venerdì 5 settembre 2008

La seconda notte di nozze.

Ieri sera, ho visto, di Pupi Avati, "La seconda notte di nozze", storia ambientata in un'Italia appena uscita dall'incubo della guerra e ancora disseminata di bombe inesplose.
Albanese dà al protagonista la sua faccia paffuta di uomo un po' bambino: vestito alla meno peggio con corsetto di ferro, elmetto e occhiali da tornitore, più simile nell'aspetto ad un Archimede Pitagorico da fumetti che a uno sminatore, gira per le campagne a far brillare bombe che esplodono in larghi squarci di luce, sottolinati dagli applausi dei bambini e degli adulti.
Non le teme (le bombe, intendo) perchè non teme la morte.
Perchè dovrebbe? Lui è già morto: di solitudine, di noia, di chiacchiere che lo hanno trafitto inchiodandolo a quella malattia della mente che è la pazzia. Ma, ammesso che la sua mente sia malata, la sua anima ha la dolcezza del clima della sua terra, la generosità di chi è in grado di dare senza chiedere, la bontà che soltanto a alcuni eletti è data in dono.
Queste caratteristiche, che facilmente potrebbero renderlo un perdente, gli consentiranno invece una grande rivincita sulla vita e le sue squallide e meschine trame.
Con la forza che gli deriva dal suo candore e dal ritorno della donna da lui amata in gioventù, - che ritrova ridotta in miseria, delusa, imbruttita, appesantita dalla presenza di quell'ometto di poco conto che è diventato il figlio - sgominerà tutti gli ostacolo che potrebbero frapporsi tra lui e la donna che non ha mai smesso di amare.
Film delicato, curato nei particolari, aperto su interni domestici che sanno di rosolio della nonna e lenzuola ricamate a mano, in cui le cattiverie sono chiacchiere di paese e gli imbrogli sanno più di burla che d'inganno, fa riflettere sull 'arroganza, la prepotenza, la volgarità e le ruberie in tutte le loro più raffinate versioni, che travagliano l'Italia di oggi, facendoci quasi rimpiangere il Paese devastato - sì! - dalla guerra, ma ancora pieno di forza, speranza e valori di allora.