sabato 20 dicembre 2008

La neve danza


Si era alzata presto e aveva, per prima cosa, sbirciato oltre il vetro della finestra. Il bianco assoluto del paesaggio, coperto dalla neve, le aveva rimandato una sensazione di estraneità. Non una macchina aveva osato avventurarsi sulla strada e anche sul marciapide non doveva essere passato ancora nessuno. I fiocchi continuavano, incessanti, a scendere, sfarfalleggiando lievi.
Odiava la neve: la faceva sentire in trappola, segregata tra le quattro pareti del suo appartamento. Roteando le braccia a mulinello per riscaldarsi, andò in cucina, accese il riscaldamento e mise sul fuoco la moka. Qualcuno si muoveva nell'appartamento sopra al suo, ma la neve ottundeva i rumori, impadronendosi non soltanto delle cose, che riserrava nel proprio abbraccio gelato, ma anche dei rumori.
Comandava, spadroneggiava e, se fosse scesa la temperatura, avrebbe cristallizzato il paesaggio in un'istantanea di gelo. Allora sì, sarebbe stato un bel problema.
Il caffé borbottò, schiumando. Il calore dalla tazza si propagò allo stomaco, ma la sensazione di ottusimento mattutino permase. Ebbe la sensazione di essere osservata. Con la coda dell'occhio avvertì un movimento, quasi un guizzo, oltre il vetro della finestra.
Si voltò; sui vetri scivolava solo la neve, placida.
Si avvicinò alla finestra che il cortile del palazzo separava dalla strada. Piccole orme scure indicavano un passaggio: qualcuno aveva attraversato il cortile, giungendo fino sotto alla sua finestra, ma chi? Le orme erano minuscole, anche se sagomate in modo da non lasciare dubbi. Sembravano orme di bambino. Di nuovo ebbe la sensazione che qualcuno la guardasse e, per la seconda volta il cortile sembrò animarsi, quasi un bisbiglìo salisse dai tronchi, propagandosi alle siepi e ai roseti genuflessi sotto il peso della neve.
Aprì la finesta e si sporse, sospettosa. Tutto taceva e la neve, che continuava, incessante, a cadere, già ricopriva le piccolissime impronte.
Tintinnò, o fu soltanto una sua impressione?, un suono di campanelli.
" Manca soltanto che mi suonino Jngle bells..." pensò, richiudendo la finestra, mentre lo sguardo le cadeva sul davanzale dove un pettirosso intirizzito la fissava, apparentemente senza temerla. Immobile. Quando lo raccolse si rese conto che il gelo l'aveva ucciso. Era bellissimo, perfetto nella sua immobilità. Il vetro le rimandò la sua immagine: biondi capelli di grano incorniciavano il volto piccolo, dagli zigomi pronunciati. Negli occhi, chiarissimi, il gelo dell'inverno.
Rimase immobile, impietrita.
Si infilò il pettirosso sotto al maglione, vicino al cuore, e rimase in attesa.
Il frullo d'ali fu più lieve di un sospiro, ma lo gnomo lo percepì.
Lei sobbalzò e i campanelli tintinnarono festosi nella sua testa. Guardò fuori dalla finestra
e sentì sussurrare la neve, perchè, voi bambini ben lo sapete, la neve sussurra. E canta. Canta.
E, sempre - è inutile che ve lo ripeta - scendendo, danza.
Sussurra, canta e danza per la felicità dei bambini e di chi conserva, nell'anima, una traccia d'infanzia.

Viaggio di cuore

Ho letto un libro che mi è piaciuto molto. L'autrice, Marilena Monti, incentra la storia del protagonista, il poetico, incantato e fragile Ugo, professore di lettere in un liceo, sullo scontro/incontro del protagonista con sé stesso e sulla descrizione del viaggio, che quasi tutti, prima o poi, siamo costretti a fare alla ricerca di noi stessi. La motivazione dell'angoscia che deborda, travalicando i limiti della sostenibilità e obbligando il protagonista a escogitare ogni possibile tecnica di sopravvivenza, é un trapianto di cuore che, se inizialmente consente la creazione di un alibi, subito dopo non permette che a quell'alibi ci si aggrappi, facendolo a pezzi, scardinandone le fondamenta e travolgendo in questa furia anche il protagonista. Muri di parole, aspre e forti, si ergono a inutile difesa di una parvenza di vita ferita da dolori antichi e rancori incancreniti, mentre il viaggio diventa fuga e ricerca di un oblio irraggiungibile. La scrittura calda e piena, ricca fino all'opulenza, della scrittrice si fa serrata e incalzante, svelando non soltanto angoli di Sicilia ubriachi di sole, ma anche scelte e sentimenti, sprofondati a viva forza nel buio della dimenticanza che, riemergendo, a spizzichi e bocconi, di luogo in luogo, di ricordo in ricordo...
Non vi anticipo il finale. Imprevedibile!