domenica 28 settembre 2008

Essere donna in Afghanistan

Ciò che mi fa star male, in queste morti annunciate, non è la paura al momento dell'agguato. Terribile si! ma, nella sua intensità, brevissima: un lampo, uno squarcio nel corpo e nell'anima e sei solo un fagotto di carne fatta a pezzi.

Ciò che mi fa star male, in quel braccio della morte senza sbarre a cui ti condanna non un delitto efferato, ma la convinzione di essere dalla parte della ragione, è l'attesa di quell'agguato: è immaginarlo ogni notte, viverlo ogni giorno con il cuore che sobbalza davanti a ogni ombra e il sangue che si alimenta di paura. Una paura che ti si acquatta dentro, non ti molla più, in una simbiosi da gemella siamese. E morire ogni giorno nell'attesa del colpo di grazia definitivo che ponga fine all'agonia.

Si chiamava Malalai Kakar. Non portava il burqa, aveva deciso di non portarlo.
Figlia e sorella di poliziotti, aveva deciso di arruolarsi nella polizia.
Troppe decisioni per essere donna. In Afghanistan.