lunedì 22 settembre 2008

Paese ingiusto

In questi giorni una frase, pronunciata alcuni anni fa da Natta, leader politico di sinistra, come un moscone fastidioso dal quale mi risultasse impossibile distrarre l' attenzione, mi ronzava nella testa: " L'Italia non è un paese povero, è un paese ingiusto ".

Il diritto ha codificato regole, dando valenza normativa a comportamenti già invalsi nell'uso della maggioranza dei cittadini, perchè senza norme, regole e divieti una democrazia non potrebbe sopravvivere. Vantiamo le migliori leggi d'Europa, ma sappiamo soltanto violarle.

Una cultura che si alimenti di individualismo esasperato, di disprezzo dello Stato e avidità, non può che indurre la maggior parte dei cittadini a fregarsene delle regole. Al "berlusconismo", inoltre, dobbiamo l'arroganza becera del gloriarsene. La linea di demarcazione che divide il paese separa, ormai, solo gli onesti dai disonesti e chi osa denunciare i furti rischia querele per diffamazione e qualche sorriso di compatimento.

Non a caso la magistratura, preposta all'amministrazione della giustizia, risulta sotto tiro.
Non a caso i ricchi ottengono prestiti, mentre chi ha idee nuove, entusiasmo, coraggio, voglia di rischiare e giovinezza non ottiene manco un euro di prestito. Un signore di nome Cuccia, non molto tempo fa, affermava " le azioni si pesano, non si contano ", in barba a quanto previsto dalla legge.

Sulla cultura di un paese con queste caratteristiche che impatto avrà il crollo dei colossi americani operanti nel campo della finanza? I rampanti manager in doppiopetto e camicia azzurra che sbaraccano in tutto il mondo occidentale, computer sotto il braccio e aria mesta, come si ricicleranno, quale trasformismo subiranno?

Forse non c'è molto da preoccuparsi: l'economia reale presenta segno negativo, quella dei prestigiatori in doppiopetto è alle corde, ma noi italiani siamo un popolo dalle mille risorse.
Ci sono anche gli operatori in gessato, c'è un'economia che non paga imposte, nè contributi, nè salari sindacali ai propri dipendenti. Da noi la chiamano economia sommersa. E' la vera ricchezza del nostro Paese.


E' un'economia basata sulla totale inosservanza delle regole, che non ha problemi di concorrenza perchè li risolve a colpi di mitra.
Ora il divario tra l'economia legale e quella illegale si farà, in termini di profitto, ancora più ampio, a tutto vantaggio dell'economia sommersa

Io credo che il nostro Paese si salverà dal disastro, ma non per l'accorta (sic) politica dei funzionari delle sue banche, bensì per il fiume di denaro che il sistema ricicla per conto delle organizzazioni mafiose.

Allora siamo a posto?
Basterebbe dimenticarsi di Falcone e Borsellino, dei ragazzi della loro scorta, di Libero Grassi,
Antonino Scopelliti, Giuliano Guazzelli, Francesca Morvillo, Giovanni Lizzio...
Io non posso.