giovedì 23 ottobre 2008

ISA/ISO

Sentì il trillo della sveglia e, ancora assonnata, socchiuse gli occhi. Dalla finestra filtrava un chiarore soffuso che disegnava figure in movimento sulla parete davanti a lei. Qualcuno, nel palazzo di fronte, accese una luce. Una radio cominciò ad eruttare parole in libertà
Allungò un piede fuori dal letto e, a tastoni, cercò le ciabatte.
Intorno a lei, fastidiosi e rassicuranti, i rumori di sempre. Imprecò mentalmente contro Giovanni, il figlio unico della coppia che occupava l’appartamento posto sopra al suo, che, come da copione, aveva ricominciato a litigare con la madre. Al piano terra, la custode iniziò a cantare, trascinando i bidoni dei rifiuti lungo l’androne.

Isa si passò una mano sul collo ancora irrigidito dal sonno, ed ebbe la sensazione di non trovare i capelli. “ Non sono ancora sveglia del tutto “ pensò, stropicciandosi gli occhi. “ Mi occorre un buon caffè per iniziare la giornata “, concluse sollevando la gamba sinistra per fare il primo passo, ma una sensazione strana, mai avvertita prima, nel muoversi attraverso la stanza, la bloccò: no, non era una sensazione di debolezza, il problema era eventualmente l’opposto: il suo corpo agile e sottile si era - oh, mio Dio! – si era allargato e allungato!
Rimase immobile, paralizzata dalla meraviglia per un lunghissimo istante; poi, lo sguardo le cadde sul braccio che sporgeva nudo dalla manica del pigiama e, per un attimo, ebbe l’impressione di scorgervi una fitta peluria. “ Ipertricosi “ pensò “ una reazione allergica a qualcosa che aveva mangiato, a meno che non dipendesse da quei maledetti ogm – o come diavolo si chiamavano –sì!, organismi geneticamente modificati capaci, evidentemente, di farti svegliare una mattina pelosa come una scimmia”.

Cercò di calmarsi, facendo appello alla propria razionalità.
Non osava aprire gli occhi e, tanto meno, fare un gesto, un solo gesto per accendere la luce e guardarsi. La sua mano, che in un moto istintivo d’angoscia aveva portato al mento, tastò una pelle rasposa come quella di un uomo mal rasato. Un uomo mal rasato? Un uomo!
Ma Isa dov’era finita?
Chi era quell’essere peloso, sgraziato e rasposo che i suoi occhi, ormai abituati al chiarore lattiginoso del giorno appena iniziato, andavano individuando?

Sopraffatta non più solo dal terrore, ma anche dalla percezione che qualcosa di mostruoso fosse avvenuto in lei, rimase immobile per alcuni minuti, poi, stancamente, sollevata una mano, accese la luce che disvelò una stanza arredata con gusto: tende azzurre che ondeggiavano leggere mosse appena da un alito di vento, cuscini a fiori al loro posto, esattamente dove li aveva posati la sera prima.

Guardinga, mosse qualche passo per consentire allo specchio del suo armadio di inquadrarla; poi, ormai rassegnata al peggio, sollevò lo sguardo e…scoppiò in una risata isterica.
Iso! la osservava ridendo, i corti capelli ricciuti scomposti dal sonno, il segno violaceo della barba non rasata che sottolineava la mascelle quadrata. Il pigiama bianco, ornato di pizzi valenciennes, che tratteneva a stento un solido corpo maschile, muscoloso e scattante come quello di una fiera in agguato. Si passò la lingua sulle labbra, inaridite dall’emozione, avvertendo il sapore dei baffi.
I baffi!

“ Non è possibile, queste cose succedono nei libri, non sono un personaggio uscito dalla penna di Kafka “ e, dal riso, senza quasi rendersene conto, passò al pianto. Un pensiero molesto, ma imperioso “ Un uomo non piange “gli attraversò la mente, obbligandolo a recuperare il controllo di sé. “ Chi lo ha detto? Chi mai ha stabilito che un uomo non piange? Se la natura ci ha dato le lacrime, non sarà un caso; e poi, che battaglia abbiamo fatto per uscire dagli stereotipi, per liberare entrambi i sessi dai cliché? “.

Si pizzicò con forza le braccia, sperando di svegliarsi da un brutto sogno, anzi da un incubo; poi, con un violento gesto di rabbia colpì lo specchio con un pugno. Il cristallo si frantumò in mille schegge, ferendolo. Guardando il sangue gocciolare dalle nocche, si rese conto che la sua rabbia impotente assumeva una connotazione, una modalità di espressione, diversa da quella che aveva connotato Isa.
Beh, certamente Isa non era Iso, avrebbe dovuto fare attenzione. Si prese la testa tra le mani, cercando di calmarsi, mentre un pensiero gli attraversava la mente “ Un medico, sì! é forse questa la cosa migliore da fare “.

Si diresse rapidamente verso l’armadio, si tolse il pigiama, e rimase lì, nudo come un verme, contemplando il suo gingillo per qualche secondo prima di annaspare tra gli abiti dell’armadio alla disperata ricerca di qualcosa di unisex da indossare. Optò per una camicia sportiva, jeans, giacca a vento e scarponcini di camoscio che artigliarono in una morsa senza scampo i suoi piedi larghi e nodosi. Per completare l’opera e mimetizzarsi – o perlomeno tentare di farlo – s’infilò in testa un berretto da montagna – per fortuna si era in pieno inverno – avvolgendosi la parte inferiore del volto in una sciarpa.

Furtivamente, sbirciando intorno a sé come un ladro, uscì dall’appartamento scendendo rapidamente lungo la scala che portava all’androne, ma stava per varcare con un sospiro di sollievo il portone d’ingresso del palazzo, quando avvertì una presenza alle sue spalle. “ Buongiorno signorina Isa, ha visto che tempo orribile? L’inverno quest’anno non finisce più. A proposito, dimenticavo di chiederle una cosa importante: parteciperà alla riunione condominiale di martedì pomeriggio o ha intenzione di rilasciare una delega a qualcuno? “ Iso, senza voltarsi, sussurrò:” Non si preoccupi perché.. “, ma il suono baritonale della sua voce, così diversa dalla abituale, squillante tonalità femminile, lo convinse a tacere. “ Mio Dio signorina Isa, che voce! Si copra, si copra bene e prenda anche un buon latte caldo con il miele. Ha del miele a casa?, altrimenti le porterò un po’ del mio. Sa, me lo manda… “ , ma le ultime parole della custode si persero nel rumore del traffico, perché Iso si era precipitato fuori, quasi di corsa, deciso a recarsi nello studio del proprio medico.

Angosciatissimo, percorse in tutta fretta la strada che separava la sua casa dallo studio del dottore, piombando nella sala d’attesa e infilandosi, indifferente di fronte alle proteste dell’infermiera, direttamente, senza nemmeno bussare, nella stanza dove, seduto dietro alla scrivania, lo accolse con un’espressione piuttosto seccata il suo medico di famiglia.

Iso, che si era fermato ansante, si tolse lentamente il berretto e la sciarpa, fissando il medico negli occhi. L’uomo seduto davanti a lui, assumendo un’aria vagamente sorpresa gli chiese : “ Ma lei chi é? Come si permette di entrare in questo modo? “ In risposta, Iso balbettò: “ Come chi sono? Dottore, non mi riconosce?“. Il medico, con aria ancora più meravigliata, scosse la testa e, quando declinò il suo nome, assunse un’aria tra il divertito e il seccato.

Iso si lasciò cadere sulla seggiola posta di fronte alla scrivania del medico mormorando: “ Mi sono svegliata, svegliato così questa mattina “. Il medico, aggiustandosi gli occhiali sul naso, disse: “ Così come? “ “ Così… uomo! “ e Iso sottolineò le parole pronunciate con un gesto sconsolato della mano per riportare l’attenzione dl medico sui segni più evidenti della sua mascolinità: la barba, i baffi e il gingillo.

“ Beh, non è il caso di agitarsi in questo modo, è normale dopo un intervento come quello che ha subito lei; non sapevo avesse questo problema, non me ne aveva mai parlato “ mormorò il medico.
Iso, passando dalla disperazione alla rabbia, esclamò: “ Ma che intervento del c…o, oh mi scusi, non è da me esprimermi in questo modo. Mi lasci spiegare dottore: io non ho subito alcun intervento e non ho mai avuto problemi d’identità sessuale, ma questa mattina mi sono svegliato così, in queste condizioni”.

Per alcuni interminabili minuti nessuno aprì bocca, poi il silenzio fu rotto dal ticchettio molesto della tastiera del computer. Gli occhi del medico, attenti e vagamente inquisitori, lo osservarono per un istante, poi le sue mani incominciarono a battere sulla tastiera, rileggendo la sua cartella clinica.

“ Vediamo un po’, aggiorniamo i suoi dati “.
“ Ma sta scherzando? mentre il mondo mi crolla addosso, lei non trova niente di meglio da fare che scrivere Iso al posto di Isa e depennare dai farmaci che uso la pillola antifecondativa? “
“ Si spogli, vediamo un po’ cos’è successo “ disse il medico, alzandosi
Cominciava ad averne abbastanza delle domande idiote del medico e, soprattutto, di quell’aria di sufficienza e di quei controlli manuali, in merito alla sua appena acquisita mascolinità, che lo mettevano piuttosto a disagio. “ E’ proprio un maschio, non c’è ombra di dubbio “ affermò, pensoso, il dottore prima di aggiungere:
“ Lei è proprio sicuro di essere la signorina Isa Bazzocchi? So che la signorina aveva un fratello… “
“ Anche un cugini, anzi due “ ironizzò acidamente Iso e, con un salto, sceso dal lettino, si rivestì rapidamente prima di uscire dallo studio, ignorando le ultime parole del medico che gli consigliava di fare degli esami. Una signora gli si parò davanti , lamentandosi per il mancato rispetto delle priorità imposte dalla lunga fila di pazienti che, nel frattempo si agitava davanti ai suoi occhi. Ma quando lo sguardo di Iso, furente di rabbia, le si posò addosso, si rintanò spaventata sul divanetto. Solo un uomo si avvicinò con aria vagamente minacciosa, ma, anche lui, quando Iso alzò un braccio con la mano stretta a pugno verso di lui, preferì farsi da parte senza aggiungere altro.
Scese le scale dell’edificio come una furia.

La rabbia stava prendendo il sopravvento sulla disperazione, ma anche la sorpresa faceva capolino riportandogli alla memoria quanto era avvenuto le poche volte in cui si era arrabbiata. Nessuno si era spaventati, anzi, quando sopraffatta dall’emozione e strozzata dalla rabbia si era messa a piangere, le avevano dato dell’isterica. Per la prima volta in vita sua si sentì forte di una forza che le/gli derivava da quei muscoli che si contraevano sotto la sua pelle, quei muscoli che davano al suo corpo una marcia in più, una superiorità fisica che lo lasciava interdetto, ma anche orgoglioso. Ora, pensò sorridendo, Francesco, il suo ragazzo, non lo avrebbe più battuto a braccio di ferro.

Sobbalzò atterrito. Nella confusione concitata di quelle poche ore non aveva pensato a Francesco. Camminando era arrivato in prossimità del parco, dove, nell’intervallo del pranzo s’incontrava con il suo ragazzo. Mangiavano un panino al bar dell’angolo, bevevano un caffè e poi si concedevano una passeggiata nel parco. Quel luogo lo ricordava in tutte le stagioni: gonfio di pioggia, i contorni degli alberi resi incerti dalla nebbia, giallo di sole a picco sui prati bianchi di margherite. Le impronte nere dei loro piedi sulla neve e i baci sotto un cielo di panna...

Iso capì che mai più i progetti fatti, baciandosi sulle panchine del parco, avrebbero potuto realizzarsi. Isa voleva dei figli, Francesco, più che di maternità, sembrava desideroso di Isa, del suo bianco, morbido corpo che le sue mani non si stancavano di accarezzare, di toccare e di baciare.

Si sedette, anzi si accasciò sulla seggiola di un bar.
Doveva esserci una spiegazione. In fondo, a ben pensarci aveva spesso provato un senso d’invidia nei confronti dei maschi. Ma che stupidaggine, non era certamente stata l’invidia del pene di freudiana memoria che aveva provato, bensì la rabbia legata ai loro privilegi, ai vantaggi che una società maschilista riconosceva agli uomini.
Quante volte si era resa conto dei privilegi maschili e di quanto penalizzassero l’altra metà del cielo. Ma era stata dunque una persona invidiosa che aveva covato rabbia e livore? E se anche questa ipotesi fosse stata reale, beh si sarebbe trattato solo di un desiderio irrealizzabile, un sogno, per intenderci. Soltanto che, nel suo caso quel desiderio si era realizzato. Ma perché proprio a lei? E il giorno successivo si sarebbe svegliata ancora uomo o nuovamente donna? La trasformazione che stava vivendo era reversibile oppure no?

Pensò a Isa e, con occhi maschili: il suo ventre tenero, nascosto gli risvegliò un desiderio che Isa non aveva mai provato o, forse, sì? In quel modo intenso, invasivo, bruciante aveva desiderato un figlio da Francesco, ma non aveva mai desiderato Francesco. La disperazione si alternò al desiderio: Francesco non l’avrebbe più voluta, non avrebbero più passeggiato nel parco. Nei suoi occhi avrebbe visto lo sconcerto, il rifiuto. Avrebbe desiderato le donne, lui!, ma Iso non era più una donna.

Si sentì perso, smarrito in quel corpo che, pur essendo il suo, non gli apparteneva, in quegli istinti maschili che non poteva non vivere, ma che si accompagnavano ad emozioni che sempre per lui avrebbero avuto un retroterra femminile.
Il mondo per lui, almeno il mondo della comunicazione tra uomo e donna, non sarebbe più stato un mistero sul quale confrontarsi, litigare, ironizzare. Lui sapeva tutto e, perlomeno, avrebbe provato tutto racchiudendo in sé l’unità, il più e il meno, il bianco e il nero…
Perché invece di provare un senso di completezza si sentiva smarrito, incerto e, dentro di lui si stava insinuando una sensazione profonda di solitudine?
Non avrebbe non solo avuto più nulla da scoprire, ma nemmeno nessuno con cui parlare.
Sarebbe stato unico, ma solo.