martedì 29 aprile 2008

Pensieri in libertà dopo l'ennesima sconfitta della Sinistra.

Ho seguito l'interessantissimo scambio di opinioni seguito al post di Bifo, sul blog di Loredana Lipperini.
Cosa si profila all'orizzonte dopo la debacle della sinistra?
Il nulla, o peggio, l'orrore? E per smentire le due apocalittiche previsioni, cosa fare?
Innanzi tutto darsi da fare
E' scomparsa la Sinistra dal Parlamento, non le idee e i valori di cui si era fatta paladina, quindi, fino a quando ci sarà un'ingiustizia, avrà senso combatterla e essere dalla parte di chi protesta. Il cambiamento riguarda solo le nuove forme d'ingiustizia, non il dolore, la rabbia, l'umiliazione che ne conseguono e che sono tuttora presenti.
Ma chi può capirla l'umilazione? Un Bertinotti ben pasciuto, colto e preparato che, sfoggiando una erre da salotto buono, non può che parlarne in termini fantastico - letterari, perche lui, il Bertinotti, del quotidiano peso e dolore dell'umiliazione nulla può saperne?
Servirà qualcuno a cui il calcio in culo faccia ancora male, sia un ricordo che brucia sulla pelle e, allora, le parole gronderanno rabbia e bisogno di giustizia e, a parlare, saranno coloro che non hanno prospettive, coloro che sono umiliati, diseredati, spaventati e arrabbiati.
Come affermò Natta, ad un comizio, tanti anni fa " L'Italia non è un paese povero, è un paese ingiusto!! " e scommettiamo che il messaggio arriverà, di nuovo, forte e chiaro per tutti?
Dove, e con quali modalità sempre più sofisticate, si manifestano le ingiustizie?
" Segui la via dei soldi ragazzo, segui la via dei soldi, dove ce ne sono troppi e troppo facili da incassare, lì c'è un'ingiustizia " ha suggerito un compagno che ha fatto il partigiano.
Sarà necessario percorrere in lungo e in largo le valli, le strade dei paesini, dei paesotti e delle città, piccole e grandi che siano, per raccogliere, a ogni passo, le testimonianze dell'ingiustizia e della sopraffazione del più fotrte sul più debole. Servirà, a mio avviso, una struttura per meglio organizzare la protesta, all'interno però di regole di corretta democrazia che già esistono, e non dovranno essere ignorate.
Penso ai giovani che hanno molta voglia di consumismo e poca voglia di faticare, studiare, imparare ecc, e avverto il bisogno di qualcuno che rappresenti la memoria storica della società. I vecchi, che hanno tempo e ricordi da vendere, potrebbero passare il testimone mentre la generazione di mezzo sgobba per portare a casa il pane e i loro figli si rincitrulliscono davanti al pc o alla televisione.
Altro che cartoni animati, vuoi mettere un nonno che racconta di quando suo padre era partigiano o fascista o comunista o sindacalista in un Paese come l'Italia, dove alcune di queste scelte erano pericolose come cacciare leoni nella savana armati solo di frecce e coraggio?
A scuola professori - di nuovo anche uomini e non solo donne, troppo spesso a fare le mamme dalle cattedre - per parlare delle regole, spiegando che, quando le violi, paghi. Professori che abbiano come obiettivo didattico prioritario l'acquisizione della capacità critica perchè la scuola non continui a sfornare persone impreparate ad affontare la realtà perchè prive di cultura e di stumenti di analisi.
Forse abbiamo dimenticato che i giovani sono la nostra speranza, la nostra ricchezza e il nostro futuro: sono ciò che saremo, e i vecchi, depositari della memoria, sono quello che siamo stati.
Senza passato e futuro cosa saremmo?

venerdì 25 aprile 2008

Amleto, Trieste e Babsi Jones

Ho appena finito di leggere " Sappiano le mie parole di sangue ", racconto-reportage di Babsi Jones da Mitrovica, città simbolo della follia e dell'orrore che accomunano ogni guerra.
E' stata una lettura difficile, incalzante, densa e invasiva di ogni spazio che ho cercato di preservare, di ogni angolo che, come un ultimo baluardo, ho cercato di proteggere per non essere risucchiata nell'orrore che, di capitolo in capitolo, dilaga come un'inarrestabile marea nera che tutto sommerge.
E' una scrittura martellante, ridondante, sparata sul lettore che viene colpito con ferocia, scannato, azzannato, ma, come nell'impalatura di ottomana memoria, lasciato vivo, a soffrire.
Non è un "bel" libro, ma è un libro che si deve, o si dovrebbe,leggere.
Per capire che cosa? Quello che quasi tutti sappiamo?
Che la guerra è una sirena al cui canto non ci si può sottrarre, se non legati e imbavagliati, e resi ciechi e sordi contro la nostra stessa volontà? Perchè la guerra ci consente ciò che la pace non ci darà mai: sciogliere ogni remora, abbattere ogni limite, permettere alla feccia che ribolle dentro ognuno di noi, imprigionata in abiti di firma, ingrassata di buon cibo e di buone letture, di esplodere, eruttare,
dilagare su nuove Pompei da seppellire e distruggere?
Sono cresciuta in una terra di confine, in una Trieste di cruchi, s' ciavi, taliani
greghi, ebrei, respirando ricordi, percependo rancori, assistendo a ciò che Proust fa con estrema maestria, ma noi triestini facciamo quotidianamente: una selezione dei ricordi che sostenga la nostra visione della realtà con un confine - e nessuno, meglio di noi, conosce lo squallore di una divisione, decisa a tavolino, di case, chiese e tombe - che separi nettamente i buoni dai cattivi.
Il libro di Babsi Jones ha il merito, per me, di abbattere questo confine riportandomi, come l'Amleto citato dall'autrice, ora e sempre, al dolore del ricordo, alla fatica dell'indagine e all'obbligo del dubbio.

lunedì 21 aprile 2008

Le lacrime delle donne

Perchè piangi amica mia?
Woman don't cry...
Prendi le tue lacrime e fanne perle di cui adornarti. Sono preziose le tue lacrime, dono a chi nemmeno sa della tua esistenza dimenticata in una stanza chiusa di cui ha perduto le chiavi. Gliene avevi fatto dono con esitante pudore e lui, lui ha sorriso e le ha lasciate sul bancone di un bar, tra bicchieri macchiati di rossetto, tazzine lerce e posacenere stracolmi di cicche.
Woman don't cry
Nella caballah si dice che le lacrime delle donne sono preziose perchè la sensibilità femminile è più profonda, le donne piangono di più perchè soffrono di più.
Ma non esageriamo, il pesco e il mandorlo sono fioriti anche per te; anche per te le viole allungano dita d'inchiostro sui bordi dei fossi.
Chiudi le tue lacrime in una scatola di raso, legale ben strette e falle volare in mare.
Il tempo della gioia è arrivato:
Woman one smile.

domenica 20 aprile 2008

La bontà è ancora un valore oppure è solo debolezza e vulnerabilità o, peggio, nevrosi?

Ricordo che negli ormai lontani anni della mia infanzia la bontà era un valore. Ho avuto la fortuna di crescere in una città di provincia, rassicurante, un po' sonnolenta dove i bambini potevano ancora giocare nei cortili e per strada. Eravamo una bella banda di ragazzini, una banda con un nocciolo duro formato da mia sorella, i figli della migliore amica di mia madre ed io. Gli altri non erano sempre presenti: andavano e venivano, dando vita ad un ricambio che rendeva il gruppo piuttosto variegato. Ad un'analisi superficiale i bambini possono risultate buoni, forse perchè la bontà è spesso sentita come una forma d'innocenza e l'innocenza siamo soliti ricondurla all'infanzia.
Eppure ricordo bambini cattivi.
Mi chiedo cosa caratterizzi in modo inequivocabile la cattiveria dalla bontà. Penso sia la risposta emotiva alla sofferenza dell'altro da sé. Ho visto alcune volte brillare, davanti al racconto delle mie peripezie, negli occhi di chi mi stava ascoltando un soddisfazione, quasi una gioia, quasi sempre imprigionata in una forma di pietismo, per renderla accettabile socialmente. Non dobbiamo dimenticare che viviamo in un Paese cattolico, la cattiveria non è valore cristiano e quindi deve essere dissimulata. La persona cattiva gode delle disgrazie altrui, indipendentemente dal fatto di averle provocate magari per soddisfare il bisogno di una vendetta personale, comportamento forse discutibile, ma che avrebbe comunque una propria valenza giustificativa.
Oggi la bontà è guardata con sospetto, quasi fosse un valore superato, obsoleto e non è difficile intuirne la ragione. Il mondo è dei vincenti e ciò che dà la misura del valore sociale di una persona è il denaro.
Mi chiedo se si possa essere buoni e vincenti contemporaneamente.
Non credo.
La vittoria dell'uno comporta la sconfitta dell'altro, è l'altra faccia della medaglia, è il saldo zero che alla fine deve risultare a livello globale, fatti tutti i conti. Lo sconfitto soffre e il vincente percorre la sua strada con, davanti agli occhi, il dolore che provoca.
La bontà è debolezza?
E' vulnerabilità?
No, non credo. Penso che la persona buona soffra di fronte a tutto ciò che provoca dolore nell'altro da sè, quindi è molto sensibile, per esempo, all'ingiustizia, di qualunque tipo d'ingiustiza si tratti. Ma dipenderà dalla forza, intendo forza d'animo, la sua reazione di fronte al dolore.
La forza d'animo, caratteristica diversa dalla bontà, può non affiancarsi alla cattiveria e rendere accettabile la
difficile convivenza con la bontà.
Nel secolo appena trascorso, poi, la psicoanalisi ha proposto una chiave di lettura diversa sulle motivazioni che porterebbero allo sviluppo di una caratterialità rispetto ad un'altra. L'influenza dell'ambiente, familiare o sociale che sia, integrandosi o sovrapponedosi a quella che, in maniera forse semplificata, chiamiamo indole, patrimonio che ci trasmettono i cromosomi, rende ancora più complessa l'analisi dei comportamenti.
Per la psicanalisi in un uomo cattivo ci sarebbe sempre un bambino poco amato o maltrattato e questo è comprensibile perchè l'obiettivo di fondo della disciplina psicoanalitica è quello di contenere la sofferenza trovando alibi giustificatori per ogni comportamento deviato. La religione perdona i cattivi, a patto che si pentano,
la psicoanalisi li giustifica, a patto che si distendano per un congruo numero di anni, a pagamento, sul lettino dell'analista.
Mi chiedo come mai nessun dolore, nessuna catastrofe personale abbiano il potere di cambiare la struttura portante della personalità... quando mai abbiamo visto una persona cattiva diventare, realmente buona?
A me non è mai capitato, ma la vita mi ha sempre sorpreso, quindi non si può mai sapere.
Mi piacerebbe sentire qualche parere sull'argomento.

sabato 19 aprile 2008

Ma chi diavolo è l'assessore all'ambiente?

Salsomaggiore ha ben poco di cui gloriarsi, ormai, ma il verde pubblico che ammanta la cittadina le dà ancora l’aspetto di una città-giardino, o, per meglio dire, glielo dava prima che l’attuale amministrazione dichiarasse guerra, una guerra senza esclusione di colpi, agli alberi della città.
Il numero dei viali e dei parchi già frondosi che,ora, si snodano spogli o bordati da nuove striminzite piante è in continuo, costante aumento. L’ultimo sfregio alla città e al verde pubblico è stato fatto tagliando tutti gli alberi di viale Matteotti.
Perché?
Perché in una regione come la nostra, particolarmente inquinata dai veleni, si tagliano gli alberi, ben sapendo di peggiorare la qualità dell’aria?
Perché si spende il denaro dei cittadini per creare marciapiedi che sembrano piste di decollo per aerei – sui quali si dovrebbe passeggiare amenament tra una cura e l’altra alle Terme – e poi si piantano alberi le cui radici, ingabbiate nel cemento non riusciranno mai a crescere, garantendo morte sicura o stentatissima crescita agli alberi piantati ?
Perché?
Gli alberi sono, forse, malati? Tutti, nessuno escluso? Chi certifica la loro malattia? E non sarebbe il caso d’individuare eventualmente la causa (della malattia) prima di estirparli e piantarne altri a getto continuo, spendendo il denaro dei cittadini, peggiorando l’aspetto della città?
C’è nessuno in grado di darmi una risposta?

lunedì 14 aprile 2008

Addio compagno!

Il compagno era un sognatore, un tenace, inguaribile sognatore. Il compagno era uno che credeva che il futuro avrebbe portato un mondo migliore. Era corretto, rigoroso, un po' spaccaballe, certo un po' serioso. Aveva un forte senso d'appartenenza il compagno.
Quando, poi, il compagno era una compagna, i suoi sogni si facevano ancora più audaci, quasi deliranti...
Le elezioni di ieri ne hanno decretato la morte: addio compagno!

sabato 12 aprile 2008

Ma che Paese è?

L'altra sera ho visto "Matrix" e mi sono cadute le braccia, letteralmente mi si è afflosciata la schiena. Un Veltroni educato, corretto, misurato, dai toni pacati spiega agli elettori il suo programma di governo e sembra uno di quegli alunni di mediocri capacità, ma grande impegno, che snocciola la lezione con voce monocorde ripetendo le parole dell'insegnate che ha puntigliosamente annotato. E' ripetitivo, privo di originalità e, soprattutto, privo di passione, passione politica intendo. Allude garbatamente, troppo garbatamente, all'avversario senza pronunciarne il nome che, se lo facesse, una smorfia di disgusto potrebbe alterare il suo volto molliccio facendogli acquisire una fermezza che risulterebbe stonata. Veltroni che crede, o mima di credere?, alla forza del dialogo, che smussa e lima, taglia e incolla, e sorride, continua a sorridere... No, non mi fido di una persona che non ride, non impreca e non si arrabbia mai. Penso che non si alzerebbe da un tavolo di trattative sbattendo la porta, non troverebbe mai inaudita una proposta, inaccettabile una posizione. Sarebbe un ottimo cardinale, di cui ha, negli occhi tondi e un po' bovini, tutta la zuccherosa bonomia. Ma, nel nostro Paese, di porporati ne abbiamo fin troppi.
E' uomo di alleanze, di abbracci, d'intese, grandi o piccole che siano, e il Paese ha bisogno di riforme, di cambiamenti, di ideali e di idee, di progetti e obiettivi. Ha bisogno di forza,impegno e costanza per perseguirli, almeno una parte del Paese, quella che in quest'uomo fiacco e sudaticcio avrebbe trovato il suo leader.
Poi, dall'altra parte, per coloro che hanno fatto piazza pulita di tutto immolandosi al dio denaro, ecco apparire l'uomo della Provvidenza, questo sì dotato di forza, arroganza, intraprendenza, questo sì deciso a tutto pur di conseguire i suoi obiettivi.
Siede impettito, gesticola e sorride, lui, e anche ride, lui, aprendo quella bocca da predatore dei mari che erutta parole in libertà e frantuma ideali, speranze e sogni senza soluzione di continuità. Non è brutto Berlusconi, è bieco. Vanitoso come una donnina dei telefoni bianchi, impiastricciato di cerone e barzellette scurrili offende il senso estetico e soffoca, con la sua sola presenza, l'anelito alla bellezza, all'armonia. E' l'uomo che, a mio avviso, rappresenta la parte peggiore del Paese. Sotto le palpebre sgonfiate dal lifting, due occhi vuoti, raggelanti come quelli della Gorgona, guardano a un futuro che non c'è, a una democrazia virtuale fatta passare per reale solo per i gonzi.
E' un uomo che mi fa paura, perchè è dominato dalla passione, nonostante l'età e gli acciacchi, di, come Paperon de Paperoni, spalare dollari e architettare complotti per ottenerne sempre di più. E' il consumismo fatto uomo, è il denaro fatto dio, è l'apoteosi della volgarità.
A questo superbo rappresentante dell'Italietta che conta è stato opposto un Veltroni?

venerdì 11 aprile 2008

Le mamme sono personaggi stevensoniani

Forse le mamme sono come il dottor Jekyll che, nel buio della notte, quando nessuno può vederlo, diventa Mister Hyde e va in giro a fare sconquassi. Forse le madri racchiudono in sé il tutto e per questo sono tonde come palle. Forse le madri sono astute come streghe, innocenti come bambine, potenti come draghesse e fragili come cristalli. Forse questo è soltanto quello che le madri ci fanno credere e perderle è perdere per sempre l'accesso al mondo fatato dell'infanzia.

martedì 8 aprile 2008

Dalla finestra aperta entra prepotente un nuovo giorno: è primavera e i ciliegi selvatici nel mio cortile sono bianchi di fiori. Non li vedrai.
Mai più.
Mi sono alzata in fretta, ho digitato il tuo numero che conosco a memoria e ho sentito uno squillo, uno squillo dal rimbombo assurdo nel silenzio della tua casa, prima di abbassare la cornetta percependo il senso immodificabile dell'assenza. Non risponderai più alle mie domande.
Mai più.
Oggi arriveranno i nipoti, la casa risuonerà di strilli, urla e risate. Come folletti metteranno le mani dappertutto prima di percepire la mia tristezza. Nei loro occhi brillerà una domanda. Tu non la coglierai.
Mai più.
I carciofi sono amari e anche l'acqua ha un sapore diverso: sembra acqua di lago, inacidita dalla sua immobilità. Non riscalda il tè bollente le mie mani. Neanche le tue.
Mai più.
Le tue piante hanno bisogno d'acqua, qualche foglia è già ingiallita e la terra è secca, friabile tra le mie dita. Non le annaffierai più.
Mai più.
Ti cerco, madre, senza trovarti. Non ti vedo e non ti vedrò. Non ti sento e non ti sentirò.
Mai più... mai più.