lunedì 21 luglio 2008

DONNE MUTE

Chissà se quel giorno in cui sei arrivata, con i figli stretti alla gonna, il fazzoletto basso sulla fronte, i fagotti legati con lo spago, pioveva? O tirava vento? Quel vento che ulula, geme, sussurra ed è parte integrante di questa città. O, forse, il cielo era terso e piazza Unità, che allora si chiamava piazza Grande, ti sembrò enorme, mentre la nave attraccava alla banchina del porto e l'aria si riempiva di voci, di parole sconosciute, di sguardi estranei che ti scivolavano addosso, infastditi.
Cercavi, con il nonno, una via di fuga dalla miseria, una speranza di futuro per i tuoi figli.
Ti lasciasti alle spalle la casa che conoscevi - con le finestre spalancate sul mare - le strade acciottolate e arse della tua terra, le vicine che (quando il mare era stato generoso con i pescatori)  venivano a mangiare il pesce arrostito sulla brace, con i mariti che bevevano sligoviça a canna, ballando al suono della fisarmonica sotto la pergola. E l'aria era calda e spessa, in quelle sere d'estate, quando gli uomini si toglievano le giacche, si lisciavano i baffi, sfoderavano sorrisi e spacconate per far colpo sulle ragazze. Le madri, le zie, le sorelle nubili, nerovestite, vigilavano: occhi stanchi tradivano ricordi che li facevano brillare, occhi golosi scivolavano sui fianchi delle donne che, altere, inaccessibili e regali come sanno essere le donne di razza dalmata, passavano loro davanti.
Lontano dal tuo mondo soffrivi?
Non sapevi quasi leggere, compitavi a fatica, impacciata e vergognosa, qualche parola, ma iscrivesti i tuoi figli alle scuole migliori: le scuole tedesche.
Ti rifiutasti di insegnare loro il croato, la tua lingua, perché s'integrassero, dimenticando quella parlata e quella terra che avevano il sapore aspro della fatica e della miseria.
Una volta, in un ufficio, ti ho visto apporre la firma, la mano contratta sulla penna, le lettere che invadevano storte e tremolanti la pagina, mentre l'impiegato sollevava il foglio e ti lasciava scivolare addosso uno sguardo di fastidio per la tua lentezza, e di disprezzo per la tua ignoranza.
E' stato quel giorno che ho deciso che avrei scritto anche per te, nonna? Che avrei riempito bianche pagine di nere parole, tutte quelle che tu non conoscevi, che avrei sventolato quei fogli come bandiere, stendardi conficcati nel terreno a marcare territori appena conquistati. Ho scritto, ho scritto per tutte le donne che non hanno potuto farlo, perché per loro non ci furono e non ci sono scuole, perché vennero e sono derubate degli strumenti per difendersi.
L'ingiustizia è un male antico, nonna, e non basta dimenticare una lingua per toglierla dal vocabolario.
Ho ridato dignità a parole che il silenzio aveva imprigionate dentro bocche cucite dalla paura e dalla vergogna: le ho fatte volare, libere come stormi d'uccelli migratori in fuga dall'inverno, negli spazi senza confini della nostra fantasia. La mia e la tua, nonna.

Vorrei

Vorrei? Blocco totale. Ci potrei arrivare per esclusione togliendo dal tutto ciò che non vorrei, decantando e - opslà - ecco ciò che vorrei!
Perché è così difficile desiderare?
Perché è così facile, immediato, elencare le negatività che ci opprimono? Perché sono tante e, di conseguenza, passiamo la vita a difenderci?
Se mi dovessi ammalare... E giù un testamento biologico. Tanto per portarsi avanti.
E vivere?, visto che, per il momento, si è sani. Ah,ah,ah... Si fa per dire. Ipoteticamente.
E se il moroso dovesse lasciarmi? Meglio trovarsene uno di riserva. Tanto per non farsi sorprendere impreparati.
E goderselo, invece, questo paradiso in terra che è l'amore?
E vivere giorno per giorno che, tanto, il passato non è modificabile e il futuro non è prevedibile?
Siamo così impegnati a lottare per vivere che non viviamo più, non desideriamo più, non sogniamo più?
Ma che cavolo di vita è?

sabato 19 luglio 2008

MI MANCA BABSI JONES

Mi manca Babsi.
Mi mancano i suoi commenti taglienti, la sua capacità di centrare il bersaglio - esprimendo le proprie opinioni senza ambiguità - e il suo linguaggio: così diverso, barocco, eccessivo, denso ma anche, inaspettatamente, scarno, come volesse con le parole accarezzarsi l'anima, provando pudore per la sua tenerezza.
E' sincera? E' una scrittrice: vive di fantasie, di fantasticherie, di esagerazioni che non possono che sconfinare nell'irrealtà.
Non è una contabile, ripeto.
E' furba? E se lo fosse? Sarebbe meno brava?
Babsi è Babsi.
Sarà una mia fissa, ma se fosse stata un uomo...

giovedì 17 luglio 2008

LE DONNE AVANZANO? PAR DAUR

Lo scrisse un soldato friulano in una lettera inviata a casa dal fronte. L'addetto al controllo della posta annerì, convinto che si trattasse dell'indicazione di un luogo. Della serie: anche nell'esercito qualcuno non brillava per intelligenza. Oggi mi verrebbe da sottoscrivere qualcosa di analogo sulla condizione femminile nel nostro Paese.
Perché se e quando una donna (poche per la verità!) sfonda, in qualunque campo ciò avvenga, viene dato per scontato che abbia usato una parte di sè che nulla ha a che fare con il cervello? A meno che non sia vecchia e brutta, perchè (e anche in questo caso i parametri di riferimento che delimitano tali spazi, la bruttezza e la vecchiaia, sono più restrittivi per le donne ) in tal caso, generosamente, ci si limiterà ad ironizzare sul suo aspetto fisico, concedendole di avere e(cosa quasi incredibile!) di usare un cervello.
Emblematico risulta il caso della nostra ministra delle Pari Opportunità, fatta oggetto di una campagna denigratoria incentrata sulle sue performances sessuali e conseguentemente sulle sue capacità politiche nonché professionali.
Premetto che, da cittadina, attendo al varco la ministra della quale, per il momento, non condivido interventi, discorsi o scelte politiche fatte. Da donna, inoltre, disprezzo l'uso del proprio corpo finalizzato all'ottenimento di favori. Da persona trovo tragico, tanto da diventare quasi ridicolo, che un Ministero importante come quello delle Pari Opportunità sia stato assegnato a una persona( non importa di che sesso) che non mi risulta abbia maturato l'esperienza e la competenza richieste dall'incarico.
Se il giudizio sull'operato della ministra dovesse conservare il carattere di negatività odierno, da cittadina, ripeto cittadina, mi darò da fare perché cariche importanti come quelle ministeriali,vengano assegnate sulla base della competenza maturata e accertata con criteri da ridefinire.
Ma quello che mi fa stare veramente male è vedere molte ( troppe) donne avanzare, di nuovo e ancora, maledizione! ", par daur" senza rendersi conto di quanto, in questo particolare momento storico, sia necessario valutare con passione (sempre),ma anche con grande razionalità e attenzione ciò che accade, per evitare di crepare - stupidamente - sotto il "fuoco amico".

sabato 12 luglio 2008

Ancora sulla scrittura, ignorando il caldo o, forse, straparlaaaando

Riflettevo, l'altro giorno, sulla mia quasi paranoica passione per la scrittura. E' difficile tradurre in parole emozioni o sentimenti: è veramente difficile. Mi chiedevo, inoltre, quanta parte di questa difficoltà scaturisse dall'educazione ricevuta.
Se qualcuno mi chiedesse di descrivere, in poche righe, il dolore?

Il dolore saliva, invadendola da capo a piedi, lacrime, trattenute a stento, le buciavano gli occhi. Era sul punto di scoppiare...

E'questa la descrizione che traduce ciò che a volte ho provato?
Proviamo ad essere più sinceri.

Il dolore arrivava a ondate, ondate che si susseguivano incalzandola, senza lasciarle spazio, sommergendola, togliendole il respiro. La testa le girava intorno a poche parole, ossessive, che non riusciva a pronunciare. Per pochi secondi s'illuse di non aver capito, ma fu un sollievo momentaneo..


Tentiamo ancora.

Aprì la bocca per respirare e boccheggiò cercando invano un po' d'aria, una via di fuga.
Capì di essere accerchiata, imprigionata, braccata, in balia di un dolore dilagante, nero come una notte abbandonata dalla luna, aspro come un terrore infantile, bruciante come una ferita inferta all'orgoglio.

Oppure:

Il dolore provato avrebbe sfigurato per sempre la sua anima, rendendo il suo sguardo
azzurro freddo come un lago d'inverno, oscurato da brume e spazzato da un vento di tramontana.

E se:

Il dolore la ingoiò, svuotandola di tutto ciò che era stata.

Scrivere è aprire, o meglio spalancare, la porta dietro la quale ci nascondiamo per mostrare ciò che pensiamo di dover essere.

Scrivere è diventare maleducati, arroganti e presuntuosi, perchè l'educazione è limite, contenimento, regola imposta da altri, e la scrittura è un fiume in piena che scavalca gli argini, che dilaga ovunque, che si appropria dell'attenzione altrui, segregandola.
O, perlomeno, tenta di farlo... Penso.

OPERAZIONE REINHARD

Non saranno i pensionati che percepiscono pensioni spesso contenutissime, ma sono troppi e non muoiono mai, a gravare, appesantendolo, sul debito pubblico? Hanno soldi per curarsi, i maledetti, che - si sa - sono quasi tutti rincitrulliti dall'Alzheimer e dal Parkinson, o in lotta con il colesterolo e il cancro. Ma adesso li sistemiamo per le feste: ticket al Pronto Soccorso (così prima di chiamare l'ambulanza fanno i conti e schiattano a casa) aumento delle imposte, reintroduzione dei ticket sulle visite mediche per tutti ( basta vantaggi per portatori di handicap e anziani), anzi, su questo punto bisognerà ritornare con calma per elaborare una soluzione definitiva.
Una soluzione finale.
Potremmo chiamarla Operazione Reinhard.
Già fatto?

mercoledì 9 luglio 2008

LE AUGURIAMO UN SERENO 2008

Ai primi di gennaio, ricevetti una pomposa lettera dall'ente che mi eroga la pensione, contenente la comunicazione -finalmente! - di un adeguamento della stessa al costo della vita. A conclusione, mi veniva augurato " un sereno 2008".
Voi ricorderete che Trentin in un torrido agosto di qualche anno fa si accordò, mentre noi tapini ci godevamo le ferie al mare, con chi di dovere per abolire la scala mobile. Si giustificò spiegando (a noi lavoratori) che l'automatismo in questione risultava ormai inaccettabile, troppo gravoso per le finanze statali e per il contenimento dei costi aziendali.
E Trentin, da quel giorno, abbassò lo sguardo perchè, fino a qualche tempo fa, quando si commetteva una porcata, ci si vergognava. Almeno qualcuno della vecchia guardia.
Ora, una perequazione automatica e molto limita sostituisce i precedenti meccanismi d'indicizzazione salariale e pensionistica, ragione per cui, tutta contenta favoleggiai sulle mie accresciute possibilità di spesa per ben due mesi. Poi, la doccia fredda: i miei 50 euro di aumento, entrati in rotta di collisione con l'incremento dell'addizionale Irpef comunale avevano avuto la peggio.
A proposito perchè le imposte si stanno duplicando o triplicando come dei replicanti? Quante addizionali Irpef abbiamo? Temo fortemente l'introduzione di un'addizionale rionale e una condominiale per sopperire alle necessità di spesa delle custodi dei condomini.
Con l'abilità di un prestigiatore il nostro ha giocato a Monopoli con i contribuenti e ha vinto, dando un contentino ai Comuni e tranquilizzando il suo ministro delle Finanze. Tutto a posto e niente in ordine avrebbe detto mia nonna, santa donna!
Qualcuno, in campagna elettorale, aveva promesso una riduzione dell'imposizione fiscale?
Ah, solamente per i ricchi?

Poi , in questo anno disgraziato, è aumentato pure il tasso di sconto... Ma è stata una decisione della Banca europea, motivata dal prezzo raggiunto dal barile(di petrolio).
Cosa avremmo potuto fare?
Tanto per cominciare una politica energetica seria.
L'aumento del costo dell'energia(soprattutto per l'Italia che la importa) incide negativamente sulla bilancia dei pagamenti. E le esportazioni con l'euro alle stelle.. e il prezzo delle materie prime che aumenta. Pure lui. E il costo del lavoro..., ah no!, non mi venite a dire che sale. Abbiamo gli stipendi più bassi d'Europa, i contratti più penalizzanti per il lavoratore e il lavoro nero che dilaga.
Eppure gli imprenditori non ce la fanno pù: devono andare in Cina, o a Napoli e dintorni, per riuscire ad essere competitivi.
Ancora?
Ma non divaghiamo.
Questo aumento generalizzato dei costi inquieta i ministri dell'economia e i governatori, facendo temere una ripresa dell'inflazione, quindi, piede ( del Governatore della B.C.E.) pigiato sul freno per raffreddare l'economia, scoraggiando il ricorso al credito tramite l'aumento dei tassi d'interesse.
Meno male che c'è lui, il governatore, ma anche il nostro premier, che ci pensa: ai giovani e all'aumento delle rate dei mutui che, moral suasion permettendo, ha consetito di stipulare mutui bancari pure a chi non aveva un lavoro a tempo indeterminato. Basterà rinegoziare i termini di durata dei prestiti e per i Matusalemme non ci saranno più problemi. Ghe pensi lù, ché a raffreddare l'economia ci pensiamo noi che non abbiamo più un soldo.
E poi, basta guardarsi intorno per vedere che frenesia di acquisti.

Ah dimenticavo: se qualcuno avesse ancora titoli in borsa sopravvissuti alle precedenti batoste...non ci faccia più conto: valgono meno della carta igienica che potrebbero egregiamente sostituire. Si sa, se va male Wall Street..
Ma non avevamo aderito all'introduzione dell'euro per emanciparci dagli Usa?


Quando studiavo economia con Zangheri, all'università, una miscela esplosiva come questa, di inflazione e recessione, veniva definita " staflazione " cioè inflazione e, strano ma vero per chi s'intenda minimamente di leggi economiche, recessione.
Una gran brutta bestia.
Ma non avevamo subito una decurtazione del 50% del potere d'acquisto della moneta per assicurare stabilità - finalmente e definitivamente! - all'euro?
E questo grazie anche all'italica furbizia dei bottegai prontissimi ad adeguare i prezzi in euro ai prezzi in lire, e alla totale mancanza di controlli da parte di chi di dovere.
Niente "lacci e lacciuoli" all'economia, qualcuno ha detto!
Siamo le tre pi della libertà:paese, partito e popolo.
Grazie Berlusconi.

lunedì 7 luglio 2008

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Femmina ribelle

Era una normale giornata di febbraio: limpida e fredda.
La sveglia aveva emesso il solito trillo invadente e lei si era girata nel letto cercando di non svegliarsi. Accanto al suo, il corpo massiccio del marito non dava segno di vita.
“ Giuseppe, alzati “
Allungò una mano alla ricerca dell’interruttore.
Clic.
Disegnando un’ovale luminescente sul comodino, un fascio di luce si allargava tremulo, spezzando l’oscurità della stanza.“ Che ore sono? “
Borbottando, il marito si sollevò lasciando scivolare i piedi nudi sul pavimento alla ricerca delle ciabatte.
“ Sono le sette” gli rispose, infilandosi la vestaglia.
Poi, come sempre, aprì la finestra e spalncò le imposte.
A oriente la notte sbiadiva, svelando i contorni delle case e la sagoma della chiesa
che, imponente, sembrava ergersi a guardia della piazza.
“ Che tempo fa? “
“ Bello, ma freddo “ rispose.
Si voltò cercandolo con gli occhi. Ancora seduto sul letto, le dava le spalle.
Borbottava a bassa voce qualcosa: lamentoso.
Sul cassettone un centrino bianco, lavorato all’uncinetto, e un portagioie di velluto. Sollevò la mano e la osservò, in silenzio, notando le vene in rilievo sul dorso, la cicatrice sul pollice e l’anulare che sembrava conservare una traccia della fede che, la sera prima, aveva sfilato mettendola nel portagioie.
In cucina accese la radio, mentre il profumo del caffè si sprigionava dalla caffettiera.
Riempì la ciotola del gatto, che miagolò riconoscente.
Il marito si sedette, stropicciandosi i baffi: lo sguardo vuoto che scivolava sugli oggetti senza coglierne la consistenza.
Gli mise la tazzina sotto il naso, la mano, stretta sul manico, sotto gli occhi.
Guardò ma non vide: Giuseppe non la vedeva.
Lo sentì armeggiare nel bagno, il passo greve di sonno e noia che faceva scricchiolare il pavimento di legno.
“ Ci vediamo alla solita ora “.
Il tonfo della porta la fece trasalire.
Tornò nella camera da letto. Si vestì, tolse la lettera dalla borsetta e l’appoggiò sul comò.
Sfilò la valigia da sotto il letto.
A piccoli passi cauti, da ladra, raggiunse la porta d’ingresso.
Depose le chiavi sul mobile d’angolo e aprì.
Scivolò fuori, leggera.
Sul pianerottolo la traccia del suo profumo - femme rebelle - svanì prima che lei scomparisse, inghiottita dall'oscurità che si tingeva d'aurora, nel gelido inverno metropolitano.

sabato 5 luglio 2008

Troppo caldo per essere seri

Vietato fumare.
In assoluto?
No, no!, solo nei locali pubblici, nei cinema, nella aule scolastiche, nei…
Ho capito, ho capito: basta!
Vietato calpestare l’erba.
Quale? Quella del vicino?
Quella che è sempre più verde?
No, no!, quella dei giardini pubblici, dove dovrebbero giocare i bambini
Vietato superare la linea grigia (in banca)
Perché?
Per la tutela della privacy.
Di chi? Della banca?
Che deve poter operare "discretamente"?
Ma no! Del cliente.
Vietato parlare al conducente.
Dei fatti propri?
Anche di quelli altrui.
Vietato parcheggiare.
I giovani in attesa di un lavoro?
Ma sei scema?
Allora cosa? I vecchi in attesa della morte?
Vietato gettare oggetti dal finestrino?
Il cane che non vogliono in albergo è un oggetto?
Ah no? Allora lo butto e risolvo il problema.
Vietato ai minori di sedici anni.
Perché?
E’ osé.
Vietato entrare.
Vietato passare.
Vietato toccare.
Vietato suonare.
Vietato azionare
Vietato tuffarsi
…….
Ma Cristo…
Vietato nominare il nome di Dio, in(vano)
In(utile) si?
Non mi prendere per i fondelli!
Vietato?
Ah, ah, ah….