martedì 21 ottobre 2008

AUTUNNO

Arriva strisciando incerto, quasi esitante, come un figlio non desiderato, non voluto. Circonda di nebbia le mie colline e allunga ombre furtive sulle facciate delle case. Le giornate si accorciano arrendendosi alla notte che si stende come un gatto sazio sulle mie ginocchia.
Tolgo il cappotto dall'armadio, metto all'aria i maglioni.
Quando esco dalla doccia rabbrividisco.
Da bambina l'odore dell'autunno era odore di libri, di quaderni nuovi. Era odore di scuola. Ricordo che amavo di questa stagione la luce chiara, raccolta, che, filtrando dalle imposte, scivolava sulle pareti della mia stanza mentre, accoccolata sulla poltrona, divoravo mele rugginose e pagine di libri.
Maturavano i cachi nell'orto di mia nonna...
Si accendevano le stufe e venivo mandata in cantina a prendere la legna. Temevo il buio del locale e il suono dei miei passi che, come un nemico emerso dal buio in una notte senza luna, mi seguiva. Con il cuore che batteva impazzito, risalivo e mia nonna mi chiedeva: "Sei stata attenta a chiudere bene la porta".
"Perché?" le domandavo.
"Perché ci teniamo dentro, prigioniero, l'inverno", rispondeva abbassando la voce fino a renderla un sussurro .
"Davvero?"
"Non hai sentito il suo alito freddo sul collo?", e così dicendo si chinava su di me soffiando lentamente.
"Sì!sì..." mormoravo, battendo i denti.
"Soltanto le bambine speciali hanno il privilegio di sentire il respiro dell'inverno".
Io annuivo, rassicurata e orgogliosa.
Ora l'autunno non sa più di scuola.
Nella mia cantina non ci sono fantasmi, né legna. Soltanto qualche scatolone di vecchi giornali che mi ostino a conservare.
Mia nonna non c'è più.
Nemmeno mia madre.
Ora, l'autunno sa soltanto di nebbia e... di ricordi.