, civile, democratico, alla luce di quanto ho scritto, che il politico più importante del momento controlli in toto, anche se con modalità diverse, la televisione e buona parte della stampa? E che, caso unico in Europa e nel mondo occidentale, istituendo il reato d’informazione, renda punibile con ammenda e/o reclusione il diritto/dovere del giornalista di informare?
Non potendo imbavagliare le coscienze, si imbavaglia l’informazione?
Non dimentichiamo che il giornalista e scrittore Saviano, per avere informato con il suo libro "Gomorra" e i suoi articoli e post i lettori sulla realtà della mafia nel nostro Paese, viaggiava sotto scorta, prima di essere costretto a emigrare.
Vogliamo, dopo l’emigrazione delle braccia, dei cervelli e delle coscienze, diventare il Paese da cui saranno costretti a fuggire anche i giornalisti, per poter fare il loro lavoro, che è soltanto quello di informare?
Vi invito a riflettere e a sottoscrivere l'appello su Repubblica a tutela della libertà d'informazione.