mercoledì 15 aprile 2009

Parole

Scrivi tu che scrivo anch’io
scrive pure nostro zio
Le parole son di fuoco
sono frecce a dire poco,
le parole sono dure
per descriver le paure
il tormento, il pianto, l’urlo

Ingegnere era crepato quel soffitto a te mostrato?
Assessore, non averlo sospettato
è da uomo, a dir poco, ritardato
Manco il sindaco ha capito
che l’inferno era ad un dito
dalle case,
dai bambini che giocavan nei giardini
dai ragazzi, che tra frizzi e pure lazzi
son crepati nei palazzi, costruiti con la sabbia
lieve, lieve,
come panna come neve
….
non è certo la parola a essere greve
Scrivi tu che scrivo anch’io
scrive pure nostro zio
Le parole fan paura,
se ci vuole la censura
Le parole sono un’arma
Che disturba ‘sta marmaglia
Difendiamole coi denti,
che a voler esser prudenti
alla lunga
si diventa conniventi.

"VINTAGE"

Recuperare un abito di sartoria meravigliandosi dell'accuratezza del cucito, della maestria del taglio, della qualità della stoffa, è già un modo di ribellarsi a chi ci vorrebbe tutti eguali, livellandoci verso il basso, per controllarci meglio. Erano abiti fatti per durare - non a caso sono ancora qui - abiti da immortalare nelle fotografie di famiglia, da conservare con cura, da riporre con la naftalina d'inverno e i mazzetti di lavanda nelle altre stagioni. Ho un'amica che veste "vintage". Raffinata e inconfondibile, non vagamente demodée, ostentatamente diversa, mi ha insegnato la bellezza del kitsch. Io, ragazzina piccolo borghese, seguivo 'la Moda' negando il mio gusto un po' eccentrico e la mia creatività. E' stato liberatorio uscire dagli schemi, ritrovando abiti che hanno una storia perché della Storia fanno parte. Chi ha la mia età, ad esempio, non potrà non legare i sandali con la suola ortopedica e i calzini corti, ai quali venivano abbinati, agli ultimi durissimi anni della Seconda guerra mondiale, alle mamme o alle nonne che, in bicicletta andavano nei paesi, nelle case dei contadini, abitini e tovaglie ricamate nelle sporte, da barattare in cambio di uova e pacchi di farina. Furono loro, le donne, ad assicurare la sussistenza alimentare alle famiglie dopo l'Otto Settembre, quando molti uomini si nascosero, altri andarono in montagna con i partigiani, tanti vennero fucilati o deportati...
Se l'abito è travestimento e maschera, scegliamo maschere raffinate e personali. Sarà anche un modo per rinsaldare quel filo rosso che lega senza soluzione di continuità le madri alle figlie, alle nonne...Indossare certi abiti, sparire sotto cappelli a pagoda era "crearsi un tipo?" E l'alter ego o l'avatar o il nick name non sottintendono forse lo stesso bisogno di mistero e mascheratura?

Gente di mare

Era già una ragazzina la prima volta in cui vide Venezia. In gita scolastica, affrontava un viaggio senza i suoi genitori. C'era stata una levataccia alle prime luci dell'alba, il latte ingoiato in fretta, le raccomandazioni sulla porta, il bacio frettoloso di sua madre e poi, via di corsa alla stazione delle corriere. Durante il viaggio avevano chiacchierato, cantato, fatto un po' le sceme con i ragazzi dell'altra classe che partecipava alla gita. Le insegnanti, asserragliate nei posti dietro al guidatore, che dormicchiavano presagendo le corse notturne che non avrebbero consentito a nessuno, clienti dell'albergo compresi, di dormire.Venezia li aveva accolti con una di quelle giornate primaverili, piene di luce, che la rendono disarmante nella sua decadente bellezza. Come belletto troppo acceso su guance cascanti il sole ne scopriva le magagne, le muffe verdastre, i colori scrostati quasi bruciati dalla salsedine, ma ne esaltava anche gli ori e gli smalti accendendo di  luci i suoi palazzi. Lei camminava stupita dalla diversità del luogo rispetto a tutte le altre città che aveva conosciuto: era una città che vibrava di suoni dall'ansimo dei vaporetti alllo scoppiettio dei motori dei motoscafi.
Stavano seguendo l'itinerario nell'intreccio delle calli che li avrebbe portati a Piazza San Marco, quando una casa d'angolo attirò la sua attenzione. I muri scrostati lasciavano intravedere vari strati di colore e, in alcuni punti, mettevano a nudo pietre e mattoni corrosi dall'umidità. - La porta è sull'altro lato del vicolo, - pensò, - e accanto ad essa c'è una finestra con il davanzale ingombro di piante aromatiche. Il vicolo, brevissimo, porta a una piazza minuscola, quadrangolare al centro della quale campeggia un pozzo: in marmo, il bordo rotondeggiante che sostiene un arco in ferro battuto attorno al quale si avvolgono, sbalzati a mano, tralci d'edera. Sull'altro lato della piazza, due gradini di pietra potano all'approdo delle gondole. Ce n'è una nera, lussuosa, tappezzata di velluto color cremisi...
Svoltò nel vicolo, il cuore che le batteva forte, le mani strette a pugno nelle tasche del maglione. La piazza era lì, come l'aveva immaginata, avvolta in un silenzio irreale. Non c'era...oh sì, non l'avevo notato quel vecchio seduto su una sedia impagliata, di quelle che abbondano nelle osterie di paese, curvo, incartapecorito, le mani, deformate dall'artrite, appoggiate in grembo, un basco in testa. Lo sguardo, negli occhi assediati e vinti dalle rughe, sembrava fisso su qualcosa che soltanto lui fosse in grado di vedere.
Si avvicinò, lui le lanciò un'occhiata di sghembo mentre, impacciata, accennavo un saluto con il capo.
" Sei venuta" le disse.
" Come? " borbottò in risposta, stupita.
" Volevo vederti prima di morire".
" Ma...chi è, che cosa sta dicendo? " domandò spaventata.
" Vieni da una città di mare" Non era una domanda, ma un'affermazione alla quale lei fece seguire, inquieta, la sua domanda:" Come lo sa?".
" Dai tuoi occhi: noi, gente di mare, abbiamo l'avventura nello sguardo, che non teniamo mai basso, che piantiamo in faccia a chi ci parla. Noi, abituati a spaziare, la libertà ce la portiamo nell'anima di cui lo sguardo è la via d'accesso. Ricordati che sei nata libera e non permettere a nessuno di chiuderti in gabbia."
Sentii uno scalpiccio di passi alle mie spalle e una voce "E' da un'ora che ti cerco! Dovete stare tutti insieme...Cosa ti è saltato in mente..."
" E' successa una cosa stranissima" rispose, voltandosi verso l'insegnante che era ormai alle sue spalle, " lo vede questo signore?"
" Chi? Qui non c'è nessuno. E ora non metterti a raccontare storie, a cercare scuse..."
Si voltò, non c'era nessuno. Soltanto un gatto si strusciava contro il muro.
Nella piazzetta bionda di sole si udiva solo il sussurro dell'onda che instancabile s'infrangeva, aggredendoli, sui palazzi che affondavano nell'acqua.